Deve aver fatto così il candidato Premier in pectore del Movimento Cinque Stelle, Luigi Di Maio, detto Giggino, comunicando al mondo la sua disponibilità e utilizzando il Gandhi-pensiero per rafforzare il tutto. Peccato che la citazione sia farlocca.
Basta una superficiale conoscenza del pensiero del Mahatma, per capire che non può aver parlato di “vittoria” personale, essendo tutta la sua vita e la sua tensione orientata alla ricerca della Verità (per lui sinonimo di Dio), e non della vittoria politica, tanto meno di una vittoria umana su altri umani.
Quella che interessava a Gandhi poteva essere solo la vittoria della giustizia, della libertà, della Verità. E per raggiungerla sapeva di dover passare attraverso il sacrificio di sè.
E infatti la citazione corretta ci viene proprio da Aldo Capitini, il fondatore del Movimento Nonviolento, colui che ha portato la nonviolenza gandhiana in Italia, che nel libro Le tecniche della Nonviolenza, Ed. Feltrinelli, pag 165, così racconta:
Dice Gandhi: “Una campagna nonviolenta provoca cinque reazioni: l’indifferenza, il ridicolo, l’insulto, la repressione, il rispetto. Per arrivare al quinto punto talvolta ci vuole molto tempo. Non si deve tendere alla “sconfitta” dell’avversario, ma ad una trasformazione dei rapporti tra le parti interessate, una vittoria della giustizia”.
C’è una bella differenza tra l’idea riferita ad una vittoria politica di un partito su altri partiti, e il concetto di rispetto reciproco tra avversari.
La stessa differenza che c’è tra tra una cattiva politica e una buona nonviolenza.
Mao Valpiana
vigna di Mauro Biani