• 25 Novembre 2024 3:41

Saïed, despota per i tunisini, buon amico per il Governo italiano

DiDaniele Lugli

Apr 11, 2023

Tunisia: l’ultima speranza delle primavere arabe scompare nella svolta autoritaria del Paese. È però incoraggiante per il Governo italiano. Può aggiungersi, senza troppi scrupoli, alla Libia nel controllo degli sbarchi attraverso il Mediterraneo.

Kaïs Saïed è, dall’ottobre 2019, presidente della Repubblica Tunisina. Professore di diritto costituzionale, conquista la carica battendo Nabil Karoui, padrone della televisione. Nell’estate del 2021, in un periodo di forti difficoltà economiche e sociali, si attribuisce pieni poteri, revoca i membri del governo, ferma il parlamento e poi lo scioglie. Nel luglio dello scorso anno promuove un referendum per una nuova Costituzione, ultra presidenzialista. Partecipa circa un quarto degli aventi diritto. Il voto favorevole è quasi unanime. Nel dicembre indice elezioni per un Parlamento, senza potere e senza partiti. La partecipazione è scarsa: 11%. La stessa percentuale nei ballottaggi a gennaio di quest’anno. La siccità aggrava la crisi tunisina, sociale, economica e politica. Si susseguono manifestazioni contro il Presidente. Gli arresti arbitrari di oppositori, l’espulsione di visitatori non graditi, non bastano. La popolarità vacilla. Ecco il ricorso alla collaudata pratica del capro espiatorio.

Parte la campagna contro i migranti subsahariani, nei confronti dei quali ci sono aggressioni razziste molto gravi. Costa d’Avorio e Guinea organizzano voli speciali per rimpatriare i connazionali. L’Unione Africana condanna il messaggio di Saïed. Amnesty international denuncia la sua responsabilità nella campagna d’odio e aggressione orchestrata. Le manifestazioni di sostegno ai migranti e di denuncia degli arresti sono vietate: gli organizzatori sono “sospettati di tramare contro la sicurezza dello stato”.

Kaïs Saïed il 21 febbraio di quest’anno, durante una riunione del Consiglio per la sicurezza nazionale, denuncia l’arrivo di “orde di migranti irregolari provenienti dall’Africa subsahariana… con la violenza, i crimini e i comportamenti inaccettabili che ne sono derivati”. È una situazione “innaturale”, parte di un disegno criminale per “cambiare la composizione demografica” e fare della Tunisia “un altro stato africano che non appartiene più al mondo arabo e islamico”.

Crescono le aggressioni a migranti, studenti, richiedenti asilo, nell’indifferenza della polizia, quando non nella complicità con arresti ed espulsioni. Le violenze continuano. Secondo le stime ufficiali i migranti in questione sono 21mila. Secondo altre stime potrebbero essere anche il doppio o quasi il triplo, su una popolazione di 12 milioni di abitanti. In gran parte le persone sono entrate in modo legale e lavorano e risiedono da tempo. Ora sono perseguitate, licenziate, sfrattate e espulse.

È dalla Tunisia, non più dalla Libia, che sempre più partono per sbarcare in Europa. L’Italia è il primo approdo. Secondo “le Monde” in questi primi mesi già si contano più di 27mila arrivi. Seguono a grande distanza Spagna (4mila) e Grecia (meno di 3mila). Molti sono già passati tra Marocco e Libia prima di giungere in Tunisia. È questo il solo paese del Maghreb dal quale si riesce a partire. Ivoriani e Guineani, spesso con le famiglie, sono i più rappresentati negli arrivi in corso. Con quel che sappiamo della situazione tunisina la cosa non meraviglia.

Il Governo italiano si concentra “sull’emergenza migranti in Tunisia”, nell’asserita convinzione che sia “prioritaria” l’azione per aiutare una nazione amica. Non è una novità. Nel maggio del 2021 c’è la missione della ministra Lamorgese, con un rappresentante dell’Unione Europea, in Tunisia, per affrontare, già allora, l’emergenza migranti. Ora la speranza è che il Presidente tunisino goda di buona salute, come lui stesso assicura. Si diffondono voci su una sua malattia. Allarmata La Verità titola “La malattia di Saied inguaia l’Italia. La Tunisia a rischio guerra civile”. Ci mancherebbe, proprio ora che abbiamo un interlocutore che condivide le nostre preoccupazioni!

L’unica cosa che sembra interessare i nostri governanti è procurare, all’Italia e all’Europa, un altro buono, cioè spietato, guardiano delle frontiere europee. Come noto queste cominciano sulle sponde di fronte del Mare Nostrum, per i disperati che vorrebbero attraversarlo. Kaïs Saïed mostra di avere le qualità necessarie e di condividere pure, almeno a parole, razzismo e timori sulla sostituzione etnica. Hanno lo stesso fondamento del terrapiattismo, ma sono molto più pericolosi.

C’è un articolo, semplice e centrato, che segnalo volentieri.

Di Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941, Lido di Spina 2023), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà nella segreteria dal 1997 per divenirne presidente, con l’adozione del nuovo Statuto, come Associazione di promozione sociale, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948

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