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Dialogo sulla guerra

DiEnrico Peyretti

Feb 17, 2015

– Cosa dovremmo fare moralmente in Libia, far cessare il massacro tra le tribu’ anche con la forza militare, oppure dirci che non e’ affar nostro e che si massacrino pure?

– Il problema è serio e grave. La nonviolenza non lo respinge, anzi. Non si può dire che la medicina non serve a niente quando si lascia arrivare il malato alla soglia della morte. Quando la politica e la cultura e la morale lasciano incancrenire un conflitto, questo diventa guerra, mortale, inguaribile, a stento curabile con cure palliative. E’ vero. Bisogna pensarci prima. La nonviolenza non è la crocerossa, che arriva dopo e raccoglie i morti. E’ la prevenzione della guerra. I conflitti sono naturali, dinamiche della vita: vanno gestiti con l’intelligenza della nonviolenza, prima che degenerino in guerra. Tutte le guerre sono errori, conseguenze di errori: anche l’intervento in Libia di Sarkozy e Berlusconi nel 2011 fu errore stupido, concausa di questa situazione: vedi intervista di Prodi, Il Fatto 15-2 (che ho inviato). “Il dolore segue l’errore come il carro segue il bue” (Buddha).

– Ma, che fare quando scoppia la guerra?
– Aiutare le vittime a fuggire, come dal vulcano che scoppia, come dal terremoto.
– Allora, la guerra è catastrofe naturale inevitabile?
– No, è azione umana, come l’opera del pazzo o del criminale che spara per strada, per fini suoi.
– Allora posso sparare al pazzo o criminale?
– Se davvero tutti i mezzi sono esauriti, e se ciò sembra risolutivo (complotto fallito di 80 alti uffciali contro Hitler) anche Gandhi lo ammetterebbe, come Bonhoeffer. Ma non posso costruire e usare l’atomica, che crea tutte le guerre successive e sta sul mondo come minaccia totale. Quella guerra 39-45 fu vinta dal potere di sterminio che voleva  Hitler, ereditato dai vincitori. Il guaio è che quel diavolo è legione, è incarnato in strutture e culture (complesso militar-industrial-ideologico).
– Allora cosa resta da fare?
– Anche quei diavoli si possono cacciare: Matteo 17,21 e Marco 9,29. Voi traducete queste parole evangeliche in termini morali-politici. Ciò vuol dire anche imparare con vergogna e umiltà a lavorare per evitare la prossima guerra. Sapendo che anche questo è avvenuto, non solo le guerre ci sono state, ma anche le non-guerre: libro di Anna Bravo “La conta dei salvati. Il sangue risparmiato” (Laterza). Non tutti i malati guariscono, ma può guarire la società che fa ammalare, e la “economia che uccide” (come la definisce Francesco), uccide anche con il preparare sempre altre guerre.
Con pena, senza rassegnazione, Enrico

Di Enrico Peyretti

Enrico Peyretti (1935). Ha insegnato nei licei storia e filosofia. Membro del Centro Studi per la pace e la nonviolenza "Sereno Regis" di Torino, del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Università piemontesi, dell'IPRI (Italian Peace Research Institute). Fondatore de il foglio, mensile di “alcuni cristiani torinesi” (www.ilfoglio.info). Collabora a diverse riviste di cultura. Gli ultimi di vari libri (di spiritualità, riflessione politica, storia della pace) sono: Dialoghi con Norberto Bobbio su politica, fede, nonviolenza, (Claudiana, 2011); Il bene della pace. La via della nonviolenza (Cittadella, 2012). (peacelink.it/peyretti)

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