• 21 Novembre 2024 23:31

Bestemmie qua e là

DiDaniele Lugli

Ago 22, 2022

Pare che Salman Rushdie stia meglio. Il pugnalatore, Hadi Matar, ventiquattrenne californiano di origine libanese, si dichiara innocente. Infatti il ministro degli Esteri iraniano, Nasser Kanani, precisa: “Salman Rushdie deve incolpare solo se stesso per l’attentato all’arma bianca che ha subito”. Non mi ritrovo “Versi satanici”, lunga, elaborata bestemmia. Lo rileggerei forse. Non l’ho finito e non m’è piaciuto, a suo tempo. Di sicuro lo ristampano. Dubito che lo riacquisterò, anche se Bernard-Henri Lévy propone: “Diamogli il Nobel per la letteratura”. Forse per altre opere, che pure non conosco. Intanto La Stampa pubblica un racconto di dieci anni fa, nel quale Rushdie parla delle conseguenze della fatwa nelle sua vita, “The Disappeared. How the fatwa changed a writer’s life”.

Ho scorso il Rapporto 2022 di USCIRF (US Commission on International Religious Freedom) cercando notizie sulla blasfemia in giro per il mondo. Non vedo grandi novità rispetto a post che cinque anni fa ho dedicato al tema, in luglio e in dicembre. Allora è stato il Pakistan a richiamare la mia attenzione. Anche adesso il Pakistan si distingue per uccisioni mirate, linciaggi, violenze della folla, conversioni forzate, profanazione di luoghi di culto e cimiteri. Le violenze prendono di mira le minoranze religiose: ahmadiyya, che si pretendono musulmane, cristiane, indù, sikh e sciite. Il governo perseguita direttamente e non protegge le minoranze religiose da feroci organizzazioni islamiste.

Il rapporto prende in esame come “paesi di particolare interesse” (CPC, country of particular concern) e/o inclusi in “elenco di controllo speciale” (SWL, Special Watch List) Afghanistan, Algeria, Azerbaijan, Burma, Central African Republic, China, Cuba, Egypt, Eritrea, India, Indonesia, Iran, Iraq, Kazakhstan, Malaysia, Nicaragua, Nigeria. North Korea, Pakistan, Russia, Saudi Arabia, Syria, Tajikistan, Turkey, Turkmenistan, Uzbekistan, Vietnam. Ne risulta l’applicazione della legge sulla blasfemia in 84 paesi in violazione della libertà di religione, di credo, di espressione. Nel 2021, le persone accusate hanno continuato a subire violenze e persecuzioni – dallo stato, senza giusto processo, e dalla folla – per aver espresso pacificamente le proprie convinzioni, spesso sui social media. Questi si adeguano: da gennaio a giugno 2021, Facebook ha limitato l’accesso a 2.286 elementi segnalati come blasfemi dalla Pakistan Telecommunications Authority e 415 elementi colpevoli di inimicizia settaria. Così pure ha censurato post “blasfemi” su richiesta del ministero indonesiano delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni.

Per l’Iran l’annotazione è succinta: l’applicazione delle leggi sulla blasfemia hanno gravi conseguenze. Si può aggiungere che la legge iraniana contro la blasfemia deriva dalla Sharia. I bestemmiatori sono solitamente accusati di “diffondere la corruzione sulla terra”. La legge contro la blasfemia integra le leggi contro la critica al regime islamico, l’insulto all’Islam e la pubblicazione di materiali che si discostano dagli standard islamici. Si può arrivare anche alla pena di morte. Per condanne a morte l’lran è primo nelle classifiche ufficiali. Lo supera certamente e di gran lunga la Cina, ma, come la Corea del Nord e il Vietnam, tiene segrete le esecuzioni.

In Europa non si è severi con chi bestemmia. Un Paese europeo appare però nel rapporto. Non è CPC né SWL ma fa il possibile per meritarsi l’inserimento. È la Polonia, affetta da fondamentalismo cattolico. Il rapporto la segnala per l’accusa di “offesa ai sentimenti religiosi” a tre attiviste LGBT per manifesti raffiguranti la Vergine Maria con aureola arcobaleno. Stesso trattamento a un cantante heavy metal, per una foto sui social media del suo piede che calpesta l’immagine della Madonna. Il finale è stato positivo: le tre sono state assolte e il cantante, condannato in primo grado, è stato assolto in appello.

Anche in Italia, per ora, non pare ci sia un uso esagerato dell’articolo 724 del Codice penale: “Chiunque pubblicamente bestemmia, con invettive o parole oltraggiose, contro la Divinità è punito con la sanzione amministrativa da euro 51 a euro 309”. La sanzione si è visto poter però essere pesante e stroncare carriere, se la bestemmia avviene in televisione. “In tv si può dire tutto, ma non bestemmiare. È una regola che dagli anni ’80 resiste a qualsiasi cambiamento. E Silvano Michetti dei Cugini di Campagna è solo l’ultimo caso di una lunga serie” è scritto su Rolling Stone.

A proposito sempre della bestemmia in Italia, segnalo un libro del linguista Pietro Trifone “Brutte sporche e cattive. Le parolacce nella lingua italiana”. Contiene un capitolo dal titolo interessante, “L’irriverente sacralità del blasfemo. L’etimologia di bestemmia/Desacralizzazione e declino dei moccoli”. Già il nome dell’autore intriga. Trifone – forse il rabbi Tarfon, princeps judeorum secondo Gerolamo – è il contradditore di Giustino, martirizzato come ateo. L’etimologia non presenta problemi: “blasfemia” è dal greco bláptein, “ingiuriare” con phéme, “reputazione”. Per qualche tempo biastemmia e bestemmia sono parse appaiate. Poi è prevalsa la seconda: “la fortuna del tipo bestemmia rispetto al concorrente biastemmia è stata favorita in modo determinante da un istintivo collegamento con bestia, che ha portato a interpretare la parola in questione come folle imprecazione contro la divinità, che degrada l’uomo al livello d’una bestia. Oltre alla motivazione di carattere metaforico può aver agito un meccanismo simile a quello della metonimia: poiché l’elemento ingiurioso di molte locuzioni blasfeme è costituito proprio dal nome di un animale (con preferenza per porco), e in qualche caso dallo stesso epiteto bestia!, è verosimile un riferimento inconscio a questa fondamentale sezione della bestemmia da parte dei parlanti”.

L’irriverente sacralità della bestemmia, presente in Boccaccio chiosatore di Dante a proposito di Capaneo – “la bestialità de’ blasfemi è tanta che essi estimano troppo bene fieramente offendere Idio, quando il bestemmiano o negano” – è perduta. Nota sempre Trifone “In un passato non molto lontano le bestemmie risuonavano con creativa varietà nell’uso popolare e dialettale, anche in presenza di un problema irrisorio e perfino in mancanza di qualsiasi problema, a titolo di semplice intercalare”. Cita ancora, Trifone, Carlo Collodi: “Togliete ai fiorentini la bestemmia, e torna quasi lo stesso che portargli via mezzo vocabolario della lingua parlata”.

Questo mi ricorda due raccontini di uno scrittore che amo, Tommaso Landolfi. Il primo è “Le palline”, in “Ombre”. Inizia così: “È noto che le sale da bigliardo, e in particolare quelle destinate al gioco delle boccine o palline, sono la matrice, il vivaio e, in conclusione, l’accademia delle bestemmie. E se ciò è più o meno in tuta Italia, figuriamoci a Firenze”. Il racconto si chiude con l’asserita potenza della bestemmia alla quale l’autore contrappone una spiegazione razionale: “sosteneva che quando …. il bottone del colletto gli ruzzolava, come usa, sotto il canterano, bastasse la men feroce bestemmia a farlo uscir di lì sotto, per così dire, colle proprie gambe”. Il caso è ripetuto ma “non è chi non veda che esso era semmai dovuto a una particolare pendenza del pavimento”.

Nel secondo racconto, “Fulgide mete” (“Racconti impossibili”) un oratore parla al popolo. “Signore, signori, bambine, bambini, balie, soldati, trombai, fontanieri, avvocati, professori di scuole medie, popolo mio!”. Afferma e dimostra che “La bestemmia è un dovere della persona civile” al di là della sua vantaggiosità: “né invero è chi non sappia quanto le azioni ed operazioni di difficile eseguimento risultino da essa favorite”. Altroché recupero di un bottone! Può inquietare un tantino la nota finale: “La sera stessa l’ultimo dei credenti (colui che abbiamo udito così parlare) fu arso vivo”. Io un mio candidato al Nobel per la letteratura ce l’ho.

 

Di Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941, Lido di Spina 2023), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà nella segreteria dal 1997 per divenirne presidente, con l’adozione del nuovo Statuto, come Associazione di promozione sociale, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali - argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni - e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.