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Fecero un deserto e lo chiamarono pace

Diadmin

Gen 17, 2016

– di Martina Pignatti Morano, Presidente, Un ponte per…

E’ bene rinfrescarci la memoria su quello che accadde 25 anni fa perché ne seguirono a cascata eventi disastrosi per l’Iraq e il Medio Oriente, di cui tutti paghiamo lo scotto poiché viviamo in una casa comune, il Mediterraneo.

Oggi, mentre Renzi promette di inviare 450 militari a presidiare un cantiere italiano sulla diga di Mosul, il governo italiano garantisce al Kurdistan iracheno nuovi addestratori e consulenti militari, e il nuovo vicepresidente dell’ENI Pistelli (già viceministro degli esteri) stringe patti con il Ministro del Petrolio iracheno, non abbiamo altro da offrire all’Iraq che armi e soldati in cambio di commesse economiche e petrolio? Venticinque anni fa contro questa logica nasceva “Un ponte per Baghdad”, e la storia di quegli anni ce la ricordiamo.

Tutte le nazioni accettarono nel 1991 di stare agli ordini di un unico comando militare, diretto dal capo di stato maggiore delle forze armate americane Colin Powell, che molti anni dopo avrebbe mentito spudoratamente al Consiglio di Sicurezza dell’ONU per lanciare una nuova guerra contro l’Iraq. I combattimenti si esaurirono nel giro di un mese e mezzo, causando probabilmente 200.000 vittime irachene di cui la metà civili, 5000 vittime kuwaitiane e 250 tra i soldati della coalizione.

Risultato: Kuwait liberato dalle truppe irachene ma Saddam sempre al comando, capace nei mesi successivi di schiacciare la rivolta sciita e kurda causando altre 200.000 vittime e 2 milioni di sfollati, nonché il prosciugamento delle paludi mesopotamiche del Sud Iraq, ora in lista per divenire patrimonio dell’umanità in un estremo tentativo di salvare la culla della civiltà umana.

Pochi ricordano che quella guerra causò poche vittime tra i militari della coalizione perché migliaia di soldati iracheni scelsero la diserzione e molti si rivoltarono contro Saddam. Purtroppo l’opzione democratica per l’Iraq non interessava affatto agli Stati Uniti e così l’insurrezione sciita, con forte partecipazione degli strati popolari e di forza laiche di sinistra, fu tradita se non ostacolata dalla coalizione internazionale.

Seguirono 13 anni di embargo contro l’Iraq, e altre 2 milioni di vittime, di cui la metà bambini. Il seguito lo ricordiamo con più facilità: la guerra del 2003, che direttamente e indirettamente ha causato 1 milione di vittime irachene, la caduta di Saddam, il nuovo governo confessionale sciita che ha messo in atto la sua vendetta, la popolazione sunnita che si è vista negare i propri diritti e pian piano per la disperazione ha aperto la porta a Daesh (IS), e ad oggi un terzo del paese in mano ai tagliagola fondamentalisti.

In 25 anni di guerra e sanzioni questo è il deserto che le coalizioni internazionali di volenterosi hanno fatto in Iraq, paese che nel 1990 aveva il più alto indice di sviluppo umano della regione mediorientale, dopo Israele.

Grande era la confusione in Italia quando il governo si apprestava ad appoggiare le manovre preparatorie della Prima Guerra del Golfo, tanto che il PCI di Ochetto si astenne sulla mozione del governo, scatenando l’ira di Ingrao che invece si dissociò dalla logica militare. Forte fu il movimento contro la guerra tra associazioni, cattolici pacifisti e partiti di sinistra, con splendidi gesti di disobbedienza come quello del Movimento Nonviolento, che già in quegli anni portò attivisti sui binari di Verona, Trento e Rovereto per fermare i treni carichi di armi che viaggiavano verso il Medio Oriente. Nel processo che ne seguì furono tutti assolti per aver ritenuto di agire secondo giustizia e necessità.

Anche oggi spirito di giustizia e necessità ci impone di lavorare su più fronti, mentre l’Italia già prepara l’intervento militare in Libia, dove la comunità internazionale si appresta a fare gli stessi errori commessi in Iraq: costruire e puntellare un governo di stile occidentale, facendo tabula rasa del passato in termini politici e militari, smantellando istituzioni e sistema amministrativo senza che vi sia un’alternativa funzionale e democratica a disposizione, e senza la capacità né la volontà di far fronte alla disgregazione sociale che ne seguirà. Dobbiamo allora gridare alla politica che la logica militare non paga per “stabilizzare” le altre sponde del Mediterraneo né per fermare il terrorismo, che un paese come l’Iraq con quasi 5 milioni di sfollati interni ha innanzitutto bisogno di aiuti umanitari, che ai profughi che fuggono dalla guerra dobbiamo tendere la mano già nei paesi di provenienza e transito.

Questa volta lo possiamo fare con movimenti sociali, ONG e sindacati iracheni, che nel 1991 non potevano esistere come tali. L’ultima “Desert Storm” l’abbiamo vista con loro a Baghdad, a ottobre 2015, durante il Forum Sociale Iracheno. Una tempesta di sabbia ha distrutto nella notte tutti gli stand del forum che gli attivisti avevano organizzato sulle rive del Tigri per condividere strategie per la promozione della pace e della coesistenza. In poche ore decine di ragazzi hanno rimesso tutto in piedi, e il forum ha coinvolto in tre giorni 2500 persone e 120 organizzazioni. Sfidano le minacce della politica e dei gruppi armati, e nel 2016 andranno nelle aree liberate da Daesh per stringere patti di amicizia con i giovani locali. Ci aspettano, senza armi né scorta, per lavorare assieme contro la logica del terrore e della guerra.

Martina Pignatti Morano, Presidente, Un ponte per…

Di admin

1 commento su “Fecero un deserto e lo chiamarono pace”
  1. Cara Martina Pignatti Morano, all’epoca io simpatizzavo per Saddam. Se ti ricordi bene, però Saddam Invase il Kuwait. Anche se vantava l’appartenenza del kuwait all’Iraq per motivi storici, ciò non toglie che la sua fu una invasione, per di più decretata da un Dittatore quale era Saddam. E fu anche tanto buono Bush Padre, che dopo la sconfitta di Saddam, non lo destitui da Dittatore dell’Iraq. Io all’epoca non capivo il motivo di questa scelta, ma a distanza di anni l’ho compreso, ed ora do Ragione a Bush Padre, perchè Saddam era Importante nell’equilibrio della scacchiera del Medio Orientale, in special Modo nei confronti dell’Iran Kohomenista. Invece, nella Seconda guerra del Golfo, quella di Bush Figlio, quest’ultimo, con l’Abbattimento di Saddam, Distrusse l’Equilibrio del Medio Oriente, destabilizzandolo ulteriormente, con la Guerra alla Libia edi alla Siria, ed appoggiando le famose Primavere Arabe. Da all’ora tutto il Medio Oiente e l’Africa Settentrionale Vivono una enorme Destabilizzazione con la Crescita Esponenziale del Terrorismo, che avrebbe potuto essere annientato, se nei primi anni 2000, dopo il Giusto Abbattimento del Terrorismo di BinLaden in Afghanistan, l’America Avesse Imposto la Pace fra Plestinesi ed Israeliani, come si è fatto in Libano grazie a D’Alema, e dove per fortuna ancora a Pace Dura. Ed oggi la situazione sta migliorando un Po’ grazie all’Intervento Russo in Siria, al Ravvedimento degli USA nei confronti del Nuovo Iran, non più a maggioranza Kohomenista, e speriamo ad un Intervento Risolutivo in Libia, imponendo la Pace fra i due Governi Provvisori, poi andando a Libere Elezioni. La Soluzione Migliore per Combattere il Terrorismo e chi lo Fiancheggia, è Azzerare con loro il Commercio di Tutti i Prodotti di Alta Tecnologia, Computeres, Softwares, Telefonia, Macchine ed Impianti ad Alta Tecnologia, Attrezzature Sanitarie, oltre alle Armi e Petrolio. Vanno Isolati a Vivere nel Loro Medioevo Religioso oltre che Civile, Economico e Politico. Vedremmo allora tutti questi giovani volontari dell’Islam Teroristico rinunciare alle loro idee velleitariei

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