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Mare di maggio

DiDaniele Lugli

Mag 23, 2021
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Venivo in luglio accompagnando la nipotina. Ora è una nipotona. Non viene più coi nonni da anni. Certo quando non ero solo il nonno suo, ma della spiaggia, non mi annoiavo. È stato bello ritrovare con lei amiche e amici, che crescevano veloci da un’estate all’altra. Sempre interessanti i loro discorsi e la loro attività, da piccolissimi ad adolescenti. È stato un privilegio. Ora è diverso.

Il mare l’ho solo intravisto. Non ho ancora fatto il bagno inaugurale, davanti alla mia duna preferita. Sarà la stagione, l’età, la pandemia… Per ora non cammino: passeggio. Gente ce n’è poca. Non colgo conversazioni meritevoli di citazione. Forse una madre esasperata al bimbo che porta sul sellino: “Basta Riccardo, hai stufato il popolo!”. Ovunque pitosforo fiorito e profumato. Tante le mascherine abbandonate da persone di intelligenza e civiltà asintomatiche. Quando piove guardo la pineta sulla quale si affaccia il balcone. Sembra di essere in montagna. Mi distraggo dalle orride notizie in giro per il mondo. Mi soffermo su quelle buone, come la ripresa dei matrimoni in Italia. Leggo che il blocco del settore wedding – senza il quale veri matrimoni non ci sono – sta finendo. Emerge la professionalità del covid manager, decisivo per i festeggiamenti. Penso anche per quelli che necessariamente accompagnano battesimi, cresime, prime comunioni. Forse è qui una causa trascurata della flessione delle nascite: si vuole evitare di mettere al mondo pagani o almeno cattolici così così.

Guardo pure la televisione, non solo il giro d’Italia. Ci sono film istruttivi. Due mi hanno colpito. Il primo mi ha fatto conoscere la mancata collaborazione di tartari e vichinghi contro gli slavi. Per una divergenza – come precisa una succinta didascalia che corre sotto le immagini – la collaborazione viene meno e tartari e vichinghi si scannano tra loro. È una pagina di storia poco conosciuta. L’altro è dedicato a Elena, in Egitto dopo la guerra di Troia. Si apprendono cose che né Erodoto, né Euripide ci hanno detto. Un ruolo fondamentale è svolto da un aitante e coraggioso soldato, fedele a Elena. La bellissima è concupita dal faraone, mentre Menelao è interessato solo a impadronirsi di un tesoro.

Penso quando in spiaggia, in questo lido, si andava in seggiovia. La cosa non è durata molto. Ultimi anni Sessanta. Non l’ho provata. Nel nostro mare allora ci vado già. Più a nord, non ancora turistico. Un bagno con gli amici, la pesca sufficiente per farsi un buon fritto, per le tre quattro coppie che siamo. Portiamo con noi la padella, l’olio e il sale. Si entra con una rete, acqua alla cintola, un paio di passate bastano. Il pescato è consegnato alle donne. Raccolgo legna secca, il capitano sciacqua la rete e l’altro amico affonda in una buca. Il capitano si appresta a soccorrerlo. La rete abbandonata si allontana. L’amico emerge e scompare sempre nello stesso luogo. Recuperare la rete è un priorità e così avviene. Il capitano riparte al soccorso. Ha una camicia e nel taschino le sigarette. Torna di nuovo rapidamente a riva e si riavvia. L’amico decide di salvarsi da solo. Lo rimproveriamo perché ci ha fatto preoccupare. Le donne rimproverano noi.

Il mare ho fatto fatica ad apprezzarlo. Il nostro poi… Un peso deve avercelo avuto il primo impatto. Ho visto il mare che facevo le medie. La sola gita scolastica. All’estero però: San Marino. Al ritorno ci portano a vedere il mare. Pioviggina, è grigio. Ho nausea. Probabilmente più effetto della corriera che del mare, ma l’impressione sgradevole resta. Mio padre compra un appartamentino in questo lido, dove ora vengo in affitto. Insistono e un giorno – anni Cinquanta faccio il liceo – li raggiungo. Trovo la mia famiglia in spiaggia in una moltitudine sudata e insabbiata. Io sono correttamente vestito di nero, giacca e cravatta. Non ci sono obiezioni a che io ritorni a Ferrara con il primo autobus. C’è voluto il mio guru a convincermi della mia naturale acquaticità al Gargano. Da allora l’ho sperimentata in ogni mare, lago, pozza.

Penso a quando Porto Garibaldi si chiamava Magnavacca, che colle vacche non c’entra niente. L’omaggio a Garibaldi è giunto alla fine della prima guerra mondiale. Fino a che la ferrovia non è stata bombardata, nella seconda guerra, ci si arrivava in treno. Mi piacerebbe fosse ripristinata la ferrovia. Si parla invece di rendere autostrada l’accidentatissima superstrada di collegamento alla città. A Porto Garibaldi arrivo di frequente nelle mie passeggiate. C’è un traghetto molto comodo. Ci sono sempre cose che mi sorprendono favorevolmente. Anche ora non mi delude. In questo periodo mancano i contatti, o sono dubbi, faticosi, difficili, pericolosi. Qui si sviluppa però la contattologia. Porto Garibaldi è avanti tre semafori, mi conferma l’amica, che pure ha visto tanta parte del mondo.


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Di Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941, Lido di Spina 2023), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà nella segreteria dal 1997 per divenirne presidente, con l’adozione del nuovo Statuto, come Associazione di promozione sociale, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948

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