L’arrivo di Francesco Vignarca in Sardegna per una serie di incontri e conferenze ha segnato per i comitati sardi per la campagna UN’ALTRA DIFESA E’ POSSIBILE un’occasione importante di crescita e di maturazione. Non solo per l’apporto di Vignarca stesso, pur determinante per preparazione e capacità di porsi, ma per quel che ha significato come lavoro di organizzazione, di dibattito, di decisione da parte degli attivisti impegnati che, fra gli alti e bassi fisiologici per ogni organismo vivente, hanno mostrato grandi capacità di autorganizzazione, migliorandosi di volta in volta, anche con l’allargamento a nuovi partecipanti. Questo significa che la forza vitale che stiamo mettendo in gioco come attivisti di questa campagna non solo fa bene a noi e forse ai nostri neuroni e a tutto il corpo, ma può darci un’importante occasione per tessere reti sul tema della difesa nonviolenta con altri che ancora non si sono posti il problema, o non sanno.
Nel suo mini-tour, fortemente voluto dall’associazione Nord-Sud di Tempio, in Gallura, Francesco ha potuto incontrare ad Olbia gli studenti ed i docenti delle classi quinte dell’ ITC “Panedda” e poi a Tempio tenere una conferenza dibattito con la popolazione, davanti ad almeno un centinaio di persone. Nella stessa vivace e piccola città del nord Sardegna è stato organizzato per il 10 febbraio un incontro con circa duecento studenti delle diverse scuole superiori presenti, con un grande coinvolgimento dei partecipanti. Di minor impatto numerico, ma utilissima dal punto di vista dei contenuti trattati, la conferenza-dibattito svoltasi a Cagliari, nell’aula magna della facoltà di Scienze politiche, la sera del 10.
Fra i molti spunti interessanti, mi piace ricordare l’idea che tutte le questioni con cui ci confrontiamo sono complesse e richiedono un approccio e delle soluzioni complesse. E’ bene rifuggire dalle semplificazioni, recuperare una dimensione del praticabile, della concretezza. Usare la campagna non solo per il raggiungimento dell’obiettivo firme, ma anche per cercare il confronto con le persone su qualcosa di specifico e concreto e portare le tematiche nonviolente fra la gente, discutendo in modo aperto ed ascoltando. Usarla per allacciare contatti, trovare alleanze, proporre confronti, per aprire e aprirsi. Aprire il segreto delle aggiunte nonviolente alla società alle persone distratte da altro. Aprirsi a quanti sentiamo diversi, attraverso l’ascolto.
Prendendo spunto da queste considerazioni, faccio un esempio concreto. Durante questi primi mesi di raccolta, le valutazioni delle persone che hanno firmato o rifiutato di firmare ho notato il ripetersi di due tipi di critiche:
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Istituzionalizzare fa male ai movimenti. Ci sono troppi dipartimenti. Non voglio un nuovo carrozzone.
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Siamo minacciati e per difendersi ci vogliono le armi. Con certa gente non servono le parole.
Alla prima contestazione potremmo rispondere che avere un nuovo dipartimento, diverso da tutti i precedenti, non significa né la fine dei movimenti, né tantomeno la creazione di una struttura burocratica e autoreferenziale. E’ stato infatti posto il limite dell’utilizzo del solo 10% per le attività di gestione, mentre tutto il resto dovrà andare ai progetti effettivi sul campo.
Alla seconda domanda potremmo rispondere che la proposta di legge non prevede la sostituzione dell’esercito con la difesa non armata, ma solo che una parte molto piccola delle spese per gli armamenti vadano alla difesa civile non armata e nonviolenta e con la scelta del 6 per 1000 fatta con libera coscienza da ciascun cittadino. E’ vero, forse non con tutti si può parlare, eppure dobbiamo cercare di farlo, per provare a costruire pace.
Carlo Bellisai
Movimento Nonviolento Sardegna