Se non che la foto-ricordo dell’incontro (che ritrae la sardina Mattia Santori con il fotografo Oliviero Toscani e l’industriale Luciano Benetton) fa il giro del web, postata da qualcuno su una pagina Facebook; il punto è che le sardine non avevano reso pubblico l’incontro e che la notizia non è stata diffusa da loro, ma è sfuggita di mano.
Ovviamente le speculazioni si precano, l’accostamento tra le sardine e l’imprenditore delle autostrade è fin troppo facile; l’equazione tra sardine e poteri forti, con l’ombra sinistra del crollo del Ponte Morandi, è un boccone troppo ghiotto per i nemici delle sardine. E infatti, così accade.
Ci si mette anche Toscani, che non sa tacere, e fa una dichiarazione-battuta pessima sulle 43 vittime del crollo del ponte autostradale. Finisce nel tritacarne. Tanto che persino il prudentissimo Benetton deve pendere le distanze, e senza tanti complimenti liquida il creativo Toscani, interompe il rapporto fiduciario tra l’Azienda e il pubblicitario: licenziato in tronco.
Tra l’incudine e il martello ci finiscono le sardine, che restano lì in mezzo a prendere colpi, come un pugile suonato.
Conclusione: chi con troppa disinvoltura vuole maneggiare l’efficacia della comunicazione, basata prevalentemente sull’uso (sapiente?) dei mezzi, sulla foto o la frase ad effetto, sulla simbologia, sulla capacità mediatica, rischia spesso di rimanere vittima di se stesso.
L’esempio del “vaffa” grillino che come un boomerang è ricaduto sulla loro testa, è clamoroso.
La “comunicazione nonviolenta”, invece, è basata più sul contenuto che sulla forma, è più lenta, meno scintillante, ma va in profondità, con dolcezza.
Fare comunicazione non è facile, è innanzitutto ricerca della verità, con uso delle parole adatte perchè sia compresa, discussa, accettata. La nonviolenza (che è verità) è antica come le montagne, quindi bisogna andarci piano con l’innovazione delle parole (che sono comunicazione). Roba da maneggiare con cura.
Tutta un’altra cosa delle scorciatoie che grillini e sardine pensavano di aver trovato.
Verona, 6 febbraio 2020
Mi viene in mente il tango “Cambalache”