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Lettere dal futuro

DiElena Buccoliero

Giu 10, 2020

La loro voce bisogna cercarla – la comunicazione mainstream li tiene in disparte – e questo alimenta lo stereotipo dei giovani che si disinteressano del mondo intero e vivono concentrati sul loro ombelico, preferibilmente inquadrato da una webcam. La rete, che accoglie e diffonde qualsiasi cosa ci mettiamo dentro, racconta anche un’altra realtà, resa accessibile grazie all’impegno di adulti in ascolto, nelle scuole, nelle comunità educative che accolgono i bambini fuori famiglia, nella cultura e nell’arte.

Consiglio di spulciare le Lettere dal futuro, una playlist composta da 44 video che durano mediamente 2 minuti ciascuno. Inquadrano sogni, speranze, fatiche e paure di bambini e adolescenti tra i 6 e i 18 anni. L’iniziativa è partita dal Teatro dell’Argine di San Lazzaro di Savena (Bologna) che, nel tempo ordinario, incontra in ogni anno scolastico centinaia di bambini e adolescenti con i laboratori a scuola e, in questo periodo scombinato, ha proposto agli allievi di immaginarsi tra 10 anni, scrivere una lettera al se stesso di oggi e filmarsi nella lettura.

L’Io del futuro si descrive e ci svela come i protagonisti si immaginano domani. La proiezione è soddisfacente e vitale, non priva di problemi ma colma di speranza. Saranno adulti che hanno concretizzato i loro sogni dopo essersi impegnati e avere lottato duramente.

Nei loro sogni le relazioni, gli affetti sono centrali. Solo qualcuno naviga nei rimpianti per i treni passati che non è riuscito a prendere: “penso che avrei potuto fare qualcosa di diverso, prendermi cura di me e amarmi con più intensità”. Molti si aspettano di vivere fuori dall’Italia – tra tante, New York è una meta ambita – e quasi tutti in quei dieci anni hanno viaggiato, imparato altre lingue, conosciuto persone e culture.

I più giovani di oggi non hanno le idee chiare sul futuro ma si raccontano contenti di avere ottenuto una borsa di studio per andare all’università, o di essere riusciti a prendere la patente di guida, di essersi sposati e avere avuto figli.

Tra i più vicini alla maggiore età, diversi hanno interessi in campo artistico e si vedono attori, concertisti, illustratori o tatuatori; altri intendono realizzarsi come arredatori, insegnanti o assistenti sociali. Anche per chi non ne avrà fatto un mestiere, l’amore per l’arte non sarà appassito e rimarrà strettamente connesso all’amicizia. Entrambe saranno esperienze vive e complementari alla dimensione ordinaria del lavoro, ed ecco mariti o mogli in prima fila con i bambini a guardarli durante gli spettacoli teatrali che, abili giocolieri, continuano a montare, perché gestire lavoro, famiglia, amici, casa e teatro è faticoso ma “quando l’impegno viene ripagato con sorrisi, abbracci, voglia di stare insieme” la stanchezza scompare.

Ci sono Io del futuro che mettono in scena spettacoli comici sul covid, come modo per riflettere e ragionare insieme a un pubblico “super soddisfatto”. Nelle lettere l’Io del futuro consola l’Io del presente per le fatiche affrontate e lo rassicura con la notizia più importante: tu e tutte le persone che ami anche solo un pochino non sono state contagiate. Guardando il presente da lontano ricorda il sacrificio di interrompere o trasferire online la scuola, le amicizie e le attività più amate, con lo strascico di solitudine e paura, ma invita a riconoscere gli aspetti positivi: il tempo ritrovato in famiglia, l’occasione per capire che le cose più semplici sono le più importanti e niente è scontato. Dicono a se stessi: ce l’hai fatta, non ti sei arreso, è stata dura ma hai superato quel brutto periodo. Qualcuno ha scoperto che nella solitudine si possono scoprire le vere passioni, quelle che non ci abbandoneranno mai perché, scrive una delle più giovani, “quando si è soli per un lungo tempo si impara a usare l’immaginazione, e con l’immaginazione tutto può avverarsi”, anche ricevere una missiva scritta dieci anni dopo.

Nelle Lettere c’è un’idea di futuro che ha qualcosa a che fare con la ricerca personale e con la nonviolenza. Del resto, lo ripeteva Aldo Capitini, “si comincia sempre da uno”. I ragazzi e le ragazze, scrivendo a se stessi, cercano un loro centro, danno a se stessi lezioni o consigli. Ne riporto alcuni.

Sii gentile, ringrazia sempre. Sorridi a tutti anche a chi ti fa del male.

So che pensi di non valere abbastanza. Smetti di essere così debole, non permettere agli altri di decidere cosa è giusto per te. Rispetta la tua felicità come la cosa più cara.

Sarei stupida a dirti che quello che ti aspetta è un mondo migliore di quello di 10 anni fa, però il mio mondo è certamente migliore, e questo non è un discorso egoistico. Ognuno di noi nel suo piccolo può fare davvero la differenza e bisogna davvero cercare di trasformare le proprie passioni per aiutare gli altri, anche con un piccolo gesto o una semplice parola.

Promettimi che lotterai contro le ingiustizie, non ti fermerai davanti alle disuguaglianze, e anche se all’inizio ti sembrerà una battaglia persa, sarai una persona migliore.

Non puoi piacere a tutti ma non scordarti mai di sorridere. Qualunque cosa accada non sarai sola.

Troverai tante difficoltà. Stringi i denti, abbi il coraggio di correre e di lanciarti, non avere paura di vivere, non smettere di vivere.

È grazie alla paura che ci rendiamo conto di quanto siamo forti.

Smetti di posticipare. Quando rimandi troppo un progetto o lasci un sogno nel cassetto, l’usura del tempo rende tutto irriconoscibile.

Dovrai essere forte e lottare, proprio come adesso. Piangi, ridi, ama, e divertiti. Quella luce in fondo al tunnel sarai capace di prenderla tra le tue mani ed essere completamente te stessa.

Lotta sempre, per i tuoi sogni e per il tuo paese. Non dimenticare di sorridere, la vita è uno scherzo ma bisogna stare al gioco.

Ah, post scriptum: continua a fare serata che poi, a una certa, non hai più il fisico.

(L’immagine in alto è stata scattata nella comunità per minori gestita dall’Associazione Welcome di Padova. #iorestoincomunità)

 

Di Elena Buccoliero

Faccio parte del Movimento Nonviolento dalla fine degli anni Novanta e collaboro con la rivista Azione nonviolenta. La mia formazione sta tra la sociologia e la psicologia. Mi occupo da molti anni di bullismo scolastico, di violenza intrafamiliare e più in generale di diritti e tutela dei minori. Su questi temi svolgo attività di formazione, ricerca, divulgazione. Passione e professione sono strettamente intrecciate nell'ascoltare e raccontare storie. Sui temi che frequento maggiormente preparo racconti, fumetti o video didattici per i ragazzi, laboratori narrativi e letture teatrali per gli adulti. Ho prestato servizio come giudice onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Bologna dal 2008 al 2019 e come direttrice della Fondazione emiliano-romagnola per le vittime dei reati dal 2014 al 2021. Svolgo una borsa di ricerca presso l’Università di Ferrara sulla storia del Movimento Nonviolento e collaboro come docente a contratto con l’Università di Parma, sulla violenza di genere e sulla gestione nonviolenta dei conflitti.

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