• 22 Novembre 2024 9:57

Dalla parte giusta della storia

DiElena Buccoliero

Giu 8, 2022

È calendarizzato per il 24 giugno alla Camera l’avvio del dibattito parlamentare sul cd. Ius Scholae, la proposta di legge che vede come primo firmatario l’On. Brescia e introduce una modifica importante alla norma ormai trentennale che regola il riconoscimento della cittadinanza italiana.

Su queste pagine ne abbiamo parlato alcuni mesi fa, quando questo era uno dei disegni di legge sul tema. L’esame in Commissione affari istituzionali è andato avanti e, se lo Ius Scholae passerà, potrà diventare cittadino italiano chi, pur di origine straniera, sia nato in Italia o vi sia giunto entro i 12 anni, con entrambi i genitori regolarmente presenti, e abbia frequentato per almeno 5 anni uno o più cicli scolastici nelle scuole italiane.

Siamo abituati a pensare che questo riguardi persone minorenni ed è in gran parte vero, ma la situazione è tale per cui anche uomini o donne ampiamente maggiorenni possono trovarsi nella stessa condizione e attendere ancora la cittadinanza italiana. Si parla di oltre un milione di persone che vivono nel nostro paese, frequentano le scuole o le università italiane, lavorano e sono radicati qui dove sono cresciuti, ma non vengono riconosciuti come cittadini a pieno titolo. Lo Ius Scholae potrebbe dare una risposta.

“È una soluzione al ribasso”, ha ammesso Francesco Ferri di ActionAid, uno degli attivisti della campagna “Dalla parte giusta della storia” durante l’assemblea che il 6 giugno scorso ha riunito i soci del Tavolo Saltamuri e, tra questi, il Movimento Nonviolento. “Lo Ius Scholae lascia fuori ampie fasce di lavoratori, in questo senso è un compromesso, ma è anche una speranza nella misura in cui rompe un tabù e affronta il problema per tanti ragazzi e ragazze” che oggi non possono andare in gita scolastica all’estero perché il visto non arriva in tempo, o non sono ammessi all’Erasmus, o una volta raggiungo il titolo di studio restano esclusi dai concorsi pubblici… e mille altre ingiustizie impossibili da rimediare.

Nel dibattito, soprattutto gli insegnanti presenti nell’assemblea di Saltamuri hanno paventato il rischio che si introducano requisiti di premialità. Effettivamente alcuni dei 700 emendamenti presentati, di cui 500 accolti, mirano proprio a questo. La promozione, o l’ottenimento di un titolo di studio o, ancora, il raggiungimento di una certa competenza linguistica diventerebbero indispensabili per “godere” dello Ius Scholae, con l’effetto perverso di assegnare, nella sostanza, agli insegnanti il compito di dispensare la cittadinanza italiana o di selezionare solo i più performanti. Eppure nessuno mette in dubbio i diritti degli adolescenti autoctoni che non comprendono un testo in lingua italiana di media difficoltà. Secondo una recente ricerca di Save the Children sarebbero il 51% del totale, un dato inquietante che non suggerisce (per fortuna) esclusioni drastiche e neppure (purtroppo) politiche idonee a correre ai ripari.

“Le possibilità di approvazione entro il termine della legislatura sono residue”, ha ammesso Francesco, “è una partita che va giocata ora e nelle settimane successive augurandoci che la Camera concluda rapidamente il suo esame e il Senato possa concluderlo alla ripresa dopo le vacanze estive, quando bisognerà farsi spazio tra legge di bilancio e altre urgenze”.

“Per questa ragione”, ha proseguito Alessandro, della stessa campagna “Dalla parte giusta della storia”, “stiamo programmando dibattiti e diffondendo materiale di sensibilizzazione rivolto ai media e in particolar modo ai social, coinvolgendo anche i giovani attraverso i canali che loro stessi utilizzano, come Tik Tok”.

Secondo i dati più recenti del Ministero dell’Istruzione, riferiti all’anno 2019/20 e diffusi nel 2021, il 10,3% degli studenti che studiano in Italia è di origine migratoria, ragazzi e ragazze nati in questo Paese o arrivati in età scolare.

“In questi mesi l’arrivo di profughi ucraini ha ricevuto un’accoglienza che non si era mai vista prima d’ora per chi fugge da altre guerre, da povertà o carestie”, ha rimarcato Carlo Ridolfi, insegnante e scrittore, del Movimento di Cooperazione Educativa, durante l’assemblea Saltamuri. “Questa diversità di trattamento non deve indignarci. Dimostra che è possibile appianare i percorsi amministrativi che preludono all’iscrizione al sistema sanitario, al rilascio dei documenti, all’organizzazione dell’accoglienza di base… È un dato di fatto, e noi dobbiamo partire dai fatti, non soltanto dai sogni. Se per chi fugge dalla guerra in Ucraina organizzare questo tipo di accoglienza è possibile, significa che è possibile anche per tutti gli altri. Costruiamo su questo una sorta di livelli essenziali di accoglienza e pretendiamo che vengano applicati verso tutti i migranti”.

Di Elena Buccoliero

Faccio parte del Movimento Nonviolento dalla fine degli anni Novanta e collaboro con la rivista Azione nonviolenta. La mia formazione sta tra la sociologia e la psicologia. Mi occupo da molti anni di bullismo scolastico, di violenza intrafamiliare e più in generale di diritti e tutela dei minori. Su questi temi svolgo attività di formazione, ricerca, divulgazione. Passione e professione sono strettamente intrecciate nell'ascoltare e raccontare storie. Sui temi che frequento maggiormente preparo racconti, fumetti o video didattici per i ragazzi, laboratori narrativi e letture teatrali per gli adulti. Ho prestato servizio come giudice onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Bologna dal 2008 al 2019 e come direttrice della Fondazione emiliano-romagnola per le vittime dei reati dal 2014 al 2021. Svolgo una borsa di ricerca presso l’Università di Ferrara sulla storia del Movimento Nonviolento e collaboro come docente a contratto con l’Università di Parma, sulla violenza di genere e sulla gestione nonviolenta dei conflitti.

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