Il 2016 è un anno importante per la storia dell’obiezione di coscienza, cade infatti il centenario della legge inglese che ha permesso a tanti di dire no alla guerra ma sì alla pace.
Si è quindi scelto di cogliere questa occasione dandosi appuntamento a Londra per l’Assemblea Generale del Beoc (Bureau Europeo per l’obiezione di coscienza) alla vigilia della giornata internazionale per l’obiezione di coscienza (15 maggio).
Così facendo – oltre a decidere i prossimi obiettivi e politiche del Beoc – si è rinvigorito il dialogo con l’associazionismo inglese che si occupa di queste tematiche attraverso la presenza e la testimonianza di membri della WRI (War Resisters’ International) e di PPU (Peace Pledge Union).
Da parte mia l’obiettivo era di portare personalmente la notizia della scomparsa di Pietro Pinna, il quale era piuttosto noto tra gli attivisti internazionali delle generazioni passate e non può non essere un esempio per quelle che verranno.
Ho quindi detto due (emozionate) parole sulla sua persona, in occasione di un incontro informale tenutosi il sabato sera alla Friends House (luogo di accoglienza ed incontro dei quaccheri). In breve ho riportato del suo impegno come membro fondatore del Movimento Nonviolento e del fatto che, pur non essendo il primo obiettore di coscienza italiano in senso cronologico, è stato il primo a trasformare la sua scelta personale in una battaglia politica che è culminata con la legge italiana del 1972. Inoltre, per ribadire l’eco che ha avuto il suo esempio, ho ripreso alcune parole dette da Mao Valpiana nell’orazione funebre: “tanti giovani trovavano in te finalmente qualche parola di verità, e avvertivano la coerenza tra il tuo dire e il tuo fare”.
Il giorno seguente ci siamo ritrovati in un nutrito gruppetto presso la pietra dell’obiezione di coscienza nel parco di Tavistock square per ricordare gli obiettori di coscienza di ogni guerra.
La celebrazione ha previsto delle testimonianze storiche (come quella di Jill Gibbon che ha parlato del proprio nonno obiettore) intervallate da momenti musicali con il coro che ha cantato canzoni di Sue Gilmurray di lotta antimilitarista (We are for peace e The ones who said No si possono ascoltare cliccando qui). Si è poi riportata l’attenzione al presente con le parole di Hannah Brock (WRI) e di Alexia Tsouni (Associazione greca per gli obiettori di coscienza) legate al fatto che in alcune parti del mondo non solo si sta pensando reintrodurre o si è reintrodotta la coscrizione obbligatoria (vedi per esempio in Ucraina) ma se ne sta facendo bandiera di equità di genere, dando anche alle donne la possibilità di diventare soldato.
Questo perché ci troviamo di fronte al paradosso di un’Europa che a Londra festeggia il centenario della propria legge per l’obiezione di coscienza mentre in altre città si discute ancora se il rifiuto ad uccidere è un diritto umano che discende dalla propria libertà di coscienza oppure un reato di disobbedienza nei confronti della Patria.
L’incontro presso la pietra dell’obiezione di coscienza è terminato con la lettura dell’elenco degli obiettori di coscienza – ognuno rappresentato da un garofano bianco con il suo nome e nazionalità – macchiando così la pietra grigia di tanti pois bianchi.
Per l’Italia c’era un unico fiore e riportava il nome del nostro caro Pietro.