Avventura libica: Eia, Eia! Alalà!
C’era una volta
l’articolo 11
Tutto pronto per la nuova guerra di Libia, a conduzione italiana.
Viene presentata come un’operazione militare, richiesta dalle autorità locali, per fermare l’avanzata dei combattenti con bandiera dello Stato Islamico, ma in realtà sarà un intervento bellico voluto dal Pentagono per la messa in sicurezza dei giacimenti petroliferi e per determinare la futura ripartizione libica ed il suo controllo.
La storia si ripete.
Sembra di sentirlo l’esulto dannunziano degli aviatori fascisti che colpivano il bersaglio: “Eia!” era il grido con cui Alessandro Magno incitava il suo cavallo, “Alalà!” era l’urlo di guerra greco. “Eia, Eia! Alalà!” rispolvera il presidente Renzi: “torniamo in Libia” (scordando il ripudio della guerra).
Viene messa in campo solo l’opzione militare, perché è l’unica che è stata adeguatamente preparata e finanziata. Ma come tutte le guerre, si sa come inizia, non si sa come finirà.
Una cosa è certa: non sarà con un’altra guerra che la democrazia potrà affermarsi nel mondo arabo.
Fosse vero che il movente è il contrasto del terrorismo, la risoluzione del dramma dei profughi costretti a fuggire sui barconi, la difesa dei diritti umani violati, la protezione dei civili e garantire assistenza umanitaria, noi saremmo d’accordo con un intervento internazionale e persino con l’uso della forza per limitare i danni che già sono in corso sul campo. Perché difendere le vittime inermi è doveroso. Ma prima di tutto ciò andrebbe riconosciuto che il disastro attuale è frutto diretto del dissennato intervento militare attuato in Libia nel 2011. Nessuno dei conflitti iniziati dal 1991 ad oggi — Iraq, Somalia, Balcani, Afghanistan, Libia, Siria — ha risolto i problemi sul campo, anzi sono stati tragicamente aggravati. I milioni di profughi lasciati allo sbando fuggono dalle conseguenze nefaste delle recenti guerre.
Questo è il punto. Bisogna intervenire, ma con obiettivi, strategia e mezzi giusti. Esistono altre strade. Il caos libico non accetta scorciatoie. Occorre agire per mettere in sicurezza vite umane, spegnere il fuoco, ma senza produrre ulteriori vittime.
Sono tante le cose da fare: la ricostruzione dell’assetto statuale libico, sostenendo con la diplomazia e la politica l’iniziativa per un accordo tra le parti e per un’azione internazionale sotto egida Onu di contrasto all’IS; la valorizzazione e la partecipazione della società civile; il coinvolgimento della Lega araba e dell’Organizzazione degli stati africani, anche al fine di mettere alle strette Qatar e Arabia saudita che finanziano le guerre in corso; bloccare le fonti di finanziamento del terrorismo, la vendita delle armi, lo sfruttamento dei disperati; garantire da parte dell’Europa assistenza umanitaria ai profughi; mettere in campo un’operazione di salvataggio in mare.
Quando la prima bomba sarà stata sganciata, a nulla servirà dire “basta”, essa cadrà e molte altre ne seguiranno. Non serviranno mobilitazioni che si limiteranno a proteste e condanne di ciò che è già avvenuto. Non basterà mettere a verbale il nostro “no” alla guerra. Non dobbiamo cadere nella rabbia sterile o nella rassegnazione impotente. Dobbiamo reagire con lucidità e consapevolezza. E’ a noi stessi, dunque, che vogliamo rivolgere un appello contro la guerra libica: prepariamo tenacemente le iniziative di pace che ne costituiscono gli anticorpi e le alternative concrete. Come spesso ci ricordava il nostro caro amico della nonviolenza Nanni Salio “un euro al giorno toglie la guerra di torno”. Significa che il nostro dovere, prima ancora della protesta contro la guerra, è la proposta per la pace. Assume pieno significato la Campagna “Un’altra difesa è possibile”, come alternativa seria e possibile. Contro la guerra finanziamo la pace. Diamo un euro al giorno, per ogni giorno di guerra in Libia al Movimento Nonviolento che tenacemente, da oltre 50 anni, costruisce politiche e pratiche di nonviolenza, con iniziative locali e campagne nazionali, informazione e formazione, cultura e ricerca.
E’ la nostra protesta/proposta, la nostra obiezione/azione.
Mao Valpiana, direttore
Azione nonviolenta
E’ uscito il numero di gennaio-febbraio 2016 di “Azione nonviolenta”, rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, bimestrale di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.
Azione nonviolenta, Gennaio-Febbraio 2016
(Anno 53, n. 613)
In questo numero:
Editoriale: Avventura libica: Eia, Eia! Alalà!, di Mao Valpiana
Numero monografico su 25 anni di guerre: Una guerra che dura da 25 anni, tra pacifismo realista e pacifismo concreto, di Paolo Cacciari; La nonviolenza islamica fa paura; il terrorismo contro il Gandhi musulmano, di Pasquale Pugliese; La madre di tutte le guerre, gennaio 1991, di Nanni Salio; L’Europa e il puzzle mediorientale, di Paolo Bergamaschi; Gli interventi militari aiutano il terrorismo, di Peppe Sini; La nuova guerra di Libia è già in atto per difendere l’Eni, di Francesco Martone; Il cammino dei copri civili di pace, di Pasquale Pugliese; La prima guerra del Golfo, di Martina Pignatti Morano; Migranti in fuga sulla rotta balcanica, di Antonio Cipriani; La guerra che continua ai tempi della biopolitica, di Giancarla Codrignani; Pace e nuovo ordine internazionale tra sovranità e nonviolenza, di Alexander Langer; L’alternativa dei Maestri alla violenza che genera violenza, a cura del centro redazionale del Litorale romano; “Abbasso la guerra”, una mostra in giro per l’Italia, di Francesco Pugliese; Antesignani dell’obiezione di coscienza, di Sergio Albesano; Un’azione nonviolenta esemplare per fermare il treno della morte, di Mao Valpiana; Una vittoria della nonviolenza, di Peppe Sini.
Documentazione. L’urgenza del momento è costruire politiche di pace, a cura del Cantiere contro la guerra, il razzismo e i predicatori di odio; Prigionieri per la pace 2016, a cura di War Resisters’ International.
Rubriche: Educazione e stili di vita, a cura di Gabriella Falcicchio. Universitas studiorum o universitas bellorum?; La nonviolenza nel mondo, a cura di Caterina Bianciardi e Ilaria Nannetti. Le bugie di guerra sono un copione che si ripete; Attivissimamente, a cura di Daniele Taurino. Perchè non si fermano i cicloni con un retino da farfalle.
In copertina: 1991-2016. 25 anni di guerra infinita
In seconda di copertina: Indice
In settima: Biani alla 7°
In terza di copertina: Materiale disponibile
In quarta di copertina: Le occasioni per il 2016
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