Pubblichiamo queste interessanti riflessioni del dott. Stephane Baele, ricercatore dell’Università di Exeter, sull’attuale politica europea nei confronti dei profughi. L’articolo è tradotto in italiano, per “Azione nonviolenta”, da Abir Soleiman
Nel marzo del 1976, il filosofo Michel Foucault descrisse l’avvento di una nuova logica di governo specifica delle società liberali occidentali. La definì “biopolitica”. Gli stati stavano diventando ossessionati dalla salute e dal benessere delle proprie popolazioni.
E sicuramente, mai come 40 anni dopo, gli stati occidentali sono stati così impegnati a promuovere cibo sano, vietare il tabacco, regolamentare gli alcolici, organizzare controlli per il tumore al seno e fornire costantemente informazioni sulla probabilità del rischio di questa o quell’altra malattia.
Foucault non ha mai sostenuto che si trattasse di una tendenza negativa, in fondo salva delle vite umane. Tuttavia aveva messo in guardia dal fatto che prestare così tanta attenzione alla salute e al benessere di una popolazione, avrebbe significato l’esclusione di coloro che non hanno diritto a, anzi sono considerati di mettere a repentaglio, questo piano di massimizzazione della salute.
La biopolitica è dunque la politica del vivi e lascia morire. E più uno stato si concentra sulla propria popolazione, più crea le condizioni affinchè altri muoiano, “esponendo le persone alla morte, aumentando il rischio di morte per alcuni”.
Mai come prima questo paradosso è stato così evidente come nel caso della crisi che ha visto migliaia e migliaia di persone cercare asilo in Europa nel corso degli ultimi anni. E’ impressionante vedere le società europee investire così tanto nella salute domestica e, contemporaneamente, erigere barriere legali e materiali sempre più impermeabili per tenere alla larga i rifugiati, contribuendo attivamente alla perdita di vite umane.
Il conflitto in Medio Oriente è una guerra mortale. La maggior parte delle stime suggeriscono che solo in Syria siano state uccise 300 mila persone.
Il conflitto ci ha fatto vedere i più raccapriccianti metodi che la guerra può produrre, compresa l’uccisione con il gas di diverse migliaia di civili a Damasco nel 2013. Gruppi estremisti come lo Stato Islamico rivelano inimmaginabili livelli di violenza. Hanno sgozzato persone con coltelli o esplosivi, bruciato persone chiuse in gabbie, le hanno crocifisse, lanciate dall’alto di edifici o, pù di recente, le hanno fatte esplodere chiuse in autovetture (sembra che sia stato un bambino a detonare la bomba). Questa violenza è stata esportata in Europa. Alcune delle più grandi città siriane assomigliano alla Stalingrado del 1943.
Inevitabilmente, le persone scappano, esattamente come i belghi lasciarono il proprio paese durante la Prima Guerra Mondiale (250 mila diretti verso il Regno Unito, con arrivi toccarono le 16 mila persone al giorno).
Questa emigrazione è inevitabile semplicemente perché una vita normale è diventata impossibile nella maggior parte del paese e continuerà fino a quando ci saranno persone che vivono in questa regione martoriata dalla guerra. La Giordania, un paese con meno di 10 milioni di abitanti, attualmente ospita più di 1 milione di rifugiati. La Turchia ne ospita almeno 2 milioni.
Resta fuori e stai alla larga.
Colpiti da questo disastro nelle proprie vicinanze, cosa fanno l’UE e gli stati membri? Esattamente quello che Foucault aveva previsto. Fatta eccezione per la Germania, fanno a gara di immaginazione per definire politiche in grado di garantire che i rifugiati non arrivino e mandano chiari segnali per disincentivare questo arrivo.
L’Austria ha fissato unilateralmente delle quote sul numero di richiedenti asilo che verranno accettati al confine su base giornaliera, lasciando così la Grecia in bancarotta a gestire da sola il peso di questo afflusso.
Una settimana prima, il primo ministro francese Manuel Valls aveva annunciato che la Francia e l’Europa “non possono accettare altri rifugiati”. Il suo paese aveva inizialmente acconsentito ad accogliere 30mila rifugiati nell’arco di due anni. Per contestualizzare questo dato in termini di dimensione della popolazione, se la Francia fosse un paesino di 2.200 abitanti, non accetterebbe più di una singola persona in quell’arco di tempo.
Sempre in Francia, le autorità stanno distruggendo parte degli insediamenti nei pressi di Calais dove i migranti (molti dei quali bambini) vivono in condizioni terribili.
In Danimarca, alla polizia è ora concesso di sequestrare ai rifugiati gli oggetti di valore, privandoli di quasi tutto ciò che gli rimane. La Slovacchia vuole accogliere solo rifugiati Siriani-Cristiani, e non più di 200, sostenendo che i musulmani non si “sentirebbero mai a casa” o comunque non verrebbero accettati dalla popolazione locale.
Nel frattempo il Regno Unito è preoccupato di “riguadagnare la sovranità sul proprio confine” (anche se non fa parte dell’area Schengen). Il Belgio ha sospeso la sua partecipazione a Schengen e reintrodotto i controlli al confine.
Gli stati occidentali stanno creando politiche di controllo dei confini sempre più letali e stanno importando tecnologie militari per mettere in piedi sofisticati sistemi di monitoraggio e recinzioni impenetrabili in Grecia, Bulgaria e nelle encalave spagnole in Marocco. Tutto ciò davvero crea le “le condizioni per gli altri di morire”. I siriani vengono lasciati in Siria a lottare o a intraprendere viaggi molto rischiosi verso posti sicuri, ma totalmente sigillati.
Vengono messe insieme giustificazioni più o meno articolate per questa politica, ma tutte possono essere facilmente confutate sul piano razionale e morale. L’unico ragionamento che rimane è quello di Foucault. Per spiegare perché una società così ossessionata con la salute sia capace (più o meno indirettamente) di uccidere persone che potrebbero in verità contribuire a questa sua salute, Foucault (ndr) usa una parola forte: il razzismo, nella sua accezione più ampia.
L’affermazione di Foucault, confermata successivamente da migliaia di esperimenti di psicologia sociale, sostiene le persone ritengono che le politiche estreme siano normali e perfino morali, se percepiscono coloro che muiono come diversi, non come membri del proprio gruppo.
Questo spiega perché il Regno Unito ha accolto 250 mila belghi con tè e biscotti tra il 1914 e il 1916, mentre oggi contribuisce, in un modo o nell’altro, insieme alla maggior parte dei paesi dell’UE, alla morte di migliaia di esseri umani appena scampati da una guerra portata avanti da regimi dittatoriali e dai più violenti (quantitativamente e forse anche qualitativamente) gruppi terroristici di tutti i tempi. Quel che è rimasto della moralità tra gli stati europei, sta evaporando.
Stephane Baele