• 24 Novembre 2024 5:21

Katya, Darya e Olga, ambasciatrici di nonviolenza

DiElena Buccoliero

Mar 2, 2023

Riconoscimento del diritto all’obiezione di coscienza e pressione sull’Unione Europea affinché preveda corridoi umanitari per l’accoglienza in sicurezza dei pacifisti, obiettori di coscienza, disertori e renitenti alla leva provenienti da Ucraina, Russia e Bielorussia. Queste, in sintesi, le richieste che coralmente hanno presentato Katya, Darya e Olga nel loro tour italiano.

Di loro abbiamo dato più volte notizia su queste stesse pagine. La loro presenza anche a Ferrara, la mia città, è stata un esempio di fermezza, dolcezza, energia, possibilità di dialogo, fiducia in una risoluzione pacifica della guerra in corso dopo l’invasione russa del 24 febbraio 2022.

Mi piace lasciare la parola a queste tre giovani donne.

Kateryna Lanko, Movimento Pacifista Ucraino

Quando la Carovana di pace del Movimento Nonviolento è arrivata a Kiev con la rivista Azione nonviolenta e abbiamo conosciuto la storia dell’obiezione di coscienza in Italia siamo stati molto ispirati, perché in questo momento in Ucraina il diritto all’obiezione di coscienza non è riconosciuto. Le uniche opzioni per gli uomini che non vogliono combattere sono andare – contro la propria coscienza – al fronte, oppure in prigione. E questo non è giusto.

Sono molto contenta di questo viaggio in Italia perché nel mio paese non c’è la possibilità di parlare con donne russe o bielorusse, invece appena ci siamo conosciute abbiamo trovato dei punti in comune, una visione comune nonostante le differenze, e pensiamo tutte insieme che questa possibilità di incontrarci, parlarci, conoscerci, sia essa stessa una via per la pace. La perseguiremo con più forza d’ora in avanti.

Questa via per la pace nel mio paese non è visibile. La propaganda la fa da padrona, sembra che non ci sia alternativa alla soluzione militare del conflitto e quando tentiamo di parlare dei metodi della nonviolenza ci dicono che sono solo storielle di fantasia. Abbiamo capito grazie al vostro supporto e al supporto internazionale che la nonviolenza è possibile anche in tempo di guerra, anzi è proprio allora che si dovrebbe sviluppare con più forza. Per questo chiediamo il diritto all’obiezione di coscienza contro la mobilitazione forzata che in Ucraina avviene anche nelle strade.

È un paradosso interessante: in tempo di pace sei considerato un buon cittadino se non uccidi, invece in tempo di guerra chi si rifiuta di combattere è considerato traditore della patria e condannato alla prigione, sintomo del mancato rispetto dei diritti umani nel mio paese. Sento molto forte la difficoltà degli uomini tra i 18 e i 60’anni che non possono varcare il confine per non uccidere e per salvarsi la vita.

Sono qui a chiedere il vostro supporto, insieme alle mie colleghe attiviste, per difendere e promuovere il diritto all’obiezione di coscienza come via concreta alla pace e cercare tutte le vie possibili per dimostrare che anche oggi, pur nelle differenze, la nonviolenza è possibile quando si parla insieme, quando si coopera, quando si costruisce ogni giorno la pace.

Darya Berg, attivista russa dell’organizzazione “Go By the Forest”

Io lo so che per molti, in Russia, tutti stanno dalla parte di Putin e esprimono un largo consenso verso questa guerra. Sono qui per dirvi che non è vero. Anche in Russia moltissime persone non la pensano come Putin, non vogliono questa guerra, ma sono spaventate dalla repressione del regime. Io ho dovuto lasciare il mio paese all’inizio di marzo 2022, dopo l’invasione in Ucraina, proprio a causa delle mie posizioni antimilitariste. Se dovessi tornare indietro andrei in prigione e non è quello che voglio, ma intendo continuare ad aiutare i russi che non sono disposti a servire questa guerra, che vogliono aiutare il popolo ucraino e fermare il regime di Putin.

Io qui rappresento il progetto “Go by the forest”, un’espressione che ha un doppio significato. È un’espressione idiomatica in lingua russa che sta per “va’ a quel paese”, come accusa al regime di Putin e al militarismo del nostro governo, ma ha anche un significato letterale: invitiamo gli uomini a scappare attraverso le foreste e ad uscire dal paese attraverso luoghi nascosti e segreti.

Lo scopo principale della mia organizzazione è proprio supportare quante più persone possibili desiderino non partecipare alla guerra. Aiutiamo coloro che non vogliono prendere le armi, per paura di uccidere e di essere uccisi, a nascondersi, paghiamo per loro rifugi dove non siano raggiunti dalle unità militari, spesiamo i viaggi e organizziamo l’ospitalità nei paesi che possono ospitarli fino alla fine della guerra. Offriamo supporto legale e psicologico.

Dalla fine di settembre 2022, quando è iniziata la mobilitazione di massa, abbiamo aiutato più di 4.000 persone. È stato un grande risultato, raggiunto grazie allo sforzo di oltre 300 volontari. Sono qui per chiedere anche il vostro supporto affinché tutti i russi che non vogliono partecipare a questa guerra abbiano il diritto e la possibilità di farlo.

Noi crediamo che se non fermiamo Putin ora, se gli lasciamo vincere questa guerra, non si fermerà più e andrà avanti con altre guerre. Ma sappiamo che ci sono modalità nonviolente per fermarlo. Se non avesse soldati, non potrebbe proseguire il suo piano. Per questo consideriamo davvero il nostro lavoro così importante e chiediamo il vostro supporto. Anche quando riescono a lasciare il paese, gli uomini possono restare in Kazakistan, in Armenia o in Georgia solo pochi mesi, ma poi devono scegliere tra rientrare in Russia, dove saranno arrestati, o entrare in clandestinità.

Chiediamo corridoi umanitari per obiettori di coscienza, disertori e renitenti alla leva russi che non vogliono combattere contro l’Ucraina. Vi chiediamo di sollecitare il vostro governo perché prema sull’Unione Europea in modo da facilitare i visti e permettere a chi si oppone di non partecipare alla guerra senza patire conseguenze. Da soli non siamo niente ma insieme possiamo fare la differenza.

Olga Karach, attivista, giornalista e politica bielorussa, direttrice di Our House

Sono Olga Karach, in Bielorussia il mio nome vuol dire libertà. Sono qui con una missione speciale: rubare dalle mani di Lukashenko l’esercito.

La domanda è: vorrebbe, l’esercito bielorusso, partecipare a questa guerra e aprire un secondo fronte militare contro l’Ucraina? Lukashenko sta subendo dalla Russia una fortissima pressione politica in tal senso, e si sta preparando a farlo, ma incontra una forte opposizione. Sta crescendo il numero dei pacifisti e degli obiettori di coscienza in Bielorussia, sebbene sia molto rischioso. Si va incontro anche alla tortura, abbiamo obiettori di coscienza in carcere per motivi politici e di opinione. Chi può esce dal paese.

Crediamo che sia ancora possibile rubare l’esercito dalle mani di Lukashenko e che questo sia fondamentale. Come potrebbe partecipare alla guerra senza soldati? Non potrebbe fare niente, nemmeno con il migliore equipaggiamento militare. Sono qui per chiedere il vostro supporto e la solidarietà internazionale e promuovere il diritto all’obiezione di coscienza e alla diserzione dei bielorussi, per fermare questa guerra e impedire il secondo fronte militare contro l’Ucraina.

Dal 1° marzo, con il supporto delle reti internazionali, noi di “Our house” abbiamo promosso la campagna “No vuol dire no”, un nome molto femminista che però si rivolge anche agli uomini per reclamare il loro diritto di non toccare le armi, di fare obiezione di coscienza o di disertare.

Posso fare un esempio sull’efficacia del nostro lavoro. Il ministro della difesa ha invitato oltre 43mila cartoline di chiamata alle armi ai giovani bielorussi. Noi abbiamo risposto con una campagna di comunicazione forte e solo 6.000 giovani si sono effettivamente arruolati. È un risultato straordinario, ma pensate a quanto di più potremmo fare con più forze e più energie.

Lukashenko ha paura di noi, ha paura di me. Io sono un’attivista per la pace e i diritti umani, una femminista, ma nel mio paese sono considerata una terrorista e un’estremista di alto livello. Se tornassi adesso non solo andrei in prigione, ma rischierei la condanna a morte.

Lukashenko ha paura di una persona normale come me, di una donna che non ha altro se non una profonda persuasione per la nonviolenza. Ha paura di altri come me, ha paura dei movimenti pacifisti, ha paura degli obiettori di coscienza e ha paura delle donne del mio paese che possono essere una grande forza contro questa guerra.

Il 20 febbraio scorso abbiamo lanciato un’iniziativa europea davanti alle ambasciate bielorusse in diverse grandi città europee per chiedere il supporto e il riconoscimento dei nostri obiettori di coscienza e disertori. È stata un’iniziativa di successo che si è svolta anche a Berlino, Amsterdam, Vilnius, Atene. Il giorno seguente Lukashenko ha presentato in Parlamento un decreto, subito approvato, sul tradimento della patria che prevede per i disertori la condanna a morte. È un fatto gravissimo, ma ci fa capire che Lukashenko riconosce come il rifiuto della guerra sia il vero grimaldello che può togliere consenso al suo regime e a quello di Putin.

Sono in esilio in Lituania, tutti noi lavoriamo soprattutto dall’estero e abbiamo bisogno non solo che la nostra voce venga ascoltata, cosa di cui vi ringraziamo, ma di risorse economiche e strutturali per organizzare le nostre attività.

Sono grata per la possibilità di essere qui con Kateryna e Darya, per questa opportunità di parlarci e lavorare insieme. Sono sicura che questo ci darà nuove risorse e possibilità contro questa guerra. Credo che insieme possiamo ancora opporci all’apertura di un nuovo fronte militare in Bielorussia, e contribuire alla fine di questa folle guerra.

 

Sostieni le iniziative di pace in Italia, Russia, Bielorussia e Ucraina con la Campagna “Obiezione alla guerra: campagna a sostegno dell’obiezione di coscienza in Russia, Bielorussia e Ucraina” con un versamento all’IBAN IT35 U 07601 11700 0000 18745455, intestato al Movimento Nonviolento, causale “Obiezione alla guerra” 

Di Elena Buccoliero

Faccio parte del Movimento Nonviolento dalla fine degli anni Novanta e collaboro con la rivista Azione nonviolenta. La mia formazione sta tra la sociologia e la psicologia. Mi occupo da molti anni di bullismo scolastico, di violenza intrafamiliare e più in generale di diritti e tutela dei minori. Su questi temi svolgo attività di formazione, ricerca, divulgazione. Passione e professione sono strettamente intrecciate nell'ascoltare e raccontare storie. Sui temi che frequento maggiormente preparo racconti, fumetti o video didattici per i ragazzi, laboratori narrativi e letture teatrali per gli adulti. Ho prestato servizio come giudice onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Bologna dal 2008 al 2019 e come direttrice della Fondazione emiliano-romagnola per le vittime dei reati dal 2014 al 2021. Svolgo una borsa di ricerca presso l’Università di Ferrara sulla storia del Movimento Nonviolento e collaboro come docente a contratto con l’Università di Parma, sulla violenza di genere e sulla gestione nonviolenta dei conflitti.

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