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La pace nonviolenta è rivoluzione culturale

DiEnrico Peyretti

Mar 16, 2016

Carissimi, grazie a tutti del lavoro di ieri sera. Solo un’idea ripropongo ora, salvo riesprimerla meglio in seguito col vostro aiuto, in modo più corretto.

Violenza è la guerra, ogni violenza fisica, materiale. Ma non è questo il punto. Va bene l’obiezione alle armi, vanno bene i corpi civili di pace. Ma il punto non è qui.

Violenza è il capitalismo, la società-mercato, “questa economia che uccide”, ogni cosa ridotta a prezzo, anche l’arte, la cultura, anche il corpo umano, e gli organi, e l’utero, e il figlio. Violenza è l’impero della finanza sulla vita umana e naturale, è il massacro della natura, questo vivo corpo comune a noi tutti, anche animali e vegetali. Ma neppure qui è il punto.

Il punto è nel pensiero che l’uomo sia rivale dell’uomo, che noi siamo animali captativi, predatori, possessivi, e soltanto come effetto laterale secondario e saltuario, siamo anche capaci di dono, con qualche calcolo intrinseco di ritorno vantaggioso.

Il punto è nel pensiero che la storia umana è soggetta alla sovranità della violenza, regina della storia, come si impara a scuola dai libri di imperi e battaglie e nella storiografia, consona (quasi tutta) ai potenti.

Il punto è nel pensiero teologizzato e assolutizzato che noi nasciamo nel male, nel peccato originale che ci accusa e ci fa peccatori per destino, salvo pagare un prezzo di sangue e di mortificazione ad un dio giudice implacabile. Un tale mostro si fa odiare e non ci aiuta ad amarci.

Il punto è nel pensiero che l’essere umano è violento per natura, e se qualche volta noi cerchiamo ciò che ci sembra bene, non sappiamo né possiamo farlo senza usare del male, sicché la volontà del sommo bene diventa un effetto di sommo male. Questa equazione disperata ci frena in ogni tentativo di bene, e dalla storia come dall’esperienza di vita ricaviamo questa chiassosa orrenda lezione, assai più di quella sottile e mite – e più vera – per cui un po’ di bene toglie molto male.

Voglio dire che la ricerca della pace nonviolenta (che è la pace giusta e non imperiale), cioè della nonviolenza come via alla pace, ha il suo cuore non tanto nella condanna della guerra, non tanto nella lotta alla feroce ingiustizia economica, ma nella coscienza e nel pensiero riflesso che conosce l’essere umano come realizzato nell’ essere-per-gli-altri; quindi in una delle varie antropologie della comunione, dell’uguaglianza di valore, nell’etica universale della “regola d’oro”, nelle religioni in cui Dio è conosciuto umano, fraterno, amico, non imperatore arbitrario, ma compagno nel cammino del bene.

Voglio dire che il lavoro per la nonviolenza come via alla pace giusta è anzitutto cultura, filosofia, spiritualità dell’unità plurale umana. È imparare da tutte le religioni, anche se non ne viviamo alcuna, anche se ne viviamo una, ma senza asservirci a nessuna religione. È insegnare alle religioni organizzate che scomunicarsi tra loro è fare la peggiore delle guerre, e perdere quel tanto di verità che contengono. È fare incontrare le culture umane, le tradizioni, le sapienze che, quando si credono autosufficienti diventano pericolose stoltezze.

Credo che sia questo, la nonviolenza come cultura, come concezione dell’esistenza, il perno di tutto il nostro lavoro.

La nonviolenza tecnica è usata anche dai violenti. La nonviolenza che vogliamo imparare è sapienza di vita buona, di tutti per tutti.

Io vorrei collaborare soprattutto sottolineando e alimentando con contributi raccolti dai dibattiti e autori più seri, questo lato del lavoro: la nonviolenza culturale impegnata a soppiantare nel tempo (anche lungo) la cultura della violenza, la violenza culturale, radicata nelle teste. Poi, i campi di impegno personale e comunitario sono tanti, ma tutto dipende da questo cambio di pensiero, da questa rivoluzione culturale. Non la faremo certo tutta noi, ma chi ci arriverà avrà costruito sui nostri mattoncini. Buon lavoro comune, aiutiamoci e incoraggiamoci.

Enrico Peyretti, 27 febbraio 2016 e 14 marzo 2016

Di Enrico Peyretti

Enrico Peyretti (1935). Ha insegnato nei licei storia e filosofia. Membro del Centro Studi per la pace e la nonviolenza "Sereno Regis" di Torino, del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Università piemontesi, dell'IPRI (Italian Peace Research Institute). Fondatore de il foglio, mensile di “alcuni cristiani torinesi” (www.ilfoglio.info). Collabora a diverse riviste di cultura. Gli ultimi di vari libri (di spiritualità, riflessione politica, storia della pace) sono: Dialoghi con Norberto Bobbio su politica, fede, nonviolenza, (Claudiana, 2011); Il bene della pace. La via della nonviolenza (Cittadella, 2012). (peacelink.it/peyretti)

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