• 18 Dicembre 2024 15:53

Adolescenti e non soldati

DiMartina Lucia Lanza

Mag 25, 2018

Comunicato stampa di Child Soldiers International di lancio del rapporto Why 18 matters

L’Ong con sede a Londra ha lanciato oggi il suo ultimo rapporto Why 18 matters (Perchè 18 conta), il quale ha come focus il reclutamento di adolescenti di 16 e 17 anni da parte dei membri del G7 e altri Paesi economicamente sviluppati.

Qui la traduzione del comunicato stampa di lancio del Rapporto.

Perché 18 conta: gli eserciti di Regno Unito, USA e NATO violerebbero il diritto internazionale nel trattamento delle reclute minorenni 

Gli abusi fisici, psicologici e sessuali sono endemici

Le disposizioni per il consenso legalmente inadeguate

Le pratiche di reclutamento e addestramento sfruttano i giovani

Londra, 25 maggio 2018 – I giovani che prendono in considerazione la carriera militare vanno incontro a disinformazione, inadeguate disposizioni per il consenso, costanti maltrattamenti durante l’addestramento e ad un inaccettabile rischio di problematiche di salute mentale come risultato dell’avervi preso parte troppo presto. Questo è quanto emerge dal rapporto sull’arruolamento di teenagers, reso pubblico oggi da Child Soldiers International.

Perché 18 conta esamina le pratiche di reclutamento ed addestramento di Paesi economicamente sviluppati, attingendo a più di 200 risorse ufficiali ed accademiche ed alle testimonianze delle reclute stesse. Esso dimostra come alcuni dei Paesi più sviluppati sfruttino le vulnerabilità sociali, economiche e psicologiche di giovani svantaggiati al fine di rispondere agli stardards di reclutamento. Facendo ciò, gli autori sostengono che questi stati potrebbero essere in violazione dei loro obblighi di diritto internazionale.

Il report chiarisce che il diritto internazionale permette alle forze armate statali di reclutare/ingaggiare ed addestrare, ma non impiegare i minori di 16 o 17 anni, provvedendo che il loro miglior interesse sia sempre salvaguardato. Il testo mostra comunque che i candidati ed i loro genitori sono inadeguatamente informati sui rischi ed obblighi che la carriera militare comporta. La natura coercitiva dell’addestramento militare viola le salvaguardie minime previste dalla Convenzione ONU sui diritti del bambino ed il relativo Protocollo internazionale sul coinvolgimento dei minori nei conflitti armati. Facendo riferimento alle ricerche nelle neuroscienze che registrano gli effetti dello stress sul cervello in un adolescente, il report sostiene che la coercitività e la natura spesso violenta dell’ambiente militare espongono a rischi multipli i giovani in fase adolescenziale.

Da molti anni a questa parte, diverse campagne hanno messo in dubbio l’eticità del reclutamento di minori da parte di Regno Unito, Stati Uniti, Germani ed altri stati; ma per la prima volta il fondamento legale di questa pratica è messo in discussione.

Il report sostiene che è pratica diffusa da parte delle Forze Armate dei paesi sviluppati puntare sull’arruolamento sugli adolescenti provenienti da contesti socio-economici deprivati. Il report cita ricerche militari ufficiali di Canada, Francia, Regno Unito e Stati Uniti, le quali hanno rilevato che le reclute più giovani sono maggiormente a rischio di abusi sessuali nel contesto militare; ma sottolinea anche la conduzione di traumatizzanti investigazioni per i presunti casi di stupro e violenza sessuale di reclute minorenni in Australia e Germania. Le testimonianze di queste ultime in Regno Unito, Paesi Bassi e altrove riportano che abusi fisici e psicologici sono la norma nell’addestramento militare.

Inoltre, il report esamina recenti sviluppi delle neuroscienze che rivelano la sensibilità del cervello in fase adolescenziale al marketing emozionale, il quale è largamente impiegato dalle Forze Armate. La ricerca mostra anche che un ambiente stressante in modo cronico, come è stato rilevato essere l’addestramento militare, può impedire lo sviluppo psicologico ed innalzare fortemente il rischio di problematiche di salute mentale sul lungo periodo. Questa combinazione, sostengono gli autori, pone gli adolescenti come target principale per i reclutatori militari ma anche innalza il rischio di danni psicologici duraturi.

Tra le altre questioni affrontate, vi sono:

– Il targeting di minori appartenenti a minoranze etniche in Australia, Nuova Zelanda, Canada e Stati Uniti. In Nuova Zelanda, il 30% delle reclute militari afferisce alla minoranza Maori, il doppio del peso che ha sulla popolazione generale.

– L’inadeguata protezione delle reclute minorenni all’esposizione alle ostilità, il quale è un obbligo legale degli Stati. Le politiche nazionali di Regno Unito, Nuova Zelanda ed Australia mettono in secondo piano la necessità di tenere le reclute minorenni fuori dal conflitto al bisogno di mantenere “l’operatività effettiva”.

– L’aumento dei tassi di suicidio e di tentato suicidio tra le reclute più giovani in comparazione con i loro pari civili od i soldati adulti in Australia, Canada, Regno Unito e Stati Uniti. Il tasso di suicidio dei veterani australiani minori di 24 anni è il doppio di quello dei loro coetanei civili.

– Un aumento del rischio di comportamento violento tra le giovani reclute in Canada, Germania, Regno Unito e Stati Uniti.

“In molti paesi il sentimento popolare dell’esercito come un’istituzione benevolente che “salva” i giovani vulnerabili e svantaggiati da un futuro incerto rimane pervasivo. Questo report vuole decostruire questo mito” ha detto Rachel Taylor, direttore della programmazione di Child Soldiers International. “La ricerca mostra chiaramente che la vita militare è universalmente e profondamente inadatta agli adolescenti.

“Per molto tempo, gli stati hanno dato per scontato che non impiegando costantemente reclute minorenni nelle ostilità, li assolvesse dai loro obblighi di diritto internazionale. Ma non è così. Gli Stati hanno responsabilità ben maggiori nei confronti dei bambini, incluso l’obbligo di non compromettere il loro miglior interesse in ogni circostanza, proteggerli da danni fisici e psicologici, ed assicurare standards di salute i più elevati possibile. Il reclutare minori nell’esercito è fondamentalmente incompatibile con tutto ciò.”

Justice Renate Winter, presidente del Comitato ONU sui diritti del bambino, ha affermato che “Perché gli stati sono ancora interessati a reclutare bambini, anche se non sono in guerra, come un bisogno pressante? Forse perché in questo modo le statistiche sulla disoccupazione giovanile migliorano?

“Invece di trovare l’ambiente affascinante ed eroico che è stato loro descritto dalle campagne di reclutamento, spesso trovano condizioni difficili, bullismo ed umiliazioni usati come mezzo di controllo, restrizioni della libertà di movimento, ed ancora più importante limitazioni della libertà di pensiero ed espressione. C’è qualcuno che davvero crede che la scuola militare sia il luogo per il dialogo e lo sviluppo individuale? Non è piuttosto il luogo per imparare soprattutto ad obbedire come riflesso spontaneo?”

Reem Abu-Hayyehresponsabile per l’ambito pace e sicurezza dell’organizzazione per la salute pubblica Medact, ha riferito: “Le prove dimostrano che le reclute militari più giovani – con più facilità rispetto alle loro controparti adulte e dei loro coetanei civili – svilupperanno disturbi mentali quali stress post-traumatico e ansia, e sono esposti a più elevati livelli di autolesionismo e suicidio.

“L’adolescenza è stata descritta come  “una finestra di vulnerabilità” a cause dei cambiamenti in corso nel cervello; e gli adolescenti sono più esposti a danni a lungo termine come esito di stress acuto ed esperienze traumatiche.”

Note redazionali

– Perché 18 conta riunisce per la prima volta assieme ricerche su oltre una dozzina di paesi economicamente sviluppati, analizzando come e perché le loro Forze Armate reclutino persone sotto i 18 anni di età, l’impatto che questo ha su di esse e in che modo questo possa essere una violazione degli obblighi internazionali

– In un normale periodo di 12 mesi più di 20.000 ragazzi tra i 16 e 17 anni sono reclutati negli eserciti delle nazioni del G7. Italia e Giappone sono gli unici paesi del G7 che non reclutano al di sotto dei 18 anni.

– In termini assoluti, gli Stati Uniti reclutano la maggior parte dei minori di 18 anni – 16.188 ragazzi di 17 anni sono stati arruolati nel 2015 (il 7% del totale dei reclutati, anno più recente per il quale i dati sono disponibili). In percentuale, il Regno Unito recluta il numero più alto di bambini – 20% delle reclute del Regno Unito avevano meno di 18 anni nel 2016 (2.410 reclute). Mentre, per il 2017, il 9% delle reclute tedesche ammesse era sotto i 17 anni di età.

– In tutto il mondo, sono 46 i paesi che a tutt’oggi reclutano minori di 18 anni delle loro Forze Armate e 17 di questi anche bambini di 16 anni. Il Regno Unito è l’unico paese europeo che arruola a 16 anni.

– La Convenzione ONU sui diritti del bambino ed il relativo Protocollo opzionale sul coinvolgimento dei minori nei conflitti armati consentono agli stati di reclutare al di sotto dei 18 anni di età, ma solo nel caso in cui specifici criteri vengono rispettati. Questi includono i seguenti requisiti:

  • Assicurarsi che le reclute ed i loro genitori diano un consenso pienamente informato, genuino e volontario all’arruolamento;
  • Il miglior interesse del bambino sia la priorità in ogni circostanza;
  • Il diritto del bambino ad essere protetto da violenza ed abuso, incluse le punizioni corporali ed i trattamenti degradanti, sia attuato.

Per necessità da parte dei media e richieste di interviste, scrivere cortesemente a Chris Matthews cmatthews@child-soldiers.org   

fine comunicato stampa, testo originale qui

Di Martina Lucia Lanza

Esperta in diritto internazionale dei diritti umani. Rappresentante del Movimento nonviolento presso l’European Bureau for Conscientious Objection (Ebco) e board member di quest'ultimo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.