Sono immagini che spesso – mi riferisco in particolare agli ultimi episodi tragici di pulizia confessionale, nella città di Mossul nel nord dell’Iraq – vengono lette in base a interpretazioni identitarie – religiose, sostenenti che i musulmani, in quanto maggioranza, sono i responsabili della persecuzione nei confronti dei cristiani e altre componenti della popolazione come Yazidi o Ezidi.
Questo genere di spiegazione che di fatto semplifica una realtà nebulosa quanto fluida, rischia di trascurare aspetti fondamentali per comprendere il quadro complessivo dell’area e l’influenza della dinamica geopolitica mondiale attuale.
Anzitutto credo sia importante tenere presente alcuni elementi relativi alle vicende irachene e anche a quelle siriane: l’Iraq come la Siria si trovano in situazioni in cui è assente qualsiasi autorità centrale e i rispettivi territori sono di fatto spartiti tra diversi gruppi armati che operano in totale autonomia-anarchia, imponendo in modo arbitrario il proprio potere.
In queste condizioni non risulta che ci sia un disegno che rappresenti una maggioranza che ha come obiettivo la cacciata di un determinato gruppo,. Anzi, si è in presenza di una frantumazione linguistica, confessionale, religiosa, tribale e territoriale difficile da comporre in un progetto o in una visione collettiva.
Nel contesto attuale mediorientale si è di fronte, fondamentalmente, ad un conflitto intra-isalmico tra la Turchia, la repubblica islamica dell’Iran e il regno dell’Arabia Saudita, che da una parte perseguono il mantenimento della propria posizione e dall’altra operano il tentativo di estendere le proprie influenze. Da notare che anche la lettura che tende a accreditare la causa di questa frattura tra Arabia Saudita e Iran, nella divergenza dottrinale tra la maggioranza sunnita e la corrente minoritaria sciita rischia di essere parziale e poco chiarificatrice, nel momento in cui anche la politica della Turchia sunnita diverge quella saudita o da quella egiziana.
Inoltre nel Medioriente, oggi, troppi attori (grandi, medi, piccoli e piccolissimi) ed ognuno sta cercando di giocare le proprie carte, a volte in alleanza dichiarata con altri attori e a volte in modo sottoterraneo ma in funzione di qualche “padrino”. In questo quadro va ricordato che la Federazione Russa e gli Stati Uniti hanno a disposizione dei giocatori locali che si muovono sulla scacchiera in funzione degli interessi degli uni o degli altri.
Ma in tutto ciò che peso hanno certe interpretazioni dell’insegnamento coranico?
Il pensiero islamico negli ultimi decenni, sotto i diversi regimi oppressivi e in varie circostanze, ha perso gran parte della sua vitalità e si è inaridito, tranne qualche eccezione. Un pensiero rimasto ai margini del dibattito pubblico e del confronto intellettuale, che non ha più saputo rinnovarsi e attrezzarsi per affrontare le sfide poste della dinamica storica e dai cambiamenti socio-culturali. Tale situazione ha favorito particolarmente la diffusione di una pratica rituale dogmatica, attenta spesso agli aspetti esteriori della tradizione religiosa. Tale interpretazione è portata avanti da una miriade di gruppi eterogenei e spesso in divergenza rispetto chi possiede la vera o la più corretta visione.
Intanto però molti di questi gruppi si trovano consapevolmente o meno partecipi in un gioco di cui non sono che delle pedine. Un gioco orripilante dove il prezzo più alto viene pagato da milioni di persone che si trovano in una scacchiera contesa.
Di fronte a ciò credo che i musulmani debbano riprendere il lavoro di ricerca e rinnovamento attingendo in parte dal pensiero riformista risalente alla fine del1800, che è stato caratterizzato da interessanti riflessioni su questioni sensibili come il rapporto tra politica e religione, le condizioni della donna ecc…,per iniziare a rimettere le basi di un pensiero islamico in grado di parlare in un mondo plurale e sopratutto in difesa della dignità di ogni persona.