• 3 Luglio 2024 7:54

Apertura = Nonviolenza

DiDaniele Lugli

Mar 11, 2024

Il dibattito sulla democrazia ha un precedente da cui apprendere ancora oggi affinché la partecipazione non si limiti al voto né sia una pratica posticcia, manovrata da chi ha già deciso. Si tratta dei Centri di Orientamento Sociale istituiti da Aldo Capitini partendo da Perugia, nel 1944 all’indomani della Liberazione, e progressivamente in altre città dove poteva contare su validi collaboratori, come a Ferrara con Silvano Balboni.

Ne parla Daniele Lugli al Congresso del Movimento Nonviolento convocato a Brescia nel 2010, quello nel quale Daniele passa da presidente a Emerito della nostra associazione. Il tema di fondo è “La nonviolenza per la città aperta”. Altri brani sono stati pubblicati nelle ultime settimane: l’introduzione al congresso e un passaggio sulla ferocia della politica nei confronti dei migranti.

Apertura, nel lessico capitiniano, evoca costantemente la nonviolenza. Una città è aperta nella misura in cui sono aperti i cittadini che la abitano. Sono cioè consapevoli dei mutamenti avvenuti e vogliono indirizzarli in modo costruttivo. Affrontano la complessità del vivere in comune costruendo luoghi di conoscenza, scambio, incremento reciproco.

Che di questo ci sia bisogno, anche per colmare la crescente separatezza tra i cittadini e i loro rappresentanti, non a caso indicati come casta separata, è nozione diffusa. Abbondano sperimentazioni di democrazia partecipativa variamente denominate, di differente origine ed ispirazione. Spesso, a promettenti se non entusiastici avvii, seguono stanche repliche e infine abbandoni. Stimolare e integrare gli istituti della democrazia cosiddetta rappresentativa con nuove forme di coinvolgimento popolare è compito difficile. Richiede crescita nell’impegno e competenza dei cittadini, e disponibilità degli amministratori a condividere il potere loro attribuito. Entrambe le condizioni si verificano molto raramente. Proprio Capitini all’indomani della Liberazione avviò l’esperienza dei COS.

“Subito, dopo la liberazione di Perugia, nel luglio 1944 costituii il Centro di orientamento sociale (C.O.S.) per periodiche discussioni aperte a tutti, su tutti i problemi amministrativi e sociali. Fu un’iniziativa felice, che convocava molta gente e le autorità (tra cui il prefetto e il sindaco), molto desiderata da tutti per l’interesse ai temi e per la possibilità di «ascoltare e parlare»; e si diffuse nei rioni della città, in piccole città dell’Umbria, e in città come Firenze e Ferrara.

Nessuna istituzione la diffuse e la moltiplicò, e il mio sogno che sorgesse un C.O.S. per ogni parrocchia, era molto in contrasto con il disinteresse e l’avversione che, dopo pochi anni, sorse in molti contro un’istituzione così indipendente, aperta, critica; né si poteva dire che l’organizzazione ne fosse difficile; ci sarebbe tuttavia voluta una virtù: la costanza. […]

Non lo Stato antifascista, ma molto meno quello che seguì nel 1948, erano in grado di valersi dei C.O.S. ed inserirli nella struttura pubblica italiana, ad integrazione della limitata democrazia rappresentativa del parlamento e dei consigli comunali e provinciali. Né le forze dell’opposizione di sinistra, tese nella speranza di una presa del potere, si curarono di apprestare uno strumento così elementare per la convocazione della popolazione e dell’opinione pubblica”.

L’avversione alle istituzioni indipendenti, aperte e critiche perdura. E, se è particolarmente evidente nelle forze governative, non risparmia quelle dette di opposizione. Eppure resta questo il terreno per la costruzione di una città aperta. Un luogo dove si porti all’attenzione la miglior conoscenza disponibile. È un dato elementare ma non scontato. Giorni fa si è celebrata la Giornata mondiale della statistica. È stata un’occasione per ricordare come nel nostro Paese viga la cosiddetta giustizia “da Porta a Porta”: questi sono i dati che portate voi, i nostri invece…

Il direttore dell’ISTAT e un docente universitario della materia hanno in quella occasione rilevato l’uso del tutto strumentale delle statistiche senza alcun rispetto né ricerca della verità possibile. Tra le ragioni indicate il piegare ai propri interessi i dati, si tratti di occupazione o di sicurezza, la consapevolezza che lo scontro sull’orlo della rissa fa audience, la fiducia ben posta nell’ignoranza dei cittadini sugli elementi di base per l’interpretazione dei dati. Sapere che vi è un luogo, magari promosso e animato da amici della nonviolenza, che ha per primo scopo quello di mettere a disposizione la miglior informazione e promuovere su questa, e sul suo costante miglioramento, una discussione tesa non a un risultato preordinato ma alla più convincente soluzione del tema proposto, costituisce a mio avviso il contributo di base per una convivenza democratica degna di questo nome. Un COS rinnovato acquisirebbe credito e autorevolezza necessari nei confronti delle istituzioni pubbliche. Si fosse seguita l’indicazione di Capitini non avremmo conosciuto un regime partitocratico prima e una sorta di sultanato temperato ora.

In questa prospettiva le tecniche già sperimentate alle quali si è accennato, e altre che si possono mettere a punto, possono diventare utili strumenti di allargamento e approfondimento della democrazia e forse alludere al “potere di tutti”. Un luogo privilegiato di sperimentazione è indubbiamente la scuola pubblica a tutti i livelli, oggetto invece di un attacco demolitorio.

Cittadini ben formati sanno che la quotidiana costruzione di relazioni tra pari e di democrazia vissuta è il modo giusto per essere padroni in casa propria, in una casa “che è mezzo ad ospitare” (Capitini).

 

Di Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941, Lido di Spina 2923), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà nella segreteria dal 1997 per divenirne presidente, con l’adozione del nuovo Statuto, come Associazione di promozione sociale, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948