Perché nel testo presentato ieri al Consiglio Supremo di Difesa dalla ministra Roberta Pinotti manca completamente la dimensione civile ed allargata della difesa di cittadini. Ma mancano anche una qualsiasi citazione del Servizio Civile Nazionale (già ora considerato per legge una forma di difesa del Paese) e tutte quelle prospettive di prevenzione e composizione dei conflitti che sole possono costruire una pace positiva sia a livello internazionale che locale.
“Per tutti questi motivi continuiamo a dire con forza che un’altra difesa sarebbe possibile e soprattutto necessaria”. È questa la valutazione di fondo che le sei Reti Nazionali protagoniste di una campagna per una Legge di iniziativa popolare che costituisca il Dipartimento della difesa civile non armata e nonviolenta esprimono all’indomani della presentazione ufficiale del Documento.
“Da tempo noi chiedevamo una riscrittura collettiva ed aggiornata del Modello di Difesa dell’Italia – afferma Francesco Vignarca coordinatore di Rete Disarmo – ed abbiamo quindi accolto positivamente l’annuncio da parte della Ministra Pinotti dell’istituzione di questo percorso. Un annuncio apparentemente positivo in virtù delle intenzioni di renderlo un percorso partecipato e pronto all’allargamento del concetto di difesa, classicamente solo legato alle Forze Armate. Purtroppo non troviamo niente di tutto questo nel documento presentato e le stesse analisi sulle minacce e sugli interessi ed obiettivi nazionali per i prossimi anni appaiono essere solo una piccola ricognizione legata alle strategie classiche, senza nemmeno un’articolazione concreta sulle modalità per realizzarle davvero”.
Nel documento, che solo in pochissimi casi fornisce prescrizioni effettive e rimanda invece la maggior parte delle decisioni a nuove e successive Commissioni ed analisi, si dà per scontato che la difesa del nostro Paese sia garantita solamente dal ruolo delle forze militari. Eppure, come sottolinea con forza la nostra Campagna, dall’articolo 11 e dall’articolo 52 della Costituzione (richiamati anche dalla Ministra della propria introduzione) sono da tempo discese conferme giurisprudenziali della possibilità di difendere la Patria e i suoi cittadini anche con mezzi non armati e nonviolenti. Tutti completamente dimenticati nel testo presentato.
“Difficile comprendere come sia stato possibile dimenticare il Servizio Civile Nazionale nel libro bianco sulla difesa in un momento in cui il Governo se n’è dichiarato il più convinto sostenitore ed ha avviato una riforma importante volta ad estenderlo a 100.000 giovani l’anno, a fronte dei 190.000 militari che compongono le forze armate – sottolinea Enrico Maria Borrelli, presidente del Forum Nazionale Servizio Civile – La difesa civile e non armata del Paese è una conquista culturale che l’Italia si candida a rappresentare in tutta Europa e nel mondo, non possiamo permetterci di mortificarne la portata politica omettendone il racconto e mortificando l’impegno che centinaia di migliaia di giovani hanno donato in difesa della loro Patria.”
Non è l’unico dei problemi riscontrati. “Da una prima analisi del Libro Bianco, con la macroscopica assenza nell’impianto generale di qualsiasi riferimento all’articolazione plurale delle forme di difesa (armata e non armata civile nonviolenta) potremmo forse cavarcela con un ‘Niente di nuovo dalle parti del Ministero della Difesa’ – commenta Licio Palazzini presidente della CNESC – ma a noi non va bene che, dopo che del DDL di riforma del Terzo Settore e del Servizio Civile Universale il Governo ha definito quest’ultimo ‘la difesa non armata della Patria’ il Libro Bianco continui imperterrito a dare per scontato che la sola difesa sia invece quella armata. L’amarezza è ancora più grande considerando come le nostre organizzazioni avevano incontrato gli estensori del documento per un proficuo confronto, inviando anche considerazioni in forma scritta. Di tutto questo ci pare non ci sia traccia nella versione finale”.
Hanno trovato invece spazio nella stesura diversi punti dedicati all’industria della difesa e quindi alla necessità, secondo il Governo, di promuoverla come elemento privilegiato. “In pratica la nostra strategia di difesa privilegia gli interessi economici dell’industria militarerispetto alle esigenze sociali della cittadinanza” commenta Grazia Naletto portavoce di Sbilanciamoci!
In definitiva per la Campagna “Un’altra Difesa è possibile” quello presentato ieri al Quirinale è un Libro Bianco inconcludente, perché fallisce rispetto al progetto vagheggiato inizialmente, oltre a non riuscire ad essere un documento “alto” e capace di impostare un nuovo modello generale che possa comprendere le dinamiche del nostro tempo, cercando di tracciare una linea ed un percorso. “Inoltre fermandosi praticamente solo nell’ambito di proposizioni molto generiche e molto banali – sottolineaSergio Bassoli della segreteria di Rete della Pace – non riesce nemmeno a scendere nel dettaglio e a fornire tutta quella serie di indicazioni che analisti, Parlamento (peraltro nemmeno consultato e investito di un qualunque ruolo) e anche società civile stavano aspettando da tempo”. Ad esempio nel testo non si dice nulla a riguardo delle spese per programmi legati all’acquisizione di sistemi d’arma, un tema invece molto importante e dibattuto negli ultimi anni: una quota di spesa militare sempre più criticata da larghe fasce della popolazione.
“Questo Libro Bianco sancisce l’incapacità attuale del Governo Italiano di produrre una strategia di costruzione della pace con mezzi di pace – esordisce Martina Pignatti Morano referente del Tavolo Interventi Civili di Pace – Rispetto alle esigenze di composizione dei conflitti sociali, economici, culturali, e di prevenzione della violenza (attività chiaramente non affidabili alle Forze Armate) non vi è proposta, perché non c’è volontà di istituire nuovi strumenti di analisi e di azione. Per questo è invece sempre più urgente la costituzione di un Istituto di Ricerca sulla Pace e il Disarmo che produca strategie di peacebuilding per tutte le forze civili dello Stato, a partire dal corpo diplomatico, e di Corpi Civili di Pace che possano intervenire in zone di conflitto con compiti di mediazione, dialogo, riconciliazione, monitoraggio e tutela dei diritti umani, sostegno agli attori di società civile che dal basso compongono patti di non belligeranza e di coesistenza tra comunità”.
Proposte che sono cardine della prospettiva e delle azioni della Campagna “Un’altra Difesa è possibile”.