Primissimo pomeriggio, sole rovente. Sto tornando al lavoro.
In fondo al marciapiede, davanti al tabaccaio, noto una ragazza.
Guardando fisso davanti a me, come ormai facciamo tutti, continuo la mia strada.
Quando la incrocio, lei fa un gesto per fermarmi.
“Scusi…” mi dice.
È giovane, e ha dei begli occhi marrone, dietro gli occhiali alla Harry Potter.
Il problema è che vorrebbe comprarsi le sigarette al distributore automatico, ma non ha con sé la tessera sanitaria.
Parla un po’ a raffica: contemporaneamente si scusa, mi dice che la tessera sanitaria è rimasta a casa del suo ragazzo, mi mostra la patente per certificare che è maggiorenne, mi dice che sono gentilissimo.
Inserisco la mia tessera sanitaria e lei può comprare le sigarette.
Ci salutiamo.
Me ne vado arrabbiato, perché ho avuto paura.
Perché negli angoli remoti del mio cervello ho temuto che lei preparasse chissà quali truffe, raggiri e rapine.
Perché essere fermati per strada da uno sconosciuto è un gesto impensabile.
Perché questa fottuta idea del “nemico” ha fatto un altro passo avanti.
Arrabbiato e deluso di me stesso.