In cammino per la pace
La Marcia di Capitini e la Marcia di oggi
Nella macchina della propaganda bellica è finito pure Aldo Capitini – insieme a Gandhi, Langer e altri – tirato in ballo e utilizzato come schermo morale da chi non si vuole assumere la responsabilità delle sue scelte nette per l’invio di armi all’Ucraina e per l’aumento delle spese militari; ma Capitini non può essere un paravento nemmeno per un certo “pacifismo da divano” che si limita a scrivere e lanciare appelli, senza contribuire realmente alla costruzione di politiche attive della nonviolenza. La conseguenza pratica della nonviolenza politica, da Gandhi a Capitini, infatti è l’azione diretta antimilitarista, cioè il rifiuto di collaborare a tutto ciò che tiene in piedi gli eserciti e che prepara le guerre. La nonviolenza dunque è soprattutto prevenzione della guerra, ma anche quando sono solo le armi a prendersi la scena, qualcosa si può fare.
In «Il Mattino del Popolo», del 13 marzo 1948 a questo proposito Capitini scriveva: «In quanti modi si può ostacolare l’invasore senza uccidere nessuno! Ma bisogna imparare, bisogna avere pronti certi mezzi. Una noncollaborazione attivissima di moltitudini non è una terza via oltre la guerra e il cedere? […] L’Italia deve dare l’esempio a sé, all’Europa e agli altri del mondo, insensualiti dal possesso delle armi, di modi diversi nell’affermare la civiltà».
E questi modi (il metodo della nonviolenza) ce li indica lo stesso Capitini:
- Rifiuto di prestare il servizio militare (obiezione di coscienza) o di essere considerati membri dell’esercito (restituzione del congedo militare);
- Rifiuto di pagare la percentuale delle tasse che vanno al bilancio militare (obiezione fiscale);
- Rifiuto di lavorare per ricerche scientifiche destinate all’esercito;
- Rifiuto dell’educazione militarista e della propaganda bellica sui giovani;
- Rifiuto di trasportare materiale bellico, rifiuto dell’industria bellica
Sono tutte azioni all’immediata portata delle singole persone e sostenibili dall’opinione pubblica. Non vederne la possibilità di attuazione, è già una precisa scelta politica.
La prima Marcia della Pace Perugia-Assisi del 1961 ha partorito il Movimento Nonviolento, l’una e l’altro voluti da Aldo Capitini. La Marcia come presentazione del programma, il Movimento come strumento attuativo. Marcia e Movimento, insieme, per la nonviolenza organizzata. La nonviolenza, quella di Capitini, continua a “produrre onde che vanno lontano”: una di queste onde ha generato la Rete italiana Pace e disarmo, di cui il Movimento Nonviolento è parte fondativa e integrante, che in questi anni ha segnato una piena maturazione del movimento pacifista italiano.
La Marcia per la pace che si conclude ad Assisi (la città del santo della nonviolenza) risponde ad un’esigenza diffusa di sentirsi parte di una mobilitazione più ampia contro la guerra. Una Marcia è utile quando diventa uno strumento finalizzato a sostenere le campagne disarmiste e pacifiste che i movimenti stanno portando avanti da anni.
E a chi ci chiede “dove sono i pacifisti? Cosa fate per aiutare l’Ucraina?” occorrerebbe chiedere invece dov’erano loro mentre noi dal 2014 condannavamo l’invasione Russa di parti dell’Ucraina e scrivevamo su Azione nonviolenta (come già avevamo fatto per la Siria e per tutte le guerre recenti) che “in Europa, la guerra, la sua preparazione e la sua minaccia non sono solo memoria, ma ancora realtà. Poco più di un secolo fa l’Europa ‘scivolava’ nella prima guerra mondiale: anche allora le caste al potere non volevano una grande guerra in Europa, ma neppure volevano rinunciare alla guerra, agli armamenti e alla politica delle minacce come mezzo della politica internazionale. Queste stesse ragioni potrebbero portarci nuovamente a ‘scivolare’ dentro un’altra guerra, perché l’accumulazione attuale di armi in Europa non ha precedenti”. Non si tratta di profetismo, ma della capacità di leggere criticamente la realtà con gli strumenti della nonviolenza capitiniana: le spese militari non servono per accumulare inutili armi nei depositi, ma per realizzare la politica di potenza fondata sulla continua preparazione della guerra. E mentre si è continuato a investire per la guerra, nessuna risorsa è stata destinata per preparare un efficace corpo civile europeo di pace, competente ad intervenire nei conflitti prima che degenerino in guerra e durante di essi con interposizioni, mediazioni, protezione dei civili e azioni di sabotaggio.
Anche durante il periodo tragico della guerra la lezione di Capitini – lui visse la seconda mondiale da antifascista e nonviolento – ci invita a tenere aperti i collegamenti tra i resistenti alla guerra sul piano internazionale, con una specifica attenzione agli attori in guerra: ora quindi è fondamentale dialogare e sostenere gli obiettori e i disertori russi e ucraini. È quello che stiamo facendo con la nostra campagna di “obiezione alla guerra”, coordinata dal Movimento Nonviolento.
Daniele Taurino – Direttivo nazionale Movimento Nonviolento