“C’era un bambino che non esisteva / o meglio, esisteva, ma nessuno / la sua presenza al mondo conosceva / era un piccolo tizio, solo un uno”.
Continuo io: “Neppure era un bambino, era una bimba / dicono che alla mamma sorrideva / anche se non ballava con la Pimpa / e quando era da sola non piangeva”.
I primi versi sono tratti da un librettino di Roberto Piumini e Emanuela Bussolati, Lo zio Diritto, La ballata dei diritti dell’infanzia. I secondi, si capisce, correggono appena il tiro e riportano a Diana.
Volevo parlar d’altro questa settimana. Non ci riesco.
Una bimba di diciannove mesi / che a Milano muore, forse di stenti / ma abbandonata sì, tutti compresi / spazza via in un istante gli argomenti.
Abbandonata dalla mamma, eccome / ma non dalla mamma solamente / e se la donna se ne sta in prigione / il resto è un mondo almeno indecente.
Quello dove una bimba piccolina / non ha mai visto il pediatra, cioè il dottore / e non c’è stato chi, una mattina / abbia bussato alla porta: Per favore
possiamo entrare un momento soltanto? / Siam fatti apposta, perché un genitore / non sempre basta a cullare il pianto / e non c’è automatismo nell’amore
di una neonata forse non voluta / forse frutto di una storia finita / ma un’esistenza le sarebbe appartenuta / e come tutti aveva diritto alla vita.
Una bimba che aveva un anno e mezzo / e nessuno l’ha vista camminare. / Ne ho visti altri, ci penso con ribrezzo / che a cinque anni neppure gattonare /
e non per una strana malattia / disabilità, vizio, malformazione / ma per l’assenza di un… chicchessia / che l’accudisse, che desse attenzione.
La mamma di Diana, che era incinta / pare se ne sia accorta in 7 mesi. / Non posso dire se facesse finta / o se avesse i nervi troppo tesi
ma dove ha partorito, nel deserto? / Perché proprio nessuno l’ha notata? / È ancora obbligatorio che un referto / segnali se una donna è squilibrata
o solo c’è un sospetto di abbandono / di negligenza, insomma poca cura. / Meglio capire, chiedere perdono / ma accertarsi che la bimba sia sicura.
Può darsi che abbia partorito in casa / ma aveva anche una madre e una sorella / forse vicini, amici e qualcosa / di somigliante a una storia bella
nuova di zecca con il suo compagno / e nessuno che abbia alzato la testa. / Certo, a farlo non c’è alcun guadagno / e si rischia di scatenare tempesta
ché se per caso, lo dico senza offesa / subentrasse l’assistente sociale / si dice che si aggrappa ad una scusa / per guadagnarci o comunque far del male.
Eppure è chiaro che il sangue non basta / che non ci dà nessuna garanzia. / Non si tratta di guastare la festa / e non vale evocare la pazzia.
Pazzo è il mondo che non sa vegliare / nel sonno e nella gioia una bambina. / Il mondo chiuso non vuol confessare / l’ipocrisia che ha ucciso Diana piccolina.
Il primo capitolo della Ballata di Piumini e Bussolati sempre fatto apposta per lei. Lo modifico appena volgendolo al femminile.
Così lei c’era, ma era un “nessuno”, / perché non basta, a “una”, essere nata / se non la chiama e non la ama qualcuno / e nel silenzio viene abbandonata.