• 27 Luglio 2024 3:58

Le parole e i corpi

DiCarlo Bellisai

Feb 6, 2023

Lo svuotamento di significato delle parole è l’obiettivo della manipolazione linguistica, lo è sempre stato e oggi più che mai. Ibridare o svuotare di significato le parole dell’avversario politico, significa far perdere senso alle sue proposte e, di conseguenza, disinnescare la sua minaccia.

Un esempio notevole è quello che riguarda la parola PACE. Se il suo primo inquinamento semantico risale a circa due millenni fa, ad opera degli antichi Romani, coll’ormai liturgico “se vuoi la pace, prepara la guerra”, in tempi più recenti si è dato l’addobbo ad invasioni militari, contrabbandandole per “missioni di pace”. Oggi si va ancora oltre, affermando che mandare armi all’Ucraina sia l’unico modo per arrivare alla pace. Come se le bombe fossero agenti diplomatici, come se i missili fossero rassicurazioni, come se i carrarmati fossero carezze e i droni killer invitati a cena.

Chi proclama pace e manda armi sul terreno di guerra parla con lingua doppia, cercando di ingannare il nostro buonsenso.

Certo, dal mero punto di vista militare, il concetto di pace si racchiude nel momento in cui s’interrompe la guerra. Quindi è comprensibile, da questa angolatura, pensare alla pace come sconfitta del nemico, per cui più armi hai a disposizione per sconfiggerlo e prima arriverà la resa e, di conseguenza, la pace. Senza troppi calcoli sulla lista dei morti che si allunga, su quella di feriti e mutilati, su quella dei profughi, sia ucraini che russi. Sembra quindi che i paesi aderenti alla NATO, Stati Uniti in testa e Unione Europea al seguito, vogliano preferire alla logica politica quella militare. Imitando la Federazione Russa che già la applica da tempo.

 A questo proposito l’Unione Europea e l’Italia non si pongono come mediatori, bensì prendono parte per l’Ucraina e la NATO, contro la Russia, seppur non impegnandosi direttamente sul terreno. La malinconica realtà è che la UE che non è riuscita a trovare un’unità sui flussi migratori, sull’energia, sull’ambiente, abbia ritrovato un’improvvisa unità sulle forniture di armi: uniti per distruggere.

Ma così la pace si riduce a quel lumicino di speranza degli afflitti che sognano che un giorno finalmente finiranno le loro sofferenze. Nel mentre le aziende che producono armamenti raggiungono il picco dei fatturati. La natura della guerra è quella di autoalimentarsi, perché la violenza e l’odio si propagano come un incendio. La pace deve essere costruita prima che deflagrino le bombe. Occorre costruirla su una solida base di giustizia sociale, senza il neocolonialismo degli Stati ricchi, senza le attuali enormi disparità economiche. Ricercando l’equilibrio, già gravemente alterato, con la natura e gli altri esseri viventi.

Ma intanto, i corpi martoriati delle guerre nel mondo, i corpi dei sopravvissuti, dei fuggiaschi, ci ricordano che se anche le parole possono essere trasformate, i vissuti che le producono, che ne sono testimonianza, ne tracciano i contorni e ne definiscono il senso.

Vediamo allora che il corpo in pace è rilassato, non teso, curioso, non timoroso, accogliente e non diffidente, fiducioso e non pieno di invidie e di paure. E che se ridessimo corpo alle parole, ridestandone il significato profondo, forse la smetteremmo di stravolgerle. E con loro il mondo.

Carlo Bellisai 2023

Di Carlo Bellisai

Sono nato e vivo in Sardegna. Mi occupo dai primi anni Novanta di nonviolenza, insegno alla scuola primaria, scrivo poesie e racconti per bambini e raccolgo storie d’anziani. Sono fra i promotori delle attività della Casa per la pace di Ghilarza e del Movimento Nonviolento Sardegna.

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