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Ponti e muri

DiDaniele Lugli

Nov 29, 2021

I muri in genere mi spaventavano, e io mi sforzavo quanto più potevo – e invano, naturalmente – di non guardarli. Soltanto allora capii quanto e quale grande posto occupino i muri nella nostra vita. Non si può sfuggirgli, così come non si può sfuggire alla propria coscienza.” – Ismail Kadaré, Il ponte a tre archi

Quei ponti sulla Drina. Idee per un’Europa di pace” (Infinito edizioni, a cura di Sabina Langer ed Edi Rabini, con prefazione di Paolo Bergamaschi, introduzione di Sabina Langer e postfazione di Adriano Sofri) è un’antologia di scritti, appelli, interventi di Alexander Langer dal 1991 al 1995 sulle tragiche vicende della ex Jugoslavia. Una bella recensione si trova facilmente sul sito della Fondazione Langer. È di Michael Giffoni, all’epoca giovane diplomatico, in stage al Parlamento europeo e incaricato in Bosnia e nel resto dell’ex-Jugoslavia in guerra. La sua diretta conoscenza dei fatti e dell’azione di Langer rende preziosa la sua recensione-testimonianza.

Azione nonviolenta ha dedicato al tema un monografico di aggiornamento, “Nei Balcani trent’anni dopo”. Una copia può essere chiesta alla Redazione (anche a me). Mao Valpiana, presidente del Movimento Nonviolento e direttore della rivista, è con Alex promotore del “Verona Forum per la pace e la riconciliazione nei territori dell’ex Jugoslavia”. Il Forum nasce infatti nel 1992 a Verona, nella Casa per la Nonviolenza, come laboratorio di duecento persone, molte reduci della Carovana europea di pace, per un contributo di una società civile non rassegnata agli orrori crescenti di guerra nell’indifferenza dell’Europa. È ponte tra persone impegnate e di buona volontà e il Parlamento europeo nel quale Alex opera. Mao nell’editoriale dice dello sforzo, spesso incompreso anche da chi doveva essergli più vicino, di Alex di tradurre pacifismo ideologico in concreto e umanitario. Oggi alla sua azione possiamo riconoscere “lungimiranza profetica”.

Paolo Bergamaschi, competente e assiduo collaboratore di Langer, traccia nell’introduzione il contesto nel quale si colloca la riflessione di Alex e, sulla rivista, annota “Nel pantano dei Balcani non c’è ancora riconciliazione”. Slovenia e Croazia, entrate nell’Unione Europea, non si distinguono per rispetto dello Stato

QUEI PONTI SULLA DRINA

di diritto; la Serbia nazionalista e negazionista non riconosce errori e orrori, commessi; la Bosnia-Erzegovina, formalmente multietnica, multiculturale e multireligiosa, di fatto resta prigioniera nelle gabbie etno-nazionaliste degli accordi di Dayton; il Montenegro è impelagato in corruzione e crimine organizzato; il Kosovo è confinato in un limbo diplomatico. La Macedonia del Nord ha superato la guerra civile del 2001 e risolto il contenzioso sul nome con la Grecia. Questa, assieme alla fine del conflitto armato, può essere considerata la nota positiva. “Pace e riconciliazione, comunque, sono ancora parole impronunciabili”.

Che le cose stiano così a molti anni di distanza è grave, ma non incomprensibile ricordando come la vicenda si è avviata e conclusa. Nel 1991 Langer scrive: “Ma il demone nazionalista è così, si diffonde con grande rapidità, opera una semplificazione collettiva di inimitabile efficacia (a pari del razzismo o del fanatismo religioso), distingue con nettezza tra ‘noi’ (amici) e ‘loro’ (nemici), fa rapidamente proseliti, emargina (e magari punisce come traditore) chi non è d’accordo e non canta nel coro, suggerisce di passare dalle parole ai fatti e di rendere più netta (possibilmente fisica) la separazione tra amici e nemici, si nutre di simboli e richiami che rafforzano l’identità collettiva e aiutano a compattare tutti, nasconde e rimuove bene – almeno temporaneamente – i problemi economici e sociali e unisce ricchi e poveri in nome di un ‘noi’ etnocentrico che esclude e sottomette gli altri, per includere invece, persino forzatamente, tutti quelli dalla propria parte”.

Nella postfazione Sofri riassume la tragica conclusione: “Diciamolo esplicitamente, questa lettura è anche un itinerario via via più precipitoso verso una doppia rovina: la morte personale di Alex, e la catastrofe di un orrendo crimine genocida nell’Europa dopo Auschwitz”. Langer mette fine alla vita il 3 luglio 1995. Una settimana dopo c’è il massacro di Srebrenica. Nota ancora Sofri: “Alex dunque non c’era più. Ma le coincidenze sono l’anima delle cose della vita e della morte, oltre che dei romanzi”.

Giffoni, nella recensione evidenzia che i popoli balcanici hanno costruito troppi muri: i ponti sono diventati muri. Cita infatti in epigrafe non solo il noto passo di Ivo Andric, ma anche un brano del “Ponte a tre archi” dell’albanese, Ismail Kadaré, che fa riferimento alla paurosa presenza dei muri nella vita di ogni uomo. Langer oltre ad essere costruttore di ponti è saltatore di muri, anche dei più impervi e questo ci insegna a fare. È come se si fossero conservati i mattoni dei ponti per moltiplicare loro (non pane e pesci) e costruire muri sempre più alti.

Sabina conclude l’intervento – ha il medesimo titolo del libro – su Azione nonviolenta, suggerendo che i muri possono servire non solo ad escludere, ma a costruire una casa accogliente. Come voleva il suo amato zio. Cita infatti un brano da “Fratellanza euromediterranea” del 1995: “1. L’integrazione europea oggi deve essere aperta a tutto il continente europeo – non si dimentichi che la Comunità era stata fondata come casa comune di tutti i popoli europei a ordinamento democratico… L’integrazione politica e istituzionale dovrà avere la precedenza su quella economica nel mercato unico e nell’Unione economica e monetaria… Per quanto riguarda i paesi dell’Europa centrale e orientale, va detto che la loro piena integrazione nell’Unione dovrà compiersi senza ulteriori rinvii, attraverso un riassetto della dinamica che sin qui ha guidato l’integrazione… Un aspetto importante di questo approccio potrebbe essere un’offerta europea alla Repubblica di Bosnia-Herzegovina, e successivamente a tutti gli altri territori pronti alla riconciliazione, alla democrazia e alla salvaguardia della convivenza pluri-etnica dell’ex-Jugoslavia, di potersi unire in condizioni del tutto speciali all’Unione Europea, affinché questo legame funga da deterrente all’aggressione e alla spartizione ed epurazione etnica. 2. Ai margini dell’Unione occorre offrire dei processi complementari di integrazione. Ciò dipenderà all’Est in grande misura dagli sviluppi più o meno democratici nella Federazione Russa, e senz’altro da parte europea vi si può contribuire non poco… Al Sud, invece, molto dipenderà dall’impostazione della politica mediterranea dell’Unione Europea… Oggi sembra difettare soprattutto una convincente prospettiva di relazione stabile ed evolutiva tra l’Europa e lo spazio mediterraneo. Bisognerebbe oggi definire apertamente l’obiettivo di una comunità euromediterranea… Perché non costruire un quadro istituzionale che raccolga, valorizzi e rilanci quella grande eredita comune costituita dall’incrocio tra tre continenti, tra le tre grandi religioni, tra economie, tradizioni e relazioni fortemente interrelate?”.

Mi ricorda un detto di Calamandrei, in sede di Costituente a proposito dell’Europa. “Come gli architetti nel costruire parte di un edificio che dovrà esser compiuto nell’avvenire lasciano nella parete destinata a servire d’appoggio certe pietre sporgenti che essi chiamano ammorsature, cosi è concepibile che nella Costituzione italiana siano inserite, in direzione della federazione non ancor nata, cosiffatte ammorsature giuridiche, che potranno domani servire di raccordo e di collegamento con una più vasta costruzione internazionale: offerte unilaterali che mostreranno fin d’ora la nostra buona volontà, e che, funzionando oggi da invito e da esempio, potranno domani, quando il nostro richiamo sarà compreso, trasformarsi in intese e, via via, in aggregati sempre più solidi e più spaziosi”. Ottime ammorsature Langer ci ha lasciato.

Sabina conclude: “Gli obiettivi che oggi si potrebbero dare uno spazio euromediterraneo e l’Europa sono molti, primo fra tutti l’accoglienza delle tante persone in cerca di una vita migliore che bussano alle nostre porte. Credo che sia giunto il momento di prenderci cura della nostra Europa, di costruire insieme un’Europa di pace”.

Di Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941, Lido di Spina 2923), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà nella segreteria dal 1997 per divenirne presidente, con l’adozione del nuovo Statuto, come Associazione di promozione sociale, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948

1 commento su “Ponti e muri”
  1. Sono veramente contenta di questo utilissimo lavoro. Vado con la mente all’Alexander Langer dei giorni tristi, quando la una guerra non sembrava avere mai fine. Ricordo con partecipazione la presentazione di ” Quei ponti sulla Drina” avvenuta pochi mesi fa alla Camera dei deputati con Sabina Langer che leggeva le parole di Alex. Risuonavano forti, quelle parole, nella sala stampa e hvenivano diffuse in diretta dalla tv della Camera. Un momento carico di emozioni. Di riflessioni valide ieri come oggi.

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