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Quei 64 milioni al giorno di spese militari del Paese che “ripudia la guerra”

DiRedazione

Nov 24, 2016
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Il 23 novembre 2016 il MIL€X Osservatorio sulle spese militari italiane ha presentato presso la sala stampa della Camera dei Deputati  l’anticipazione del Primo rapporto annuale, che verrà pubblicato a gennaio 2017

Questi i punti chiave:
  • Di fronte ad un recente uso “politico” e non preciso dei dati sulla spesa militare italiana nasce la necessità di trasparenza e obiettività sull’argomento
  • Elaborazione nuova metodologia di calcolo in grado fornire quadro preciso ed esaustivo della spesa militare italiana
  • Spese militari italiane 2017: 23,4 miliardi (64 milioni di euro al giorno): +0,7% rispetto al 2016, +2,3% rispetto alle previsioni del DPP 2016
  • Ultimo decennio: aumento spese militari 21% e rapporto spesa/PIL salito da 1,2% a 1,4% (non il dato di 1,1% dichiarato dalla Difesa)
  • Costo personale rimane voce di spesa più onerosa per lenta applicazione Riforma Di Paola (più comandanti che comandati) 
  • Spese armamenti 2017 salgono a 5,6 miliardi (15 milioni al giorno) per aumento contributi MISE (89% degli incentivi alle imprese va a comparto difesa)
  • Spese per ‘aerei blu’ 2017 aumentano del 50% per incidenza costo nuovo A340 Presidenza del Consiglio (23,5 milioni nel 2017)
  • Anteprima notizie su contratti firmati per altri sette F-35, seconda portaerei “Trieste” e nuove fregate “Fremm 2”, nuovi mezzi Esercito per favorire export
MIL€X è un’iniziativa indipendente (lanciata con la collaborazione del Movimento Nonviolento nell’ambito delle attività di Rete Italiana per il Disarmo e finanziata da donazioni private), ispirata a princìpi di neutralità politica e obiettività scientifica. Pur riconoscendo la necessità di mantenere un adeguato livello di prontezza ed efficienza dello strumento militare, è necessaria una maggiore trasparenza e un più attento controllo democratico su questa delicata materia per scongiurare i rischi derivanti da un’eccessiva influenza della lobby militare-industriale, a suo tempo denunciati dal generale e presidente americano Eisenhower.
Il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ha recentemente dichiarato che negli ultimi dieci anni la difesa ha subito un taglio del 27 per cento e che quindi nuove riduzioni sono impensabili ed è anzi il momento di maggiori investimenti. Un quadro molto diverso rispetto a quello che emerge dalle anticipazioni del Primo rapporto annuale MIL€X sulle spese militari italiane.
MIL€X ha elaborato una nuova e accurata metodologia di calcolo delle spese militari italiane, togliendo dal conteggio le spese della Difesa per funzioni non militari (Carabinieri per ordine pubblico e tutela ambientale, considerando solo i Carabinieri in funzione di polizia militare e quelli che partecipano alle missioni militari) e aggiungendo quelle per le privilegiate pensioni del personale militare a risposo pagate dall’INPS, quelle per le missioni militari all’estero a in patria pagate dal Ministero dell’economia e delle finanze e soprattutto quelle dei nuovi armamenti pagati dal Ministero dello sviluppo economico.
Nell’ultimo decennio le spese militari italiane sono cresciute del 21 per cento (del 4,3 per cento in valori reali) salendo dall’1,2 all’1,4 per cento del PIL (non l’1,1 per cento dichiarato dalla Difesa). L’andamento storico evidenzia una netta crescita fino alla recessione del 2009 con i governi Berlusconi III e Prodi II, un calo costante negli anni post-crisi del quarto governo Berlusconi, una nuova forte crescita nel 2013 con il governo Monti, una flessione con Letta e il primo anno del governo Renzi e un nuovo aumento negli ultimi due anni.
L’Italia nel 2017 spenderà per le forze armate almeno 23,4 miliardi di euro (64 milioni al giorno), più di quanto previsto nei documenti programmatici governativi dell’anno scorso. Ancora molto elevati i costi per il personale (per la lentezza con cui procede il riequilibrio interno delle categorie a vantaggio della truppa e a svantaggio di ufficiali previsto dalla riforma Di Paola del 2012). Si registrano forti aumenti per le spese dell’operazione ‘Strade Sicure’ (da 80 a 120 milioni), del trasporto aereo di Stato (per il costo dell’A340 della Presidenza del Consiglio) e soprattutto per l’acquisto di nuovi armamenti (un quarto della spesa militare totale, +10 per cento rispetto al 2016) pagati in maggioranza dal Ministero dello sviluppo economico (che il prossimo anno destinerà al comparto difesa l’86 per cento dei suoi investimenti a sostegno dell’industria italiana).
Si evidenzia la stretta relazione tra questo meccanismo di incentivi pubblici all’industria militare nazionale (oltre 50 miliardi di euro di incentivi MISE ai programmi della Difesa negli ultimi 25 anni su iniziativa di governi di tutti i colori) e l’elevato costo dei programmi di acquisizione armamenti (5,6 miliardi nel 2017, 15 milioni al giorno).
Urgenza e dimensione del procurement militare risultano infatti determinate non da reali esigenze sicurezza nazionale ma da logiche industrial-commerciali (grandi commesse nazionali in funzione della promozione dell’export, come esplicitato nei programmi Centauro 2 e Mangusta 2) che hanno come effetto programmi sproporzionati rispetto alle necessità. Programmi giustificati gonfiando le necessità stesse (come nel caso del numero degli aerei da sostituite con gli F-35 o delle navi da rimpiazzare con le nuove previste dalla Legge Navale) e ricorrendo alla retorica del ‘dual use’ militare-civile (come nel caso della nuova portaerei Trieste presentata come nave umanitaria, e delle fregate FREMM 2 presentate come unità per soccorso profughi e tutela ambientale).

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