• 22 Novembre 2024 18:20

A destino. 2 agosto 1980

DiElena Buccoliero

Ago 3, 2022

Hanno viaggiato per chilometri e chilometri, o solo per una passeggiata, partendo dalla stazione di Bologna per dare gambe, testa e cuore alle vittime della strage del 2 agosto 1980, portando a termine il loro viaggio.

Ogni anno, per celebrare l’anniversario, l’Associazione tra i Familiari delle Vittime propone eventi culturali che aiutino a fare memoria in modo vivo. In questo 42° ha collaborato con la compagnia bolognese del Teatro dell’Argine che ha proposto un progetto tanto commovente quanto ambizioso: 85 volontari e volontarie hanno partecipato a un laboratorio artistico che li ha preparati a completare quegli 85 viaggi interrotti, assumendosi ciascuno il cammino di una delle persone uccise. Nell’arco del laboratorio si sono preparati interiormente a dialogare con la persona che è stata loro assegnata studiando l’accaduto, cercando informazioni sul conto di quella vittima in particolare e diventandone un compagno di viaggio fedele, per accudirlo e in alcuni casi anche per sostituirlo.

Il progetto nasce da un’idea di Sara Berardi, studentessa universitaria, e ha un titolo suggestivo, “A destino”, come nel gergo ferroviario si indicano i treni che completano il loro viaggio fino all’ultima fermata programmata. A destino, allora, anche tutti coloro il cui viaggio esistenziale è stato spezzato dall’esplosione.

Leggo dalla presentazione curata dalla Compagnia: “Il rito finale è stato preparato attraverso un percorso fatto di laboratori, incontri e prove a cura del Teatro dell’Argine, che da quasi trent’anni cura progetti di cittadinanza attiva attraverso le arti con persone di ogni età, genere, cultura, esperienza; con il supporto scientifico di Cinzia Venturoli, professoressa di storia contemporanea, esperta delle stragi che colpirono l’Italia e Bologna, e di Federica Zanetti, professoressa di didattica e pedagogia speciale, che insegna strategie e strumenti dell’empowerment e della cittadinanza attiva, e, naturalmente, in stretta connessione con l’Associazione tra i Familiari delle Vittime della Strage di Bologna del 2 agosto 1980”. Non manca il supporto dell’Assemblea Legislativa della Regione Emilia-Romagna con altre collaborazioni istituzionali e artistiche.

I viaggiatori e le viaggiatrici che hanno aderito all’iniziativa sono persone differenti tra loro per età, provenienza, livello culturale, competenza teatrale. Non pensiamoli tutti bolognesi, o emiliani; molti si sono mossi da lontano per vivere questa esperienza. Per la stragrande maggioranza sono donne (ne ho contate 72, avrò sbagliato di poco).

Su ottantacinque, quindici si sono mossi per Bologna perché era quella la stazione di arrivo. Hanno preso un autobus, un taxi, hanno passeggiato, fino a raggiungere il quartiere, la via precisa dove il loro alter ego era diretto. Altri hanno compiuto un lungo percorso fino a Bolzano o a Foggia, in Svizzera, in Germania e tante altre destinazioni. Portavano con sé una valigia contenente uno scritto e altri oggetti frutto del percorso condiviso.

Gli arrivi sono stati registrati in rete via via a partire dalla mattina del 2 agosto. Per ciascun viaggio è possibile visionare le fotografie, leggere i brevi testi scritti dai partecipanti al laboratorio per la “propria” vittima, e ascoltare quei brani dalla voce dei viaggiatori.

Tanti hanno aggiunto le proprie riflessioni sul senso personale di questa commemorazione, ed è unanime il desiderio di essere presente, di fare la propria parte per lenire il dolore. C’è una tensione civile che si esprime nel desiderio di giustizia e un mettersi in gioco personalmente, non a caso sobbarcandosi viaggi anche faticosi, per donare una possibilità almeno simbolica a chi quelle possibilità ha visto svanire per la violenza dell’esplosione.

Un’aggiunta viene dalla ritualità del teatro, nel quale la preparazione è già un mettersi in viaggio accettando di addentrarsi in una dimensione altra, in questo caso particolarmente drammatica e con un forte senso collettivo, rimarcato dal fatto che il laboratorio è esperienza condivisa insieme ad altri. Non c’è un protagonista, un grande attore, qualcuno da riverire o a cui dedicare il posto d’onore in cartellone. C’è l’umiltà e l’apertura di cuore di chi per qualche ora si fa carico di una vita diversa dalla propria e lo fa per chi non c’è più ma anche un po’ per sé, e certamente per tutti noi. Mi piace pensare cosa dev’essere stato per i familiari delle vittime sapere di questi viaggi portati a compimento, perfino indipendentemente dal fatto che siano stati loro, a destinazione, ad accogliere i viaggiatori e a ricevere dalle loro mani il piccolo bagaglio.

È emozionante sapere che i viaggiatori si sono messi nei panni di una persona mai conosciuta ma di cui hanno cercato le tracce andando oltre le differenze di genere, di età e di vissuto personale. E tra le vittime, lo ricordiamo, non mancavano le donne e non mancavano i bambini. La piccola Angela Fresu di 3 anni era la più piccola e forse è la più ricordata, Antonella C. l’ha presa per mano e l’ha accompagnata a Riva del Garda. Insieme a lei Leonardo B. ha condotto a Fellicarolo Sonia Burri, 7 anni; Simona P. ha portato a Dobbiaco Manuela Gallon di 11 anni; Alessandro B. è arrivato a Santa Cristina in Val Gardena nel nome di Francesco Cesare Diomede Fresa, 14 anni; Francesca M. ha fatto arrivare fino a Marina di Manduria, in provincia di Taranto, Luca Mauri, 6 anni.

Mentre scrivo, non tutti sono arrivati “a destino”. I loro passi continueranno a parlarci. Sono persuasa che chi si è fatto carico di una delle vittime per questa giornata così particolare continuerà a tenerla con sé anche dopo.

Scrive Simona P., in un dialogo intimo con la piccola Manuela: Adesso tocca a me / Attraversare le tue strade / Vivere la tua vita / Guardare negli occhi chi è rimasto // Adesso tocca a me / Condurre la tua lotta / Portare la tua memoria / Difendere i tuoi diritti / Gridare a chi non ascolta // Adesso tocca a me / Venirti a cercare nelle notti d’estate / Per portarti nel cuore degli altri.

(vedi anche qui

 

Di Elena Buccoliero

Faccio parte del Movimento Nonviolento dalla fine degli anni Novanta e collaboro con la rivista Azione nonviolenta. La mia formazione sta tra la sociologia e la psicologia. Mi occupo da molti anni di bullismo scolastico, di violenza intrafamiliare e più in generale di diritti e tutela dei minori. Su questi temi svolgo attività di formazione, ricerca, divulgazione. Passione e professione sono strettamente intrecciate nell'ascoltare e raccontare storie. Sui temi che frequento maggiormente preparo racconti, fumetti o video didattici per i ragazzi, laboratori narrativi e letture teatrali per gli adulti. Ho prestato servizio come giudice onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Bologna dal 2008 al 2019 e come direttrice della Fondazione emiliano-romagnola per le vittime dei reati dal 2014 al 2021. Svolgo una borsa di ricerca presso l’Università di Ferrara sulla storia del Movimento Nonviolento e collaboro come docente a contratto con l’Università di Parma, sulla violenza di genere e sulla gestione nonviolenta dei conflitti.

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