• 18 Dicembre 2024 18:51

Alexander Langer, maestro di nonviolenza

Diadmin

Lug 3, 2024

di Mao Valpiana*

In occasione del ventinovesimo anniversario della morte di Alex Langer (3 luglio 1995), pubblichiamo la relazione “Alexander Langer, Maestro di nonviolenza”, che Mao Valpiana ha tenuto all’Università Link di Roma il 27 marzo 2024.

Il titolo di questa mia relazione è “Alexander Langer, maestro di nonviolenza”.

Voglio declinarlo con una piccola aggiunta “Alexander Langer, (mio) maestro di nonviolenza”.

Lo faccio per due motivi: 1) Alex è stato davvero, per me, un maestro di nonviolenza politica, negli anni in cui l’ho conosciuto e frequentato, con amicizia ricambiata per oltre un decennio, dal 1983 fino agli ultimi suoi giorni. 2) Mi risulta più facile sviluppare questo tema attraverso fatti ed esempi concreti, piuttosto che ideologizzare il suo percorso esistenziale.

Devo però, prima di entrare nel vivo della relazione, fare una doverosa premessa.

Nessuno è legittimato a servirsi dei suoi scritti di anni fa, o di sue scelte politiche legate alla contingenza dei tempi, per utilizzarli politicamente nella realtà di oggi, in una direzione o nell’altra. Iscrivere d’ufficio, a posteriori, una persona ad un movimento, rischia di essere un’operazione arbitraria. Per il rispetto che ho dell’esperienza umana e politica di Langer, preferisco non fargli dire proprio niente sull’oggi. Cosa farebbe oggi Langer rispetto alla guerra in Ucraina o in Palestina è una domanda insensata che non ha risposta. Tocca a noi scegliere cosa e come fare. Lasciamolo in pace, non tiriamolo in ballo per fargli dire da che parte sarebbe stato oggi, o peggio arruolarlo e mettergli l’elmetto. Alex ha deciso di non dire, di non sapere e non vedere più nulla, e va rispettato anche in questa scelta. La lezione di Langer è terminata il 3 luglio 1995. Tocca solo a noi attuare quello che abbiamo imparato.

Alex è stato un caro amico del Movimento Nonviolento, per alcuni anni anche iscritto. Ogni volta che veniva a trovarci a Verona, non se ne andava senza aver acquistato un testo di Capitini, di Gandhi o l’ultima novità di letteratura o saggistica nonviolenta. Anche i suoi contributi economici all’attività del Movimento sono da registrare, come il lascito testamentario per l’acquisto e ristrutturazione del secondo piano della Casa per la Nonviolenza di Verona.

Alex, maestro di nonviolenza per noi. Ma i suoi maestri, chi furono?

Ripercorrendo i suoi scritti, dai giovanili pieni di speranza, fino agli ultimi velati di delusione, ho fatto un elenco, del tutto arbitrario, di quelli che secondo me sono stati i suoi maestri di nonviolenza.

  • Il giovane “Miles” (lo pseudonimo che utilizzava in gioventù per firmare  i suoi primi articoli) ha come riferimento principale il Cristo. Quello del giovane Langer è un cristianesimo radicale. Che fa perno su “il Magificat” (“ha rovesciato i potenti dal trono, ha innalzato gli umili”).
  • Josef Mayr-Nusser, martire sudtirolese, obiettore di coscienza al giuramento alla SS, perché aveva già giurato fedeltà a Gesù, che morì di stenti a Dachau.
  • Ivan Illich, il plurilingue, come lo definisce nell’articolo con cui ce l’ha fatto conoscere. Per il rapporto tra i due rimando al bel recente libro di Mauro Bozzetti “Ecologia e giustizia. Ivan Illich e Alexander Langer” (Ed. Castelvecchi).
  • don Lorenzo Milani; il suo incontro con il priore di Barbiana, Alex ce lo raccontò in un articolo per Azione nonviolenta del giugno 1987, e del suo sconcerto quando gli chiese di abbandonare l’Università.
  • Giona, il profeta contro-voglia mandato a Ninive, il profeta che poi si ritira. Langer ce lo racconta in un testo bellissimo, dove fa l’elogio del gratuito, poi dedicato alla memoria di don Tonino Bello e conclude “Beati i profeti che non hanno bisogno di passare per la pancia della balena”.
  • Giuseppe, il biblico dell’Antico Testamento, gettato nel pozzo dai suoi fratelli. Alex scrive questo testo dopo essere stato escluso, con la sua lista inter etnica, dalla candidatura a Sindaco di Bolzano, e si sente gettato nel pozzo da una legislazione etnica, e in qualche modo rifiutato dalla sua città.
  • San Cristoforo, anzi, il “Caro San Cristoforo”. È una delle più belle pagine della letteratura di fine Novecento, dedicata da Alex al santo che è alla ricerca di una Grande Causa vissuta con modestia: portare il bambino dall’altra parte del fiume.

Le pagine su Giona, Giuseppe, Cristoforo, sono evidentemente autobiografiche. Langer era uomo di tante letture e profonda cultura, ma le sue poche citazioni sono riferite solo al Vecchio e al Nuovo Testamento. Anche qui ci lascia una lezione di stile e metodo.

Nella sua frequentazione della scuola di Barbiana, insieme ad una vecchia ebrea austro-boema (amica della famiglia Langer), Marianne Andre, ha tradotto in tedesco Lettera ad una professoressa (pubblicata nel 1970). È in quel periodo che, pur essendo in Germania per un dottorato, prende contatto diretto con il Movimento Nonviolento  “per poter avere maggiori indicazioni sulla esatta situazione degli obiettori di coscienza in Italia, sia qui per gli amici che se ne interessano, sia per me personalmente, in quanto il problema di anno in anno diventa più scottante ed a un certo punto non sarà più rinviabile”. Riceve materiale di documentazione e copie di Azione nonviolenta da distribuire; ricambia con un primo contributo in denaro.

[Da registrare, comunque, che poi Alex non fece la scelta dell’obiezione di coscienza, ma svolse il servizio militare, partecipando all’esperienza dei proletari in divisa, a Saluzzo in una caserma di artiglieria da montagna]

Gli effetti di questo contatto non si fanno attendere e nello stesso anno Alex organizza a Bolzano, contro le celebrazioni del 4 novembre 1968 che ricordano il cinquantesimo anniversario della “vittoria” della prima guerra mondiale, una dimostrazione pacifista (per la quale verrà fermato e identificato in questura) e il periodico Die Brücke pubblica un articolo per il quale Langer verrà denunciato dai Carabinieri per vilipendio alle Forze armate, alle istituzioni costituzionali e istigazione a disobbedire alla legge. Alex non tralascia di inviare alla sede del Movimento Nonviolento a Perugia copia degli articoli di stampa che riportano la notizia della manifestazione e della denuncia.

Incuriosito ed ammirato da quanto stava accadendo in Alto Adige, proprio grazie al laboratorio politico della lista inter-etnica alternativa, ho frequentato nel 1983 alcuni incontri e convegni a Trento e Bolzano, e lì, dopo averne tanto sentito parlare anche come primo obiettore al censimento etnico, ho conosciuto personalmente Alexander Langer e mi è venuta la voglia di intervistarlo per la prima volta. Il tema era il movimento pacifista tedesco, all’epoca il più forte in un’Europa ancora divisa. Durante quel colloquio Alex ha voluto essere informato con precisione sulle persone e le iniziative del Movimento Nonviolento, ed era felice di aver “ritrovato” Azione nonviolenta. Proprio in quei mesi anche in Italia iniziava il percorso verso la nascita del movimento verde e Alex insisteva e parteggiava per un coinvolgimento diretto degli amici della nonviolenza nel progetto che gli piaceva chiamare “ecopax”, che doveva camminare sulle gambe dell’ambientalismo e del pacifismo.

Mi piace ricordare anche la sua presenza alle varie edizioni della Marcia Perugia-Assisi e la partecipazione generosa alla campagna “un mattone per la pace” per acquistare la Casa per la Nonviolenza di Verona, nella quale Alex diceva “mi sento a casa” e non dimenticava mai di rinnovare con puntualità l’abbonamento ad Azione nonviolenta.

Alex si dà davvero da fare, più e meglio di ogni altro. È un “motorino d’avviamento” (sua la definizione), di iniziative che pensa, organizza, lancia, sempre attento alla soluzioni concrete e praticabili da proporre, e poi lascia ad altri mantenere e proseguire.

In questa sua arte di creare reti e rapporti, immette sempre anche gli amici e le amiche della nonviolenza. Ed è così che con lui abbiamo fatto una lungo cammino insieme, durato gli ultimi dieci anni della sua vita.

Dal 1982 è stato un attivo compagno di strada nella campagna di obiezione fiscale alle spese militari, solidale con gli imputati ai processi per istigazione e ha partecipato personalmente all’acquisto dei terreni della Verde Vigna a Comiso per impedire l’espansione della base militare che doveva ospitare i missili nucleari Cruise (nel gennaio 1992 presenterà una Relazione sulla riconversione ad usi civili della base militare missilistica di Comiso in Sicilia, per incarico della Sottocommissione Disarmo e Sicurezza e della Commissione Politica del Parlamento Europeo).

Nel 1984 abbiamo organizzato insieme la manifestazione “Per un’Europa libera dal nucleare”,  sul Ponte Europa/Europabrücke; un treno speciale partito da Verona raccoglieva manifestanti a Rovereto, Trento, Bolzano, fino a Innsbruck, per chiedere la smilitarizzazione e la denuclearizzazione dell’Europa.

Nel giugno del 1988 mi invita a partecipare con lui ad un convegno in Brasile, a Manaus capitale dell’Amazzonia, sui temi della missione, dell’ambiente, degli indios, sulle tracce di Chico Mendez, che verrà assassinato alcuni mesi dopo. Gli interessava capire quella realtà per riportare in Italia elementi utili alla nascente Campagna Nord-Sud: voleva far conoscere all’opinione pubblica  il dramma ambientale e sociale che stava vivendo l’Amazzonia: “L’ecologia non è un lusso dei ricchi, ma una necessità dei poveri” fu il messaggio centrale del suo intervento. È così che mi coinvolgo pienamente nella “Campagna Nord/Sud, biosfera, sopravvivenza dei popoli, debito estero” (nella quale conoscerò persone straordinarie, legati come siamo ancora da amicizia fraterna nel nome di Alex: Christoph Baker, Marzio Marzorati, Mariano Mampieri, Giorgio Menchini), dentro la quale nasce l’idea, poi realizzata con il Movimento Nonviolento, del convegno veronese “Sviluppo? Basta! A tutto c’è un limite” del 1990, che mette le basi solide e crea una rete internazionale della critica ecologista allo sviluppo (grazie ad Alex conosciamo e lavoriamo con persone come Vandana Shiva, Wolfgang Sachs, Majid Rahnema).

Da quel convegno prese avvio anche l’idea per la campagna del 1992 “Il Sud del mondo, nostro creditore” in occasione delle celebrazioni dei 500 anni dello sbarco degli europei in America, con un’altra sua intuizione: “Dare voce ai conquistati e dare voce agli obiettori di coscienza e disertori nelle file dei conquistatori”. Aveva la capacità di offrire sempre un punto di vista inusuale, per comprendere meglio la realtà.

Dopo il crollo del Muro di Berlino, ai primi rumori di guerra nei Balcani, Alex ci coinvolge nell’organizzazione della Carovana Trieste-Sarajevo del 1991, da cui nascerà il “Comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nella ex-Jugoslavia, con sede proprio a Verona nella Casa per la Nonviolenza. È all’interno di quella iniziativa, umanitaria e politica insieme, che nasce l’idea di convocare in Italia i rappresentanti della società civile di tutte le regioni coinvolte nel conflitto, e che non potevano incontrarsi nei loro paesi, ormai divisi da muri, nuove frontiere e fili spinati: nasce nel 1993 il VeronaForum, che organizziamo nella mia città, nella prima edizione con una bella manifestazione pubblica “Facciamo dei Balcani un mosaico di pace”, e che poi si riunirà ancora.

Vengono poi gli ultimi due anni, di impegno totalizzante contro e dentro la guerra nei Balcani. Alex  doveva far convivere il suo impegno militante per la pace e l’ambiente, insieme con il suo ruolo istituzionale di parlamentare europeo.

Fu difficile per Langer coniugare tensione ideale (“La spaventosa guerra in corso non deve farci fare tutti quanti un salto indietro, riammettendo la guerra tra i protagonisti della storia e tra gli strumenti – seppur estremi – della convivenza tra i popoli. Con il livello odierno di armamenti, di affollamento demografico del mondo e di precarietà ecologica del pianeta comunque non ci può più essere più “guerra giusta”, se mai ve ne poteva esistere in passato”) e realismo politico (“Oggi penso che davvero occorra un uso misurato e mirato della forza internazionale, e quindi nel quadro dell’ONU. Per fare cosa? Non certo per appoggiare alcuni dei contendenti contro altri, ma per fermare alcune azioni particolarmente intollerabili e far capire che c’è un limite, che la logica della forza non paga”).

[Tralascio qui, per problemi di tempo e di complessità del tema, tutta la questione “Verde”, cioè il capitolo che vede Langer promotore delle primissime Assemblee nazionali che avviano il movimento delle Liste Verdi, fino alla Federazione nazionale / partito dei Verdi, che vedono Langer prima Consigliere provinciale di Bolzano e poi Eurodeputato, e che mi vedono prima consigliere comunale di Verona e poi Consigliere regionale del Veneto, sempre in rapporto (oggi si direbbe nella corrente langeriana del partito) con lui. Ma ci vorrebbe un’altra intera relazione.]

Uno degli ultimi scritti di Langer, forse anche il più noto (meritoriamente, poiché lo considero un testo fondamentale, da studiare nelle scuole, insieme all’altro capolavoro di don Milani L’obbedienza non è più una virtù), è il Tentativo di decalogo per la convivenza interetnica. Nell’introduzione di questo testo (pubblicata nel marzo 1995) che riassume il suo pensiero e la sua esperienza sulla questione cruciale, oggi come allora, della convivenza tra culture ed etnie diverse (lui stesso dice “un impegno che ha segnato ed in un certo senso riempito tutto il corso della mia vita”), Langer spiega che le sue riflessioni sono state affinate, elaborate e dibattute in ambienti ben precisi: “Gli interlocutori con cui ho sinora dibattuto il decalogo erano diversi: dall’ambiente di “Azione nonviolenta” e del Movimento internazionale di Riconciliazione ai partecipanti ad una giornata sulla caduta dei muri organizzata a Merano da Pax Christi”.

Dietro le sue prese di posizione, anche le più difficili e discutibili, c’era una conoscenza e un’adesione profonda ed esplicita alla nonviolenza specifica, incarnata nella sua particolare ed originale esperienza personale. C’erano in lui una vocazione innata e una naturale dimestichezza con i principi base di una personalità nonviolenta (istinto di giustizia, capacità di indignarsi, ricerca  della verità, volontà di dialogo) e non a caso nel 1961 (a soli 15 anni) scelse come nome per il suo primo giornalino scolastico “Parola aperta”, un titolo che oggi ci richiama con forza quell’idea religiosa di “apertura” che è alla base del pensiero nonviolento di Capitini. Anche il secondo periodico fondato da Langer nel 1967, “Il Ponte”, portava un nome che si rifà alla cultura nonviolenta dell’incontro e del dialogo.

La scelta nonviolenta (laica e religiosa insieme) è decisiva nella biografia di Alex, non ideologica, ma sempre messa alla prova del confronto con la realtà più complessa e contraddittoria. In un suo scritto Alex ha auspicato lo sviluppo del settore “ricerca e sviluppo” della nonviolenza: i laboratori nei quali ha lavorato sono stati molti, dal Sudtirolo, nel 1968, fino alla Bosnia, nel 1995.

Lui si è descritto come un “portatore di speranza”.  Per noi è sempre stato semplicemente un amico della nonviolenza. Anzi, si può dire che Alexander Langer abbia dato corpo all’idea capitiniana del “potere di tutti”, riuscendo ad applicare la nonviolenza, forse più di ogni altro, in alcuni degli ambiti più difficili per farlo: la politica e le istituzioni.

Quello che mi resta, oltre al ricordo e alla nostalgia, è l’insegnamento di un metodo nonviolento di lavoro. Tre elementi, diceva, sono indispensabili per essere un buon attivista:

  • avere un archivio (cioè documentazione su cui studiare; materiale da consultare, approfondire, conservare memoria. E per capire bene cosa significasse per lui “archivio”, basta andare a vedere cos’è l’archivio Langer ora conservato dalla Fondazione e messo a disposizione di tutti)
  • avere un buon indirizzario (cioè una rete di rapporti, di conoscenza, di relazioni. E per capire bene cos’era l’indirizzario di Langer, bisogna vedere le sue schede, con nome e cognome, una nota personale, il luogo dell’incontro, la data di nascita, così non mancava mai la cartolina di auguri)
  • avere una rivista (cioè uno strumento indipendente di comunicazione, che allora era necessariamente una rivista cartacea, e Alex ne ha fondate tante e con tantissime collaborava, ma che oggi potrebbe essere un sito, o un canale social, una radio, o altro).

La nonviolenza ha bisogno sia di profeti che di politici. Ma essere insieme profeti e politici, come lo è stato Alex, è davvero molto, molto complesso (“Troppa la distanza tra ciò che si proclama e ciò che si riesce a compiere”) .

È stato un privilegio averlo come amico.

* Presidente del Movimento Nonviolento.

Relazione tenuta all’Università Link di Roma, 27 marzo 2024

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