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Bosnia Erzegovina: lettera al Papa

Diadmin

Mag 17, 2015

Papa Francesco è a conoscenza del fatto che sarà ricevuto a Sarajevo dalle stesse persone che hanno dato il benvenuto e hanno glorificato i criminali di guerra?

Caro Papa Francesco,

Siamo profondamente incoraggiati dalla Sua prossima visita nel nostro Paese. Siamo rincuorati dall’annuncio della visita in quanto convinti che la Sua presenza  contribuira alla crescita di semi del bene e al consolidamento della fraternità e della pace, e ci siamo per questo motivo presi la libertà di rivolgerci a Lei. Come cittadini della Bosnia-Erzegovina, vorremmo condividere con Lei qualcosa che forse non sentirà dai nostri politici e funzionari. Ci rivolgiamo rispettosamente alla Vostra Santità per metterla a conoscenza di alcune questioni che riteniamo di cruciale importanza per la Bosnia-Erzegovina e per la gente che vi abita.  

Catholic News Agency ha accompagnato l’annuncio della Sua visita con la seguente affermazione: “(Sua Santità) sarà presente in una nazione segnata da una grande diversità etnica e religiosa, che è stata utilizzata come un fattore chiave nella recente guerra nel Paese.” Troviamo questa frase estremamente preoccupante e non corrispondente alla verità.

Questa grande diversità etnica e religiosa è in realtà qualcosa di cui siamo orgogliosi e troviamo di grande vantaggio e fortuna per il nostro paese e per la nostra società. La nostra stessa essenza culturale è infatti un tessuto di fili rappresentati da etnie e religioni diverse; non saremmo in rado di vivere nel rispetto della nostra identità se in essa non trovassimo spazio anche per l’altro. Nonostante il fatto che comporti anche conflitti, sofferenze e migrazioni forzate, la nostra identità multietnica e multi-religiosa rappresenta, a ogni modo, lo stato naturale delle cose per noi. Non solo per noi, visto il fatto che la Bosnia-Erzegovina è una parte dell’Europa in cui musulmani, cristiani (cattolici e ortodossi), ebrei e molti altri hanno vissuto insieme per secoli.  La nostra tragedia è che questa diversità è stata utilizzata, nel corso della storia, come un pretesto, o fumo negli occhi,, per impossessarsi di terre e saccheggiare la gente, seguendo il motto di “divide et impera”. E’ stata abusata da chi afferra il potere per seguire interessi particolari di conquistatori spietati, di vertici politici locali, e talvolta da quelli clericali.

Il periodo immediatamente successivo al socialismo è stato in Bosnia caratterizzato da due processi potenti e collegati, ovvero da una “nazionalizzazione del sacrale” e da una “sacralizzazione del nazionale”. Allo stesso tempo, la religione è stata rivitalizzata e presa per un fatto politico – è stata politicizzata tramite una sua etnicizzazione. In seguito a questo processo, la “visione” della religione si è purtroppo ristretta: la religione è stata indirizzata, ma anche ridotta, al livello etnico, piuttosto che verso le sue dimensioni, caratteristiche e messaggi universali intrinseche, portando di fatto le identità religiose ed etniche a collassare le une nelle altre.  

Soluzioni politiche sostenibili e giuste non si possono basare su divisioni artificiali tra le persone, stabilite e incoraggiate da malintenzionati. Noi desideriamo costruire il nostro codice culturale, etico e morale comune su fondamenta concrete. Abbiamo bisogno di educare la gente, promuovere la riappacificazione e la pace e lavorare senza sosta sulla giustizia e sul ripristino del tessuto sociale tanto tragicamente strappato. Ci sentiamo fortemente incoraggiati dall’offerta di aiuto da parte di Sua Santità. 

La Bosnia-Erzegovina necessita di tutto l’aiuto possibile sul percorso, lento e tortuoso, del ripristino della fiducia tra i diversi gruppi etnici che compongono il paese. Il confronto con le atrocità commesse durante la guerra rappresenta l’elemento chiave di questo processo. Tale confronto è possibile soltanto a patto di smettere di giustificare e negare crimini commessi dai membri del “nostro” gruppo e iniziare a riconoscere e condannare in modo sincero tali crimini. Un confronto del genere può inoltre poggiare soltanto sulla responsabilità morale e legale. Noi, invece, siamo ancora testimoni di glorificazioni di coloro che vengono lodati come eroi nazionali e come martiri, pur essendo già stati accusati e condannati per crimini di guerra. Al fine di fare della Bosnia un paese “normale”, è arrivato il momento di fare piazza pulita di tali pubblici spettacoli di manifestazioni nazionaliste. Dobbiamo sradicare elementi fascisti dalla politica, dall’educazione, dai media e dalle strade. Questo è il minimo che il nostro paese si merita, dopo tutte le uccisioni, ferimenti, stupri, internamenti in campi di concentramento e persecuzioni etniche perpetrati ai danni dei suoi cittadini. 

Ci permetta di illustrare quanto noi consideriamo esempio di logica e comportamento fascisti con un caso recente. Sotto (immagine 1) si vede il momento in cui Dragan Covic, membro della presidenza tripartita della Bosnia-Erzegovina e Suo ospite durante la visita a Sarajevo, e Marinko Cavara, attuale presidente della Federazione di Bosnia ed Erzegovina, danno pubblicamente il benvenuto a Dario Kordic*, condannato per crimini di guerra, e recentemente scarcerato da una struttura internazionale dopo avere scontato i tre quarti della propria condanna a 25 anni. La celebrazione pubblica rappresentata da questa foto è stata seguita dalla Santa Messa e da un discorso di Kordic dall’altare della chiesa. Non una singola parola di rimorso. Nessuna catarsi o tanto aggiogata metanoia.  slika2

Persone come Kordic non possono capire questi concetti, ma i membri del clero che lo hanno accolto e che hanno festeggiato il suo ritorno dal carcere, in particolare in occasione delle sue visite a Zagabria (dove Kordic è  stato accolto dal vescovo di Sisak, Vlado Kosic) e a Mostar, lo devono senz’altro fare. Invece, hanno scelto di assolvere i perpetratori di crimini, trasformandoli in martiri. Il provinciale della Provincia francescana di Erzegovina, il dott. fra Miljenko Steko ha fornito un sostegno istituzionale per Kordic e ha persino offerto lo spazio per tenere una conferenza sulla sua “esperienza di fede.” La gente di altre etnie percepisce questo come una forma di negazione della loro sofferenza e la celebrazione dei crimini commessi contro di loro. Le loro ferite non solo non si rimarginano, ma si riaprono.

Siamo profondamente rattristati dal fatto che le stesse persone che con gioia hanno accolto criminali di guerra sono tra coloro che la saluteranno e le daranno in benvenuto in Bosnia-Erzegovina.

Negli ultimi mille anni la Chiesa cattolica in Bosnia-Erzegovina è stata una parte essenziale di ciò che la nostra identità è. I contributi della Chiesa, dei suoi sacerdoti e dei fedeli alla nostra vita culturale e al progresso scientifico e spirituale è immensa.

Siamo pieni di gratitudine per tutto l’aiuto che la Chiesa e la sua gente hanno fornito durante l’intero corso della guerra. Molti esempi non possono che essere definiti eroici. Ci ricorderemo sempre di Gabriele Moreno Locatelli, un pacifista e studente della Lombardia, membro di “Beati i Costruttori di Pace”, che ha perso la vita a Sarajevo durante l’assedio. La gente di questo paese sarà eternamente grata per il sostegno ricevuto da Papa Giovanni Paolo II che, durante la guerra, ha ripetutamente parlato della Bosnia-Erzegovina e ha alzato la propria voce contro il nazionalismo. Per questo motivo, il modo in cui questa generazione di clericali risponderà alle richieste di pace e della riconciliazione ha per noi un’importanza cruciale. 

Beatissimo Padre, ogni Sua parola e  gesto avranno una profonda risonanza nella nostra società e nel mondo. Saremo lieti di salutarLa e onorarLa nel nostro paese. Ci sentiamo benedetti per il fatto che Vostra Santità ha scelto di visitare Sarajevo. Crediamo fermamente che la vostra visita possa segnare l’inizio di un’era di vera pace e di riconciliazione, di cui beneficeranno generazioni di bosniaci ed erzegovesi.

Con profondo rispetto auguriamo ogni bene a Sua Santità,

Aleksandar Brezar, traduttore, giornalista, sceneggiatore 

Aleksandar Hemon, scrittore, vincitore del premio McArthur genius

Alen Voloder, programmatore

Brano Jakubovic e Vedran Mujagic, membri di Dubioza kolektiv

Damir Arsenijevic, professore delle università di  De Montfort, Leicester e Tuzla

Dino Abazovic, professore, sociologo

Franjo Sarcevic, matematico, attivista

Gorana Mlinarevic, avvocato internazionale per i diritti umani

Ines Tanovic Sijercic, attivista, storico dell’arte

Jasmila Zbanic, regista, vincitrice dell’Orso d’Oro alla Berlinale,

Kumjana Novakova, festival del cinema dei diritti umani Pravo Ljudski,

Nidzara Ahmetasevic. giornalista, attivista

Refik Hodzic, giornalista, attivista della giustizia

Sabina Sabic, attivista di pace, produttore

Saida Mustajbegovic, sociologo, giornalista

Sasa Stanisic, scrittore, vincitore del Premio della Fiera del libro di Lipsia

Ulvija Tanović, traduttrice 

Zoran Herceg, artista, attivista

Zoran Ivancic, attivista per la pace

* In base a responsabilità penali individuali (Art. 7 § 1 Statuto Tpi) Kordic è stato dichiarato colpevole e condannato da Tpi per i seguenti capi d’accusa: infrazioni gravi della Convenzione di Ginevra  (Art. 2 Statuto Tpi: uccisioni volontarie, trattamento disumano, detenzione illegale di civili); violazione delle leggi e degli usi di guerra (Art. 3 Statuto Tpi: attacchi illegali contro civili, attacchi illegali contro abitazioni di civili, distruzioni ingiustificate dal bisogno militare, impossessamento di proprietà pubbliche e private, distruzione o danneggiamento volontario di istituzioni adibite alla religione o all’istruzione), crimini contro l’umanità (Art. 5 Statuto Tpi: persecuzioni su basi politiche, razziali o religiose, uccisione, atti disumani, detenzione).

fonte per questo articolo qui e qui

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