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Microbiografie – 38 / La semplicità di noi esseri umani

DiGiorgio Maghini

Dic 4, 2019

Me ne cammino lentamente avanti e indietro, mentre aspetto che mia figlia esca da una festa di compleanno.

Una signora si ferma davanti a me e, con forte accento da Europa orientale, mi chiede: “È sua la macchina bianca? Perché ci sono i fari accesi”.

Non è la mia. Allora la signora – piuttosto di corsa – si porta all’entrata del condominio e suona un campanello. Avuta risposta, la sento dire affannosamente: “Scusi, io adesso devo scappare perché sono in ritardo per il lavoro, ma volevo chiedere di chi è la macchina bianca coi fari accesi”.

Non colgo la risposta al citofono. La signora – ormai nettamente di corsa – se ne va.

Su un balcone al primo piano compare una donna un po’ robusta, dotata di tutone d’ordinanza e rimarchevoli ciabatte gialle in felpa con pon pon e frangia laterale.
Con le mani sulla ringhiera comincia a urlare: “Ehi, bambini! Sentite, bambini…”.

In effetti, il condominio dà su un parchetto. Su una panchina ci sono due bambini – un maschio e una femmina – che chiacchierano.

Avuta l’attenzione del bambino, la signora dalle ciabatte felpate estende un dito e dice: “Vedi quella signora là in fondo, quella col cane? Va’ da lei e dille che Marco ha lasciato la macchina coi fari accesi”. Il bambino, gentile, esegue la richiesta.

A quel punto la signora rientra in casa, il bambino torna dalla sua amica e io devo andare perché, nel frattempo, mia figlia è arrivata. Per la macchina, ci sono buone speranze di salvare la batteria.

Tutto qui, nessuna epica. Eventi che certamente non passeranno alla storia.
Perché allora – mi chiedo – questa sensazione di benessere?

Perché c’era una volta una signora rumena che aveva parlato con una pensionata sovrappeso che nemmeno conosceva e che, a sua volta, aveva chiesto aiuto a un bambino di cui non sapeva il nome per comunicare con un’amica fuori portata della sua voce e così salvare la batteria dell’auto di Marco, che lui chissà dov’era.

Noi esseri umani siamo molto meno complicati di come ce la raccontiamo: abbiamo – in’ultima analisi, un solo – profondo, ineludibile, insaziabile – bisogno: la relazione.
Quando troviamo quella non ci manca più niente, e stiamo bene.

Di Giorgio Maghini

Pedagogista e counsellor ad indirizzo sistemico-relazionale. Si occupa attualmente dell’ufficio comunicazione della Istituzione per i servizi educativi del Comune di Ferrara. Obiettore di coscienza, è stato Insegnante di sostegno e, in seguito, coordinatore pedagogico nella scuola dell’infanzia. Attualmente coordina un gruppo di Insegnanti di Religione, coi quali riflette sulla comunicazione della spiritualità nel mondo multiculturale. Ha insegnato "Teorie della comunicazione” all’Istituto di Scienze Religiose di Ferrara.

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