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Riportare a casa i marò nel nome di Gandhi?

Diadmin

Mar 12, 2015

Al Pirellone di Milano è allestita la mostra-evento ‘Guardare il mondo con gli occhi di Gandhi‘, promossa dal consigliere lombardo Marco Tizzoni (Lista Maroni) con il patrocinio del Consiglio regionale lombardo, a cui ha partecipato anche il governatore Roberto Maroni.
Attori, cantanti, personaggi televisivi, rappresentanti delle istituzioni, imprenditori (don Antonio Mazzi, Paolo Berlusconi, Renato Pozzetto, Franco Baresi, Susanna Messaggio, Claudio Cecchetto, ecc.): tutti in fila per indossare simbolicamente gli occhiali originali di Gandhi e chiedere a gran voce all’India il ritorno in patria dei due maro’ Massimiliano Latorre e Salvatore Girone.

In risposta a tale iniziativa, il Movimento Nonviolento ha diffuso la seguente nota
Gli occhiali di Gandhi, i fucili dei Marò, le reti dei pescatori.

E’ sempre scorretto far parlare i morti di ieri (che non possono smentire) per far dire loro quello che interessa ai vivi di oggi. Nessuno può sapere cosa direbbe oggi Gandhi sulla vicenda dei Marò.
Sappiamo però quello che fece Gandhi quando si trovò davanti ad atti di violenza e di ingiustizia: scelse sempre di stare dalla parte delle vittime, che in questo caso sono i due pescatori indiani uccisi, uno di 25 anni (Pinku) e l’altro di 45 (Jalastin).

Gandhi ci ha lasciato un testamento, il suo talismano, che dice: “Ogni volta che sei nel dubbio, fai questa prova: richiama il viso dell’uomo più povero e più debole che puoi aver visto, e domandati se il passo che hai in mente di fare sarà di qualche utilità per lui“.
Applicare questo metro di giudizio anche alla vicenda dei Marò è l’unico modo che oggi abbiamo per onorare realmente la memoria e lo spirito del Mahatma.

Arruolare Gandhi ad una causa, seppur umanitaria, come riportare in patria due italiani oggi sottoposti alla giustizia indiana, è forse un’appropriazione indebita.

L’unico scopo di Gandhi, sono parole sue, era “servire il mio paese, scoprire la Verità e seguirla“.
La ricerca della verità anche nel caso dei due Marò italiani e dei due pescatori indiani, dev’essere l’obiettivo di chi vuole proseguire il cammino sulle vie della nonviolenza gandhiana.
Gandhi portava gli occhiali, i sandali e indossava il khadi: erano i segni distintivi del suo voto di povertà volontaria, per servire il popolo e l’indipendenza indiana.

Guardare il mondo con i suoi occhiali, percorrerlo con i suoi sandali, significa oggi stare dalla parte dei più poveri dei poveri. Gandhi difendeva i fuori Casta, gli oppressi, i paria, gli intoccabili, che chiamò Harijan, ‘Popolo di Dio’.

Queste sono le scelte che fece Gandhi ieri.  Ora tocca a noi fare le scelte di oggi.
Senza strumentalizzare i morti.

Movimento Nonviolento
Verona, 12 marzo 2015

(immagine di maurobiani.it)

Di admin

1 commento su “Riportare a casa i marò nel nome di Gandhi?”
  1. Per me siete stati troppo diplomatici.
    Dire che riportare in Italia i Marò è una causa umanitaria eccede qualsiasi logica.
    Ci vorrebbe un po’ più di coraggio, specie se si parla della Lega e dei suoi sodali: vogliamo mettere in fila tutte le dichiarazioni e le malefatte della banda di Salvini?

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