• 4 Luglio 2024 20:26

Alberto Melandri, la dolcezza e la forza dell’indignazione

DiElena Buccoliero

Set 25, 2019

Tra le vittime di prevaricazioni spiccano i ragazzi e le ragazze che si discostano dalla media per un qualsiasi motivo. Lo spunto può essere l’aspetto fisico, il linguaggio, la capacità economica, e naturalmente nazionalità, colore della pelle… ed anche la prestanza, fino alla disabilità.

Esempi di violenze ripetute o soltanto episodiche verso persone più fragili fisicamente ce ne sono tanti, esistono forse da sempre e la cronaca ne ha parlato anche nelle ultime settimane. La storia che sto per ricordare però ha una quindicina d’anni. Alberto Melandri, l’insegnante ferrarese di cui ci ha parlato Daniele Lugli lunedì scorso, vi compare sotto il nome di Alberto Migliari. È stato lui stesso a raccontarmela, con la consueta generosità, mentre raccoglievo materiale per il primo libro sul bullismo cui ho lavorato insieme a Marco Maggi.

Avuto notizia di una studentessa disabile vessata quotidianamente da un gruppetto di compagne, il professor Migliari interviene entrando in relazione diretta con le ragazze leader. Sono convinta che le sue parole vibranti siano state efficaci più della sospensione, che pure c’è stata ed era probabilmente necessaria per sancire collettivamente la negatività del comportamento. Ma senza le sue parole che hanno interpellato le ragazze nel profondo non ci sarebbe stato quel pianto, quel senso di colpa così fertile se non annichilisce ma, anzi, aiuta chi ha sbagliato a comprendere l’errore e a rimediarlo, subito e nel futuro.

Il racconto è tratto da “Bullismo, bullismi”, un manuale per insegnanti e educatori delle scuole medie e superiori uscito nel 2005 per l’editore FrancoAngeli e ancora in commercio nonostante il tempo trascorso.

Arianna e le altre: lo scopino del bagno

Al suo arrivo in I F presso il Liceo Pedagogico “L. Einaudi” le compagne l’avevano accolta molto bene. Francesca: una ragazza spastica con difficoltà di relazione piuttosto marcate e un’ingenuità sconfinata.

Inizialmente la classe – tutta femminile – si era dimostrata solidale, disponibile. Col passare del tempo però solo alcune ragazze avevano mantenuto questa attenzione. Giunti al terzo anno si riconosceva un’area grigia dove era subentrata una progressiva indifferenza, un atteggiamento che a volte sconfinava nell’ostilità aperta: “Non è giusto, siamo costrette a perdere tempo per dare retta a lei!”, “Non possiamo andare in gita dove ci pare perché Francesca ha difficoltà di movimento!” ed altre affermazioni di questo tipo.

La più agguerrita era Arianna con il sostegno delle sue migliori amiche, Stefania e Flavia. Erano ragazze molto legate tra loro, simili in tutto, anche nelle difficoltà. Tutte e tre anoressiche – e Arianna più gravemente delle altre – fuori dalla scuola si sentivano maltrattate, infelici, ignorate dalle famiglie che permettevano loro di fare qualsiasi cosa purché non creassero problemi. In classe invece avevano un discreto successo. Un buon gruppo le seguiva e le riconosceva come leader. Rimanevano fuori alcune ragazze studiose, gentili con Francesca, seguite da genitori attenti. Anche nei loro confronti Arianna e le altre dovevano aver accumulato una gran rabbia, tanto da pensare di prendersi la rivincita rifacendosi sulle persone più deboli.

Gli incontri con Francesca avvenivano in bagno.

E dai, tirali fuori i soldi, lo sappiamo che ce li hai!”.

Non vorrai dire che oggi non offri niente alle tue amiche!?”.

Tra spintoni e minacce le imponevano il pizzo per l’acquisto della merenda. Francesca tremava come una foglia e non capiva, ma faceva quanto le chiedevano e nessuno si accorgeva di niente.

La situazione precipitò un brutto giorno in cui Francesca, in lacrime, si rivolse ad un’insegnante dicendo che le compagne le avevano tirato in faccia lo scopino del bagno. Forse se avesse avuto minori difficoltà avrebbe considerato un disonore farsi difendere dagli insegnanti e nessuno avrebbe mai saputo la cosa, ma per Francesca era normale chiedere aiuto agli adulti.

Il primo intervento fu quello di Alberto Migliari, l’insegnante di filosofia. In quei tre anni aveva costruito un ottimo rapporto con le ragazze, era un tipo che dedicava volentieri un po’ del suo tempo per ascoltarle o per discutere con loro le cose che accadevano, dentro e fuori dalla scuola.

Quella mattina entrò in classe e le ragazze seppero subito, guardandolo in faccia, che era successo qualcosa di molto grave.

Disse – o meglio, urlò: “Quello che è successo è assolutamente intollerabile, noi non riconosciamo più la vostra umanità nel momento in cui fate una cosa come questa. Alcune di voi sanno benissimo di che cosa sto parlando. Mi fate orrore. Vi chiedo almeno di assumervi le vostre responsabilità”.

Era davvero alterato, ma non si aspettava di colpire subito nel segno. Arianna, Stefania e Flavia scoppiarono in un pianto disperato e liberatorio, ammettendo tutto. Probabilmente si sentirono confortate dal fatto che, per una volta, un adulto di cui avevano stima si fosse rivolto a loro in modo autorevole, con una posizione chiara e coerente con tutti i suoi comportamenti.

Seguì la convocazione del consiglio di classe e tutti gli insegnanti concordarono 15 giorni di sospensione, che poi il preside ridusse a tre.

Il gruppo che sosteneva Arianna, Stefania e Flavia si squagliò, perché dopo il pentimento delle capogruppo nessuno aveva la personalità e il coraggio di prenderne il posto. Alcune si allontanarono definitivamente da loro, forse temendo di essere coinvolte in qualcosa di brutto, altre mantennero l’amicizia cercando di adattarsi al nuovo comportamento di queste ragazze, che dopo la sospensione furono sempre molto corrette. Certo, era diventata una classe acefala, senza una leadership dichiarata e con una divisione molto evidente tra Arianna e le altre, e il gruppo delle “buonissime” che non si era accorto di niente e, all’emersione della cosa, era rimasto parecchio scandalizzato.

Alla fine dell’anno Stefania venne bocciata per ragioni scolastiche del tutto indipendenti dall’accaduto, mentre Arianna e Flavia vennero promosse e nel tempo stabilirono una vera e propria amicizia con il professore di filosofia, che rimase il loro punto di riferimento anche dopo, negli anni dell’università. Attualmente Arianna ha un incarico di rilievo in un’associazione che si batte per la tutela dei diritti umani.

Buon riposo, Alberto.

Di Elena Buccoliero

Faccio parte del Movimento Nonviolento dalla fine degli anni Novanta e collaboro con la rivista Azione nonviolenta. La mia formazione sta tra la sociologia e la psicologia. Mi occupo da molti anni di bullismo scolastico, di violenza intrafamiliare e più in generale di diritti e tutela dei minori. Su questi temi svolgo attività di formazione, ricerca, divulgazione. Passione e professione sono strettamente intrecciate nell'ascoltare e raccontare storie. Sui temi che frequento maggiormente preparo racconti, fumetti o video didattici per i ragazzi, laboratori narrativi e letture teatrali per gli adulti. Ho prestato servizio come giudice onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Bologna dal 2008 al 2019 e come direttrice della Fondazione emiliano-romagnola per le vittime dei reati dal 2014 al 2021. Svolgo una borsa di ricerca presso l’Università di Ferrara sulla storia del Movimento Nonviolento e collaboro come docente a contratto con l’Università di Parma, sulla violenza di genere e sulla gestione nonviolenta dei conflitti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.