Pubblichiamo in traduzione italiana l’analisi delle ragioni del NO all’invio di armi all’Ucraina circolata tra gli aderenti all’European Network Against Arms Trade, cui collaboriamo tramite Rete italiana Pace e Disarmo.
L’aggressione russa contro l’Ucraina ci rende tutti molti tristi arrabbiati, e si è sviluppato un senso generale di solidarietà per aiutare gli ucraini. Molti paesi europei hanno deciso di inviare armi in Ucraina per la guerra contro l’esercito russo. Per quanto questo possa essere comprensibile, una risposta dovrebbe venire non solo dal cuore ma anche basato su analisi accurate. La domanda principale è: inviare armi all’Ucraina aiuterà a mettere fine alla sofferenza e a offrire una strada verso la fine del conflitto? Inviare armamenti non è un modo rapido per uscire da questa situazione orrenda. Una volta scoppiata la violenza, non esiste un modo facile per fermarla, né per vie militari né inviando armi, e neppure con azioni nonviolente.
Non è tempo di grandi gesta, di risposte politicamente popolari, di linguaggio militarista e comportamenti machisti. Il rischio di una ulteriore escalation è reale, e bisogna scongiurarlo ad ogni costo, in quanto affrontiamo il rischio di un confronto nucleare ed è in ballo la nuda sopravvivenza dell’umanità e del pianeta.
Senza pretendere di avere tutte le risposte, consideriamo alcune delle complesse domande.
Scontri prolungati
Inserire più armi nel conflitto non aiuta ad avvicinarsi a una conclusione, ma cambia gli equilibri militari e prolunga i combattimenti. Scontri continui portano a più morti e distruzione, e impediscono l’assistenza umanitaria, ma potrebbe aiutare a creare uno spazio per i risultati politici desiderati in merito alle negoziazioni. Dovremmo essere chiari a riguardo e non confondere l’invio delle armi con l’arrivo della pace, in quanto cambia solo il potere militare.
Valore militare
La fornitura di armi potrebbe essere una risposta al sentimento generale di ingiustizia e fa sembrare coraggiosi i politici, ma non dovrebbe concludersi con gli ucraini che combattono la “nostra” battaglia. L’impatto delle consegne di piccole armi su una vittoria militare dell’Ucraina è in gran parte trascurabile. Ma potrebbe ritardare l’avanzamento delle truppe russe, minare il loro morale e le risorse e rimandare la sconfitta. Per fare davvero la differenza in combattimento dovrebbero essere consegnati grandi sistemi militari, come i jet da combattimento, ma questo potrebbe essere sicuramente considerato dai russi una piena partecipazione alla guerra.
Mettere in pericolo il passaggio delle frontiere
Le consegne di armi che attraversano il confine polacco hanno già attirato l’attenzione della Russia. C’è il serio rischio di un accelerato sforzo militare per conquistare la zona di confine e chiudere la frontiera, il che renderà molto più difficile per i rifugiati lasciare il paese.
Finire nelle mani sbagliate
C’è una reale possibilità per cui i rifornimenti di armi possano finire nelle mani dell’altra parte del conflitto, in questo caso la Russia, che non farebbe altro che aumentarne le capacità belliche. In generale, le armi fornite alle parti in conflitto armato, in particolare le armi leggere e di piccolo calibro, spesso trovano la loro strada anche in altre aree di conflitto. Le armi utilizzate nelle guerre in Jugoslavia e in Libia, ad esempio, continuano a venir fuori in altri conflitti armati, in particolare in Africa. C’è inoltre il rischio che le armi finiscano nelle mani di milizie di estrema destra, colpevoli di razzismo violento e di crimini d’odio contro la comunità LGBTQ+.
Il rischio di armare i civili
Armare i civili spesso può portare a incidenti violenti tra gli stessi cittadini e in violenza domestica. Il rischio di lasciare armi tra i civili dopo la fine del conflitto, e il possibile utilizzo in conflitti interni e crimini in generale, è sicuramente qualcosa che bisogna prendere in considerazione.
Fare partito e minare la diplomazia
Fornire armi rende i paesi europei una parte del conflitto. Le consegne di armi non sono una cosa da un momento all’altro, spesso richiedono istruttori e pezzi di ricambio. Poco alla volta i Paesi potrebbero essere trascinati nel conflitto. Essere parte in causa nella guerra toglie credibilità a un ruolo di mediatore indipendente, limita le possibilità di diplomazia e di negoziazione.
Calo dello standard di export delle armi
La posizione comune dell’UE (EUCP) sulle esportazioni di armi stabilisce 8 criteri che gli stati membri devono controllare quando si prendono decisioni in merito al rilascio di una licenza di esportazione di armi. Tali criteri includono che “gli Stati membri devono negare la licenza di export alla tecnologia militare o agli equipaggiamenti che potrebbero provocare o prolungare i conflitti armati o aggravare tensioni o conflitti già esistenti nel paese di destinazione” (criterio 3), così come le disposizioni sui diritti umani (criterio 2), la preservazione della pace, della sicurezza e della stabilità della regione (criterio 4) e evitare il rischio di diversione delle armi fornite (criterio 7). L’esportazione delle armi in Ucraina non è in linea con tali criteri, ma i governi sostengono che questa è una “situazione estrema”, in quanto un paese è sotto attacco e ha il “legittimo diritto di auto-difesa”. Non è scritto da nessuna parte nell’EUCP che questo criterio può essere annullato, ma questo nuova interpretazione potrebbe impostare un nuovo standard. Anche se la guerra in Ucraina è effettivamente una situazione estrema, abbassare ancor più questi criteri già discutibile, ostacolerà il controllo delle armi per molti anni. Si dovrebbe anche diffidare di questa diminuzione di trasparenza, in quanto i governi di alcuni Paesi europei hanno già deciso di tenere segrete le esportazioni di armi in Ucraina, in modo da evitare il controllo parlamentale e il dibattito pubblico.
Battaglie fuori dal campo
Pacifismo e antimilitarismo non significa essere passivi, ma significa cercare altre vie di resistenza. La fornitura di armi potrebbe non essere il modo migliore per aiutare il popolo ucraino, e non è neanche l’unico modo. Questa guerra non si combatte solamente sul campo di battaglia, ma anche per le strade di Monaco, a Londra, a San Pietroburgo e a Mosca.
Ci sono state diverse sanzioni contro la Russia, ma non si ha idea di quale di queste sono efficaci e quali sono di pura vendetta, che danneggiano più che fare del bene. Ci dovrebbe essere molto più dibattito e ricerca sullo strumento delle sanzioni.
Ci sono, inoltre, altri modi per disinnescare il conflitto. Spesso messa da parte in quanto simbolo di debolezza, la nonviolenza è un approccio che ha bisogno di essere preso sul serio, e ha la possibilità di creare effetti più duraturi rispetto all’uso della violenza. Ci sono stati atti di coraggiosa resistenza nonviolenta da parte dei cittadini ucraini contro le truppe russe. Soprattutto nei casi in cui ai militari russi sono state raccontate delle menzogne, come che sarebbero stati accolti dagli ucraini come liberatori, la resistenza civile nonviolenta può stravolgere i piani militari. Quando le truppe non sono motivate al combattimento, non è facile per loro raggiungere la vittoria. Questa non è un’idea pacifista, ma conosciuta ai signori della guerra sin dai tempi di Sun Tzu. La resistenza civile può rendere difficoltosa la presa dell’Ucraina da parte delle truppe russe.
Allo stesso modo, le persone in Russia continuano ad andare in strada per protestare contro l’invasione militare in Ucraina, con il rischio di essere picchiati e arrestati. La resistenza nonviolenta non significa che non ci sarà violenza, in quanto la controparte sta usando la violenza.
La nonviolenza richiede grande coraggio; potrebbe non essere sempre la scelta migliore, ma sicuramente dovrebbe essere presa in considerazione seriamente. Non è ingenuo cercare vie nonviolente di risoluzione del conflitto. È ingenuo pensare che le armi risolveranno la guerra. In situazioni come questa, con così tanta sofferenza e escalation incombenti, dobbiamo sicuramente fare meglio.
14 marzo 2022