Ci saranno ragazzi degli istituti superiori, il 10 maggio, a “Europa per la pace. Convegno e dibattito sull’attuale crisi internazionale e sul ruolo dell’Unione Europea”. Sarà interessante ascoltarli e parlare con loro.
Io ho un quarto d’ora a disposizione per una presentazione, come Movimento Nonviolento e Rete per la Pace Ferrara, che si riconosce nella Rete Italiana Pace e Disarmo. Certo inviterò a seguirne attività e proposte.
“Si parla e si scrive molto di guerre, di eccidi e di violenze. È il racconto del sangue versato. Ma non saremmo qui se qualcuno non avesse lavorato per risparmiare il sangue” ci ricorda Anna Bravo, un’amica, cara e scomparsa. Il nostro modesto impegno è in questa direzione. Perciò insistiamo per una tregua immediata e per l’asilo a chi alla guerra si sottrae, obiettando e disertando, che sia ucraino, russo o bielorusso, per restare al quadro europeo. Perciò agevoliamo con tutto il nostro impegno il colloquio dei pacifisti ucraini, russi e bielorussi, tra loro e con i pacifisti degli altri paesi europei. Manteniamo un dialogo che si è interrotto per essere sostituito dal massacro.
L’Unione Europea non fa abbastanza. L’esperienza della dissoluzione della Jugoslavia, con gli orrori e gli eccidi che l’hanno accompagnata, non ha portato a una coerente azione di pace. Proprio con riferimento a quegli avvenimenti Alex Langer propone un Corpo civile di pace europeo. Il Parlamento l’approva nel maggio del ’95, lo ribadisce con una risoluzione del 2001. Positivi studi di fattibilità sono compiuti dal Parlamento e dalla Commissione, 2004 e 2005. Nel marzo del 2021 nasce lo Strumento di pace europeo – così indicato nella traduzione italiana – per preservare la pace, prevenire i conflitti e rafforzare la sicurezza internazionale. È l’EPF (European Peace Facility) che il 2 dicembre 2021 equipaggia le forze armate ucraine e il 28 febbraio 2022, a ostilità avviate, fornisce “attrezzature e piattaforme militari destinate a fornire forza letale”. Forse, come è stato detto, potrebbe chiamarsi più appropriatamente EWF (European War Facility). Niente a che vedere con il dimenticato Corpo civile, prezioso per prevenire i conflitti, quando ancora non letali, per ridurne la brutalità a ostilità avviate, ristabilire i rapporti tra le parti e costruire la pace quando la guerra cessa. L’Unione Europea ha il dovere di dotarsi di questo strumento, certo utile anche se non infallibile. Dice Langer: “Un fallimento di un’azione di pace lascia però – credo di poter affermare – meno macerie di un riuscito intervento militare”. Credo abbia ragione.
L’Unione Europea, che pure ha meriti da riconoscere, non riesce a diventare l’Europa, democratica e federata, prefigurata dal Manifesto di Ventotene. Il Manifesto ha giusto la mia età, ma gli anni li porta meglio. Alle ragazze e ai i ragazzi consiglio di leggerlo. Ci troveranno che “Un’Europa libera e unita è premessa necessaria del potenziamento della civiltà moderna, di cui l’era totalitaria rappresenta un arresto”. Ci troveranno una critica precisa dello stato nazionale e della democrazia: “Lo stato, da tutelatore della libertà dei cittadini, si è trasformato in padrone di sudditi, tenuti a servirlo con tutte le facoltà per rendere massima l’efficienza bellica. Anche nei periodi di pace, considerati come soste per la preparazione alle inevitabili guerre successive, la volontà dei ceti militari predomina”. Troveranno la previsione, che si è avverata, della minaccia alla pace costituita dalla pretesa sovranità degli stati nazionali, promotori di guerre. “Nel grave momento sapranno presentarsi ben camuffati. Si proclameranno amanti della pace, della libertà, del benessere generale delle classi più povere. Già nel passato abbiamo visto come si siano insinuati dentro i movimenti popolari, e li abbiano paralizzati, deviati, convertiti nel preciso contrario”. Insomma “Il problema che in primo luogo va risolto e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell’Europa in stati nazionali sovrani”.
Se l’Unione non riesce a fare questo passo verso la Federazione, nessun ruolo positivo può svolgere, né ancor meno lo possono i singoli paesi impegnati nel riarmo e non nel disarmo. Sono fiduciosi che l’ombrello della Nato li protegga dalle intemperie e che manico e stecche metalliche non attirino piuttosto i fulmini.
È una possibilità anche questa. Ernesto Rossi, uno degli autori di “Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto”, questo il titolo esatto, l’ha, con spirito caustico, ipotizzata. A Max Ascoli il 5 novembre 1948 scrive: “Io intendo lavorare per la convocazione di una costituente europea che abbia il potere di presentare ai popoli dei paesi democratici europei il progetto di una vera costituzione federale. Non voglio divenire lo strumento inconsapevole della politica nazionale di uno stato straniero, né permettere ai miei governanti di involtare nel nostro programma federalista alleanze militari o altri accordi fra stati assolutamente sovrani per frodare il dazio della critica pubblica, né preparare dei nuovi slogan da utilizzare nella prossima ‘guerra democratica’ mondiale per buggerare i popoli”. È lo stesso Rossi che alla prima marcia della pace, Settembre 1961, parla “nella qualità di uomo che ha fatto l’esperienza della prima guerra mondiale e che ha perso il suo fratello maggiore e i suoi migliori amici”. Non dice della grave ferita che lui stesso ha riportato. “Ho combattuto come volontario nella prima guerra mondiale perché volevo contribuire ad abbattere il militarismo tedesco. Riconosco che questa è stata una mia illusione, che non si può, come è stato giustamente detto qui, combattere l’odio con l’odio”.
Antonella Braga presenta un’antologia di scritti di Ernesto Rossi con il titolo “Abolire la guerra. Idee e proposte su guerra, pace, federalismo e unità europea”. Li trovo più attuali e propositivi di molta geopolitica. Mentre scrive con Spinelli e Colorni il Manifesto –è il caso di ricordare il contributo che a quel testo hanno dato pure le mogli, Ada Rossi e Ursula Hirschmann – Ernesto Rossi scrive pure “Abolire la miseria”, proponimento che resta attuale, come l’abolizione della guerra. Per entrambi non vedo alcun serio impegno della “politica”.