Mi piace andare a bassa velocità, apprezzando questi istanti di tranquilla felicità. Poi vedo in lontananza il semaforo: è verde e allora accelero, per prenderlo mentre non si è ancora trasformato in giallo. Supero i cinquanta all’ora, non guarda più il cielo, non mi curo della magia del momento. Supero l’incrocio e in lontananza vedo un altro semaforo. Anche quello è verde. Accelero ulteriormente per passare. Se non ci fossero stati i semafori, avrei continuato a viaggiare beatamente piano; invece la loro presenza mi ha portato a infrangere le leggi della circolazione stradale. Dunque la colpa è data dalla presenza del semaforo. Senza di esso, avrei continuato a guidare piano. E allora… aboliamo i semafori!
La proposta è provocatoria, ma esistono esperienze in cui questa idea già è attuata. Benares ad esempio è una città grossa più o meno come Milano, in cui non esistono semafori. La circolazione avviene a una velocità più bassa di quella dei nostri larghi viali cittadini e gli abitanti di quella città si risparmiano le attese noiose ai semafori rossi. Nel periodo in cui ho vissuto là non ho mai visto un incidente, mai incontrato due automobilisti che litigavano e soprattutto non ho mai veduto un ingorgo! Ciò significa che qualche regola di precedenza esiste, non scritta e non dichiarata, ma vissuta. Una regola che gli automobilisti si sono dati da soli.
I taosti sostengono che creando tante norme si finisce per dare l’occasione di infrangerle. Senza regole, il mondo procede ugualmente e a nessuno viene in mente di andare contro la legge. Un detto afferma che gli Stati più corrotti sono quelli in cui abbondano le leggi. Si rendono più stringenti le regole e di conseguenza si creano più ampi margini per l’illegalità; ad esempio il proibizionismo è una manna per le organizzazioni criminali. “Viene promulgata una moltitudine di leggi e decreti e ladri e banditi sono sempre più numerosi” (Tao te ching).
Non si tratta di scadere nel semplicismo ridicolo di George W. Bush che proponeva di tagliare gli alberi per evitare che le foreste prendessero fuoco (che, mutati mutandis, è come tagliarsi l’uccello per evitare di prendere l’A.I.D.S.). Ma effettivamente una pletora di regole ha l’effetto di stimolare la fantasia al fine di contravvenirle. “Fatta la legge, trovato l’inganno”, dice il proverbio. In Italia esistono centinaia di migliaia di leggi. Troppe. Ogni giorno ne contravveniamo qualcuna, senza saperlo. Ad esempio se lasci la tua automobile parcheggiata senza averla chiusa a chiave puoi essere sanzionato. Per una legislatura bisognerebbe proibire al parlamento di legiferare e deputati e senatori dovrebbero occuparsi soltanto di limitare il numero di leggi, abrogandole o unificandole. Cioè il parlamento dovrebbe discutere non per approvare nuove leggi ma per eliminare gran parte di quelle esistenti. Tutto ciò porterebbe a un’utile semplificazione. Che non bisogna tentare di raggiungere creando, come si è fatto, il ministero per la semplificazione, perché è come creare un ente con il compito di eliminare gli enti. Una contraddizione in termini. Un ossimoro concettuale.
Quindi stiamo attenti a non diventare come quel tranquillo impiegato che si avvia al lavoro in moto in una tiepida mattina e intanto pensa: “Lo so che esiste la fame nel mondo e il pericolo di una guerra termonucleare totale, ma il mio obiettivo è prendere verde il prossimo semaforo!”
Sergio Albesano
condivido!!