La presentazione a Ferrara del quaderno Giacomo Matteotti obiettore di coscienza è andata molto bene. Numerosi gli intervenuti. Si è sottolineata la radicalità dell’azione sociale e politica di Matteotti, sostenuta da un impegno coerente e straordinario. Si è detto che meriterebbe di essere riproposta oggi. Mia nipote, saputo dell’iniziativa, mi ha scritto affettuosamente: “Ancora lavori nonno. Fai i comizi”. Il nonno attivista politico è più strano del nonno, solutore di Invalsi, proposto, a suo tempo, all’ammirazione dei compagni di scuola.
Gli scritti matteottiani, ai quali mi sono riferito, hanno cento e più anni. Testi di altri attivisti sociali e politici sono proposti, per la loro attualità, all’attenzione nel Festival di storia del Novecento a Forlì il 29 ottobre. Alla mattina, di Saul Alinski parlano Marianella Sclavi, Mattia Diletti, Alessandro Coppola e Diego Galli. Un suo libro fondamentale, Radicali, all’azione! Organizzare i senza-potere, è stato pubblicato l’anno scorso. Nel pomeriggio Michele Battini, Elisabetta Galeotti e Anna Lombardi parlano con Michael Walzer del suo libro, appena uscito, Azione politica. Guida pratica per il cambiamento. I contenuti dei due libri sono certo attuali, ma la loro scrittura risale ad oltre 70 anni fa, nel primo caso, e 50 nel secondo. Riflettono esperienze compiute nel decennio che ha preceduto la scrittura. Sono invecchiati bene. Mi riprometto di andare a Forlì.
L’appello all’azione di Alinski è rivolto a chi è insoddisfatto del presente stato di cose ed è pronto a impegnarsi per il cambiamento profondo. In Radicali, all’azione! Organizzare i senza-potere raccoglie un decennio di esperienze di lotte di comunità. Il libro è del 1946 ma solo nel 2020 è edito in Italia. L’esperienza è continuata e si è arricchita negli anni fino a un vero e proprio manuale per gli organizzatori di comunità. Rules for radicals, del 1971. L’anno dopo l’autore, all’epoca molto popolare, muore. Poi è quasi dimenticato. Negli Usa il suo nome ha ripreso a circolare, fuori dal ristretto novero degli specialisti, grazie ai richiami e all’apprezzamento da parte di Obama. Il libro è una riflessione sulle azioni condotte e promosse dal basso, a partire dalle periferie-ghetto di Chicago, nella complessità data dalle diverse provenienze, dalla ristrettezza dei mezzi, dal degrado, dal disagio e dalla devianza fino alla criminalità. Si apprende sul campo la capacità di auto organizzarsi e il metodo necessario per mutare radicalmente la realtà in cui si vive e che, finalmente, è avvertita come non tollerabile. La nuova forma di convivenza passa necessariamente attraverso una fase di disordine anche molto forte. Solve et coaugula ama dire Alex Langer, straordinario educatore sociale.
Michael Walzer, felicemente vivente, può discutere il suo scritto, riassuntivo del suo attivismo politico, negli anni Sessanta, nell’America razzista e segregazionista. Azione politica. Guida pratica per il cambiamento è una riflessione su meriti e limiti dell’attivismo. Questo nasce dalla comune condivisione di una realtà che non soddisfa, anzi delude. Può allargarsi da un solo, limitato obiettivo a campi più ampi. L’analisi di Walzer affronta vari aspetti: definizione degli obiettivi, struttura dell’organizzazione, scelta degli alleati, raccolta fondi, leadership…
L’attivismo è condizione per la salute della democrazia, che appare piuttosto malferma, con problemi non minori di quelli affrontati e analizzati da Walzer. È una sollecitazione a leggere, secondo chiavi che l’autore ci propone, i movimenti attuali, loro pratiche, potenzialità e limiti. Per me è anche un aiuto a ripassare criticamente la mia modesta attività, svolta in un ben ristretto, non certo per mia volontà, spazio pubblico. Lo spazio pubblico è il luogo della politica, dell’agire, volto alla liberazione. Senza questo è cieco il fare, e può dar solo prodotti. Un attivismo politico, audace e critico, è indispensabile se si vuole uscire dalla crisi, forse letale, delle nostre democrazie. Le riflessioni di Walzer possono essere utili e di stimolo.
Matteotti non ha scritto un manuale dell’azione politica come Alinski o Walzer. Le sue riflessioni in articoli e discorsi non sono però da meno. Lui stesso è azione per il cambiamento nell’organizzare i senza-potere. Dall’adolescenza fino alla morte questo ha fatto, nella fiducia di riuscire a costruire, a partire dai braccianti polesani, quel soggetto della storia al quale è possibile produrre il mutamento necessario. È un mutamento di una larghezza e profondità tale che i termini riforma e rivoluzione non riescono a contenere. Nel suo Saggio sul soggetto della storia del 1947 Capitini scrive: “Dove sono i proletari che soffrirono e perirono sotto il capitalismo? Quegli individui il Marx non li vede più come non li vedeva più lo Hegel che gli aveva insegnato che i morti sono ben morti. Ma gli storicisti come lo Hegel si rassegnano dicendo: però che bella civiltà hanno fatto; e così doveva essere. Il Marx freme: ma ora non sarà più così. Aggiungiamo: non sarà così perché, mentre faremo che non sia così sentiamo che così non è. E la socialità si apre quanto più si volge ai singoli come lavoratori, come esseri umani, anche quelli che furono”. Mi piace, ma non ho la persuasione di Aldo. Mi resta la domanda: C’era una volta… e ora?