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No alle armi italiane all’Arabia saudita. Si alla riconversione dell’industria bellica

DiRedazione

Giu 21, 2017

L’appello ai parlamentari italiani presentato oggi alla Camera da Reti e associazioni della pace, dei diritti umani e dell’intervento umanitario. 

Le bombe italiane fanno stragi di civili in Yemen, alimentando uno dei conflitti più drammatici e gravi al mondo

Presentata oggi a Roma, in una partecipata conferenza stampa alla Camera dei Deputati, la proposta di Mozione parlamentare predisposta da alcune organizzazioni e reti della società civile italiana a riguardo del conflitto in Yemen.

”Si fermino le forniture militari verso Arabia Saudita e propri alleati” è il punto principale della proposta, lanciata da Amnesty International Sezione Italiana, Fondazione Finanza Etica, Movimento dei Focolari in Italia, Oxfam Italia, Rete Italiana per il Disarmo, Rete per la Pace. Il testo di mozione riprende e rilancia quello della Risoluzione votata dal Parlamento Europeo (a febbraio 2016 e a metà giugno 2017) che per ben due volte ha richiesto di “avviare un’iniziativa finalizzata all’imposizione da parte dell’UE di un embargo sulle armi nei confronti dell’Arabia Saudita, tenuto conto delle gravi accuse di violazione del diritto umanitario internazionale da parte di tale paese nello Yemen”.

Nel corso della conferenza stampa sono stati richiamati da Archivio Disarmo i dati delle forniture militari italiane verso Arabia Saudita e Medio Oriente, mentre Amnesty International Italia, Ofxam Italia e Medici Senza Frontiere hanno evidenziato le drammatiche situazioni umanitarie e di violazione dei diritti umani in Yemen, in particolare ricordando gli attacchi subiti dagli ospedali in questi due anni di guerra e la situazione socio-sanitaria completamente degenerata (da cui è derivata l’attuale epidemia di colera).

Dopo aver illustrato il contenuto dell’Appello ai parlamentari, e i dati riportati anche nel testo di Mozione, si è dato spazio al “Comitato Riconversione RWM per la pace, il lavoro sostenibile, la riconversione dell’industria bellica, il disarmo” composto da oltre 20 organizzazioni della Sardegna che ha riportato all’attenzione nazionale le azioni locali per la riconversione produttiva dell’industria bellica nel Sulcis Iglesiente. Iniziativa derivata proprio come azione territoriale di reazione alla produzione e vendita di ordigni della RWM Italia verso l’Arabia Saudita.

Hanno poi portato sostegno alle iniziative in programma i rappresentanti di Fondazione Finanza Etica, Rete della Pace, Movimento dei Focolari in Italia, Rete Italiana per il Disarmo.

Nel corso dell’incontro si è infine ricordato che secondo il “Rapporto finale del gruppo di esperti sullo Yemen” inviato lo scorso 27 gennaio 2017 al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, dichiara che «Il conflitto ha visto diffuse violazioni del diritto umanitario internazionale da tutte le parti in conflitto. Il gruppo di esperti ha condotto indagini dettagliate su questi fatti ed ha motivi sufficienti per affermare che la coalizione guidata dall’Arabia Saudita non ha rispettato il diritto umanitario internazionale in almeno 10 attacchi aerei diretti su abitazioni, mercati, fabbriche e su un ospedale». Da qui la richiesta di compiere azioni che riportino al centro i principi e le prescrizionidella normativa italiana (legge 185/90) e del Trattato sul Commercio delle Armi ratificato dall’Italia nel luglio 2014:

  • Bloccare l’esportazione di armi all’Arabia Saudita e a tutti Paesi coinvolti nel conflitto armato in Yemen

  • Attivare e finanziare il fondo per la riconversione previsto nella stessa legge 185/90 contemporaneamente ad una discussione pubblica sull’impatto del complesso militare-industriale

Alcune dichiarazioni dei referenti delle organizzazioni promotrici dell’Appello ai parlamentari

”La situazione oggi in Yemen è più che drammatica: un conflitto sporco che va avanti da più di due anni e di cui conosciamo poco forse anche perché pochi saranno i profughi che verranno in Italia da quelle zone. E così il disinteresse è generale! Una situazione che deve finire, per salvaguardare i diritti umani della popolazione yemenita”

Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International

”Oxfam è presente in Yemen da 34 anni e il principale intervento anche oggi riguarda la fornitura di acqua e servizi igienici di base; occorre ricordare che oggi circa il 60% dalla popolazione in Yemen ha difficoltà nel reperire il cibo quotidiano, con 4,5 milioni che soffrono di malnutrizione (di questi circa 2 milioni sono bambini). Ci sono 3 milioni di sfollati, di cui non si parla. La comunità internazionale deve farsi carico di questa drammatica situazione”

Paolo Pezzati, Oxfam Italia

In un territorio difficile, con tassi di disoccupazione altissima, abbiamo creato un Comitato formato da oltre 20 organizzazioni, perché vogliamo uno sviluppo sano, sostenibile, pacifico e non sfruttato o succube di logiche di guerra. Dal nostro lavoro non deve derivare morte e distruzione, in particolare di civili e bambini. Vogliamo poter costruire un lavoro che produce futuro e che si possa raccontare ai propri figli… Basato sulla pace. Chiediamo alle istituzioni di rovesciare la situazione che si è creata: nel 2001 una fabbrica esplosivi ad uso civile è stata convertita con soldi pubblici al militare. Perché non si può fare il percorso inverso?”

Arnaldo Scarpa, Comitato Riconversione RWM per la pace, il lavoro sostenibile, la riconversione dell’industria bellica, il disarmo)

La storia di Domusnovas ha una potente valenza simbolica che non può essere ignorata; oggi la politica nazionale ed internazionale si riempie la bocca con lo “sviluppo sostenibile” mentre nella realtà si favorisce la produzione di armi. Il nostro ruolo e apporto sarà quello di creare le condizioni di pressione sull’azienda tramite l’azionariato critico per un cambio di rotta. Riconvertire le aziende a produzione militare è possibile”.

Nicoletta Dentico, vicepresidente Fondazione Finanza Etica

Secondo i dati del SIPRI, l’Arabia Saudita, nel quinquennio 2012-2016, è il secondo paese importatore di maggiori sistemi d’arma al mondo, conquistando l’8,2% del mercato globale. È stato inoltre accertato, per ammissione della stessa coalizione, l’impiego delle bombe a grappolo, bandite a livello internazionale dal 1 agosto del 2010, dopo la firma della Convenzione internazionale sulle bombe a grappolo. Dall’Italia invece sono partite bombe della classe MK e nel 2016 se ne ipotizza ragionevolmente un export di circa 20.000 tra bombe e parti di quest’ultime per un valore di svariate centinaia di milioni di euro.

Maurizio Simoncelli, vicepresidente di Archivio Disarmo e Rete Italiana per il Disarmo

Dobbiamo fare sinergia su questi temi, e portare avanti insieme questo lavoro e questo percorso. Perché le istituzioni non rispondono? Come mai non bastano gli appelli di Papa Francesco? Quante volte deve parlare il papa? Dobbiamo essere accanto a chi lotta per la riconversione e dobbiamo stare a loro fianco”

Alfredo Scognamiglio, Movimento dei Focolari in Italia

E’ importante questo lavoro congiunto, ed è rilevante che una grande fetta della società civile italiana si stia impegnando visibilmente e con forza sul tema del conflitto in Yemen e delle responsabilità dell’Italia. Occorre tenere insieme tutto il quadro, in particolare partendo da atti di trasparenza fondamentali. E’ inaccettabile che la vendita di armi sia un fiore all’occhiello che il Governo sta sbandierando da troppo tempo”.

Vittorio Cogliati Dezza, Rete della Pace

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