• 23 Novembre 2024 8:16

Il tempo della guerra e il programma politico per la pace. Oggi più che mai, un’altra difesa è possibile e necessaria

DiPasquale Pugliese

Nov 22, 2015

Il terrorismo ha raggiunto il suo obiettivo: con la risposta della guerra il terrore vince. Quel terrorismo jihadista che – dopo aver provocato decine di migliaia di vittime con attentati terroristici quotidiani nei paesi di religione islamica, dall’Africa al Medioriente – ha colpito a Parigi il cuore dell’Europa, non ha ucciso solo 132 persone innocenti, ma ha fornito il pretesto per scatenare un nuovo ciclo di guerre planetarie, in continuità con quelle che lo hanno generato. Una nuova fase nella “guerra mondiale a pezzi”, già partita con gli incessanti bombardamenti franco-russi sulla popolazione civile siriana, che uccidono – a loro volta – migliaia di altri innocenti, terrorizzando le popolazioni e agevolando l’emersione di nuovo terrorismo e con esso il rinchiudersi dei paesi occidentali nella paura e nello stato di polizia permanente. Insomma, con la guerra il terrorismo vince su tutta la linea.

La maledizione di papa Francesco

Ma sulla risposta della guerra non ci sono voci dissonanti tra i “grandi” della Terra, se non papa Francesco che ha usato una parola solenne, forte e antica, la maledizione, nei confronti di chi “opera per la guerra” e di chi produce le armi, vero motore dell’economia. Non a caso, dal giorno successivo al massacro di Parigi, quando la città siriana di Raqqa era già sotto i missili francesi – nonostante che la maggior parte dei terroristi provenissero dai sobborghi di Bruxelles – le azioni delle corporation armiere hanno ripreso a volare sui mercati internazionali. Non a caso, il governo italiano non ha trovato niente di meglio da fare che consentire il rifornimento, nottetempo, di bombe e materiaili militari all’Arabia Saudita, che sta, a sua volta, bombardando senza tregua lo Yemen…La guerra è un affare, anzi è l’affare fondamentale del nostro tempo. Ormai le spese militari globali “legali” – e quindi le ricchezze di chi vende le armi, incrementate dai traffici illegali – hanno raggiunto qualcosa come 1.800 miliardi di dollari nell’ultimo anno. Non a caso, dal crollo delle Torri gemelle nel 2001 – pretesto per avviare il precedente ciclo di guerre planetarie generatrici del terrore e terrorismo attuali – le spese militari sono aumentate del 50 %. Un’economia di guerra, che non può che generare altro terrorismo e altre guerre. L’investimento più sicuro per il futuro dei mercanti di morte.

Il vero business del nostro tempo

Lo stato dell’arte lo spiega lucidamente il generale Fabio Mini, che già nel 2014 nel suo La guerra spiegata a… scriveva : “il fatto è che stiamo vivendo, a livello globale, e per la prima volta nella storia umana il “tempo della guerra”; la stagione in cui la guerra, come atteggiamento mentale e in tutte le sue forme visibili e invisibili, sembra rappresentare la sola risposta ai problemi di relazione tra gli uomini”. E aggiunge, poche righe più avanti: “La guerra al terrorismo continuerà indefinitamente, perché non ne affronta le cause e perché in un mondo a economia stagnante è capace di mobilitare e bruciare le risorse, (,,,) Vero e unico business del nostro tempo: la guerra in sé, che ormai comprende tutto ciò che precede i conflitti armati e tutto ciò che li segue, per un tempo illimitato, in relazione a quanto si riesce a far credere e sopportare all’opinione pubblica”.

La condizione preliminare per un orientamento diverso

E quanto il “tempo della guerra” e la sua preparazione minino alla radice la stressa democrazia lo spiegava già Aldo Capitini in uno dei suoi ultimi scritti, nel 1968 (Omnicrazia, oggi ne Il potere di tutti): “Si sa che cosa significa, oggi specialmente, la guerra e la sua preparazione: la sottrazione di enormi mezzi allo sviluppo civile, la strage di innocenti e di estranei, l’involuzione dell’educazione democratica e aperta, la riduzione della libertà e il soffocamento di ogni proposta di miglioramento della società e delle abitudini civili, la sostituzione totale dell’efficienza distruttiva al controllo dal basso”. Dunque, il rifiuto della guerra e l’impegno costante per la pace – concludeva Capitini – è “la condizione preliminare per parlare di un orientamento diverso”. Ossia l’elemento fondante di ogni possibile cambiamento politico, orientato alla piena democrazia e alla convivenza civile.

Pace: tema residuale o strategico?

Eppure, se oggi, di fronte allo scenario internazionale, il vice-direttore del Corriere della sera può definire vecchio e “appassito” – non il meccanismo guerra-terrorismo-guerra- terrorismo, ormai compulsiva coazione a ripetere – ma proprio il pacifismo e il ripudio della guerra, la responsabilità del movimento per la pace è quella di indicare autorevolmente un “orientamento diverso”. Tuttavia, per poter essere autorevole deve prima assumerlo in pieno. Ossia, per le organizzazioni sociali e politiche che si definiscano “pacifiste” l’impegno per la pace non può più essere un tema, tutto sommato, residuale, come la vecchia bandiera arcobaleno da tirare fuori nelle manifestazioni organizzate precipitosamente. Ma deve diventare il principio ispiratore ed orientante l’azione politica generale, l’elemento fondante di ogni discorso pubblico sulla difesa dei diritti sociali e civili, l’impegno strategico che sostiene le proposte di conversione dell’economia, il dato costitutivo su cui si fondano i progetti educativi…

Un’altra difesa è possibile: disarmo e nonviolenza

Non è un caso se il “ripudio della guerra” sia stato posto dai Costituenti tra i “principi fondamentali” della Repubblica, non solo come “strumento di offesa alla libertà degli altri popoli, ma anche come “mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Questo ci consegna il compito storico non solo di protestare tutte le volte che viene ignorato e aggirato, mentre partono (e vengono acquistati) bombardieri e carichi di armi, ma di elaborare e mettere in campo – continuativamente e costruttivamente – gli strumenti e i mezzi alternativi alla guerra. Fondati sull’impegno per il disarmo, cioè il depotenziamento degli strumenti militari, e per la nonviolenza, cioè la costruzione delle alternative. Queste sono proprio le finalità dello strumento politico che sei Reti nazionali si sono dati con la campagna Un’altra difesa è possibile, la quale – pur avendo raggiunto il primo obiettivo di presentare la proposta di legge di iniziativa popolare al Parlamento – è stata sostanzialmente guardata con sufficienza dal più ampio, e un po’ distratto, mondo che si può ricondurre genericamente al “movimento per la pace”. Eppure sono proprio gli obiettivi della Campagna che oggi rappresentano e fondano un “orientamento diverso”, che possono mettere in campo un programma politico differente all’altezza del “varco attuale della storia”. Obiettivi che, se perseguiti davvero, possono costituire, nel loro insieme, quella alternativa costituzionale – anche di fronte alla minaccia terrorista – al martello armato in mano all’uomo che “vede tutto il mondo come un chiodo”.

Dispiegare il programma politico

Difendere la Costituzione, affermando i diritti civili e sociali in essa enunciati – investendo in politiche attive per il lavoro e la sicurezza sociale – e difendere l’indipendenza e la libertà delle istituzioni democratiche del Paese; predisporre piani per la difesa civile non armata e nonviolenta, alternativa a quella militare, avviando progetti di formazione della popolazione alla resistenza civile; avviare ricerche e percorsi per la pace e l’educazione – a tutti i livelli di formazione – fondati sulla gestione nonviolenta dei conflitti, in specie interculturali; smantellare gli armamenti per liberare le risorse oggi bruciate nelle spese militari, sostituendo progressivamente la difesa armata con quella civile; riconvertire a fini civili le industrie belliche e vietare produzione e commercio delle armi; costituire un vero e preparato corpo civile di pace impegnato nella prevenzione dei conflitti armati, nella mediazione, nella riconciliazione, nella promozione dei diritti umani; investire risorse sulla solidarietà e la cooperazione internazionale in particolare nelle aree a rischio di conflitto, in conflitto o post-conflitto; contrastare le situazioni di degrado sociale, culturale ed ambientale – all’interno della quali, nelle periferie delle città, possono attecchire anche scelte fondamentaliste – anche con un grande investimento nel Servizio civile nazionale. Sono gli obiettivi della Campagna “Un’altra difesa è possibile” pienamente dispiegati, il programma politico per la pace all’altezza del tempo della guerra. Si tratta di assumerlo davvero fino in fondo e portarlo avanti in maniera determinata, oggi più che mai.

Di Pasquale Pugliese

Pasquale Pugliese, nato a Tropea, vive e lavora a Reggio Emilia. Di formazione filosofica, si occupa di educazione, formazione e politiche giovanili. Impegnato per il disarmo, militare e culturale, è stato segretario nazionale del Movimento Nonviolento fino al 2019. Cura diversi blog ed è autore di “Introduzione alla filosofia della nonviolenza di Aldo Capitini” e "Disarmare il virus della violenza" (entrambi per le edizioni goWare, ordinabili in libreria oppure acquistabili sulle piattaforme on line).

1 commento su “Il tempo della guerra e il programma politico per la pace. Oggi più che mai, un’altra difesa è possibile e necessaria”
  1. Un convegno nazionale sulla “Follia della guerra”

    di Gabriella Maria Calderaro

    Di fronte all’attuale escalation della guerra il Comune di Monteleone di Puglia (FG), geograficamente situato lungo la strada che collega la Campania e la Puglia, si è fatto promotore di un’importante iniziativa per esaminare la “Follia della Guerra”.
    Qualcuno potrebbe chiedersi cosa possa venire di buono da un piccolo borgo di mille abitanti, isolato su un’alta montagna dell’Appennino tra il Sannio, l’Irpinia e la Daunia. Le sorti dell’umanità, infatti, si decidono nelle grandi città, nelle capitali politiche ed economiche del mondo.
    Ma dal punto di vista di Gandhi i grandi agglomerati urbani non hanno futuro, non alimentano la speranza, sono luoghi di crescente violenza e di anomia sociale. La vera pace si può costruire soltanto a partire dal basso, attraverso la rinascita delle piccole comunità e dei villaggi.
    Orbene Monteleone di Puglia si è distinto per aver collocato il 4 novembre 2015 ai piedi del locale monumento ai caduti, primo comune in Italia capace di un tale coraggioso gesto che rompe la retorica della guerra, una lapide con l’iscrizione della denuncia di Papa Francesco, pronunciata a Redipuglia il 13 settembre 2014, in occasione della commemorazione delle vittime della I guerra mondiale:
    “La guerra è follia! Per tutti i caduti della “inutile strage”, per tutte le vittime della follia della guerra. Mai più guerre! Da ogni terra si levi un’unica voce: no alla guerra e alla violenza e sì al dialogo e alla pace”.
    Il convegno di Monteleone cade in un momento di grande angoscia per le sorti della pace nel mondo. Cresce la paura e si alimenta il circolo vizioso che legittima il riarmo e la guerra. Pensato inizialmente per svelare la retorica della prima guerra mondiale, a un secolo di distanza dall’intervento dell’Italia, diventa inevitabile ora allargare lo spettro visuale alla drammatica attualità, destrutturando l’immaginario che in varie forme si ripresenta per legittimare la guerra.
    Il convegno si svolgerà lungo il corso dell’intera giornata di domenica 6 dicembre e sarà articolato in due parti. La mattina sarà dedicata alla riflessione sulla prima guerra mondiale, origine di tutte le grandi violenze del XX secolo, il pomeriggio alle proposte costruttive di educazione alla pace, che vorrano confluire in un progetto ambizioso di una scuola estiva e di un campus della pace, voluto da un’apposita delibera approvata il 30 ottobre 2015 dal consiglio comunale di Monteleone.
    Alla fine della prima guerra mondiale vennero costruiti innumerevoli luoghi della memoria per ricordare le vittime della grande carneficina. La leva obbligatoria e l’entità del conflitto avevano coinvolto tutte le realtà locali, anche le più piccole, con decine di migliaia di caduti in guerra, per i quali divenne necessario ricordare e celebrare i morti con forme di commemorazione collettiva.
    Uno studio di Nicola Labanca, Pietre di guerra, edito da Unicopli, ricorda le migliaia di monumenti di svariata tipologia, che furono costruiti in epoca fascista.
    Quello di Monteleone fu uno dei più grandiosi, assolutamente sproporzionato alle dimensioni del piccolo paese, esaltato dallo stesso re Vittorio Emanuele per l’abile cesello della pietra, opera degli scalpellini del luogo.
    Dietro il mito degli eroi della Grande guerra si manifestava una retorica mistificatoria. Luca Kocci1 ha definito questa pratica una sorta di “frenesia commemorativa” voluta dal fascismo per attuare una “politica della memoria” fondata sul “sacrificio eroico” per convincere i contadini, diventati soldati, a sostenere il nazionalismo e la guerra. La memoria divenne, così, strumento di propaganda e di inganno, una memoria basata su una ritualità militaresca, trasformata in commemorazione eroica, dove le celebrazioni diventarono una forma di idolatria della patria e un viatico per le ambizioni coloniali dell’Italia e la sua politica di potenza, alimentando così quella cultura di guerra che preparò il secondo conflitto mondiale.
    Ancora oggi nelle scuole, davanti ai comuni, nelle piazze, il 4 novembre si celebra la festa della vittoria e delle forze armate. Al suono di trombe e di marce militari, truppe e ufficiali schierati in alta uniforme, i caduti vengono ricordati per aver sacrificato la vita per la patria, alimentando così nell’immaginario comune l’idea della guerra come fatto eroico ed accettabile.
    La retorica moderna della guerra ha cambiato forma e si mimetizza in violenza culturale che continua a legittimare nelle menti la necessità dello scontro tra civiltà e della guerra al terrorismo.
    In un momento dove l’escalation della violenza e la minaccia della guerra diventano sempre più gravi è fondamentale ricondurre la mente agli insegnamenti dei maestri della nonviolenza e della cultura della pace. L’iniziativa del 6 dicembre 2015 a Monteleone di Puglia vuole essere l’inizio di un impegno politico e sociale che nasce dal basso per manifestare con atti espliciti, culturali, artistici e simbolici, la volontà dei cittadini di resistere di fronte alle politiche di potenza degli Stati che alimentano il terrorismo.
    Nel dimostrare l’impegno per la formazione di una cultura di pace, il comune di Monteleone, con la consulenza scientifica del Centro Gandhi Onlus, darà vita a una scuola estiva, una Summer School, di educazione alla Pace, mirante a promuovere la cultura della nonviolenza, la gestione nonviolenta dei conflitti interpersonali, sociali e internazionali, secondo il principio espresso nel preambolo dell’Atto Costitutivo dell’UNESCO: “poiché le guerre nascono nella mente degli uomini, è nella mente degli uomini che devono essere costruite le difese della pace” (since wars begin in the minds of men, it is in the minds of men that the defences of peace must be constructed).
    Programma del Convegno:
    Ore 10:00 Recital di poesie e canzoni sulla pace e cerimonia di inaugurazione della lapide al monumento ai caduti della I Guerra mondiale che riporta le affermazioni di papa Francesco.
    Ore 10:30 Inaugurazione mostre su: Abbasso la guerra! curata dal prof. Francesco Pugliese
    e Bertha von Suttner: una vita per la pace curata dal Ministero degli affari esteri austriaco, nella versione italiana dal prof. Francesco Pistolato del Centro Irene dell’Università di Udine
    Chairman: Rocco ALTIERI, già docente nel corso di laurea in “Scienze per la pace” dell’Università di Pisa
    Ore 11:00 Saluti del Sindaco Giovanni CAMPESE
    Ore 11:15 “La grande menzogna della prima guerra mondiale”
    Relatori:
    Sergio TANZARELLA, docente di storia della chiesa e del cristianesimo presso la facoltà
    teologica dell’Italia meridionale
    Luca KOCCI, insegnante di italiano e storia nelle scuole superiori, redattore dell’agenzia di informazioni “Adista”
    Vito Antonio LEUZZI, presidente dell’Istituto pugliese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea
    Pausa Pranzo Comunitario
    Ore 15:00 “Costruire la pace attraverso l’educazione: proposte e iniziative per la costituzione a Monteleone di Puglia di un Centro per la nonviolenza”. Chairman: Rodrigo ADDORISIO, medico, psicoterapeuta e storico locale.
    Relatori:
    Raffaello SAFFIOTI, presidente dell’Associazione Florense per lo Sviluppo Creativo
    Eugenio SCARDACCIONE, dirigente scolastico, fondatore del G.E.P. (Gruppo educhiamoci alla Pace)
    Piero PIRACCINI, della Tavola della pace di Perugia
    Giovanni SARUBBI, direttore del giornale on-line “Il Dialogo”
    Ai docenti e agli studenti delle scuole superiori verrà rilasciato un certificato di partecipazione valutabile come corso di aggiornamento e come credito scolastico.
    Monteleone si può raggiungere col treno (fermandosi alle stazioni di Benevento o Foggia), con l’autobus della linea Napoli-Foggia (fermandosi al casello di Lacedonia o di Candela), con l’autostrada Napoli- Bari ( uscita casello di Vallata).
    Si può chiamare in anticipo alla segreteria organizzativa per farsi venire a prendere con l’auto alla stazione di arrivo (Benevento o Foggia) e riservare per il pernottamento.
    Segreteria organizzativa: Michele Camanzo 3399881064, Michele Morra 3337250566, Antonio Morra 3312594703.

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