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To’, il Mali

DiDaniele Lugli

Ago 23, 2020

Ci siamo anche noi. Lo si è deciso un mese prima. Si è votato quasi all’unanimità un pacchetto di interventi all’estero. Contro, solo 23 parlamentari, Leu e dissidenti Pd. Si parla di un nuovo Governo: a loro lo affiderei. Un po’ di ribrezzo qualcuno l’ha, forse, provato per il rifinanziamento della guardia costiera libica. L’ha creata, addestrata, finanziata l’Italia per intercettare i migranti e riportarli nei lager. La Libia non riconosce la Convenzione di Ginevra e sistematicamente viola i diritti umani. Della missione in Mali pochissimi si sono accorti. Era nel pacchetto.

La missione si chiama Takouba – in Tamachek, la lingua dei Tuareg, spada di legno – la spada usata per proteggere l’onore.

È una Task Force europea inserita nell’operazione Barkhane – una particolare duna “migrante” col vento nel deserto – attiva dall’agosto del 2014. Ha sostituito la precedente Serval – felino selvatico originario dell’Africa sub sahariana – operante dall’inizio del 2013. Dal felino, alla duna, alla spada sempre contro i jihadisti, con scarsissima efficacia a quanto pare.

Negli ultimi due anni gli USA hanno destinato 323 milioni di dollari per l’addestramento di forze di sicurezza in Mali, Burkina Faso, Niger, Ciad e Mauritania. Ora pensano al ritiro. Anche da ciò l’appello della Francia ai Paesi europei per un maggiore impegno.

In Takouba dovrebbero esserci dunque, oltre a Francia e Italia, Regno Unito, Paesi Bassi, Belgio, Portogallo, Grecia, Estonia, Repubblica Ceca, Svezia, Norvegia e Danimarca. Germania e Spagna, pur politicamente favorevoli, preferiscono impegnarsi in istituzioni multilaterali di formazione dell’esercito del Mali (c’è anche l’Italia) e di cooperazione allo sviluppo.

Sarebbe stato più saggio fare altrettanto anziché aumentare la militarizzazione della regione. Non riduce il jihadismo. Piuttosto lo alimenta. Cresce infatti l’insofferenza della società civile africana per il dispiegamento di forze straniere sospettate di mire neocoloniali. È invece necessario e urgente ascoltare quel po’ di società civile che c’è.

L’esercito del Mali è poi colpevole di atrocità non dissimili da quelle dei terroristi che combatte. Questo aiuta il reclutamento dei gruppi armati. Lo denuncia, da tempo, Human Rights Watch per l’Africa occidentale. Scopo della missione sarebbe addestrare, formare, assistere, accompagnare e consigliare le forze locali. Non è chiaro se ciò comporti attiva presenza nelle operazioni antiterroristiche che, intanto, non dovrebbero essere accompagnate dalle medesime, indiscriminate ed estreme violenze contro i civili.

Questa regione dell’Africa occidentale rientra, evidentemente, in crescenti interessi strategici dell’Europa e anche dell’Italia, per la sua collocazione e anche per le ricchezze del sottosuolo, solo in piccola parte estratte. Anche se non è più il regno favoloso, l’El Dorado africano con la mitica Timbuctù. Porta il nome della fondatrice che significherebbe “la donna dal grande ombelico”, leggendaria regina del deserto. È stata centro dei commerci col suo porto sul fiume Niger dove “il cammello incontra la canoa”. Luogo di ricchezze favolose e nascoste, di saggezza e spiritualità. Ricordo un brutto film, sgraziato progenitore di quelli di Indiana Jones. In esso il regista, Henry Hathaway, e gli attori, John Wayne, Sophia Loren e Rossano Brazzi, davano il peggio. Tuttavia le immagini mi piacquero. Ne ho rivisto il trailer. Il film intero no. Non è più il luogo dei tesori e del misteri. Ma del dolore e della distruzione.

C’è un film che caldamente invece consiglio, “Timbuktu”. Si capisce che si potrebbe, si dovrebbe, fare qualcosa di molto diverso nell’interesse degli abitanti e nostro. Ambasciate in Guinea, Niger e Burkina Faso sono state recentemente aperte e prossima è la quarta in Mali, appunto. Già l’Italia ha preso accordi militari con Niger, Burkina Faso e Ciad. Più ampie prospettive di cooperazione militare e sbocchi commerciali per l’industria bellica italiana si aprono grazie a questa missione. Ne hanno parlato Macron e Conte nel vertice Italia-Francia, Napoli il 27 febbraio scorso. L’argent fait la guerre et la guerre fait l’argent, come sempre.

Consiglio una lettura proveniente da una missione differente

Film “Timbuktu”

Di Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941, Lido di Spina 2023), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà nella segreteria dal 1997 per divenirne presidente, con l’adozione del nuovo Statuto, come Associazione di promozione sociale, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948

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