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Chi inquina .. non paga. Belpaese, Eternit e dintorni.

DiNicola Canestrini

Dic 1, 2014

Annullamento senza rinvio.

La assoluzione in Cassazione per intervenuta prescrizione del reato di disastro innominato doloso del magnate svizzero Stephan Schmidheiny mette fine all’indagine per disastro doloso avente ad oggetto il famigerato “Eternit”, nome commerciale della miscela cemento – amianto.

Nel Regno Unito, secondo una bella pubblicazione della LILT Trentino “Amianto e mesotelioma pleurico. Emergenza nazionale e situazione in Trentino” (2013), fin dal 1930 si stabilì la natura cancerogena dell’amianto (con diritto al risarcimento dei lavoratori danneggiati).

In Italia – uno dei maggiori produttori – la produzione cessò nel 1986, la legge intervenne per vietarne l’utilizzo solo nel 1992.

Ad oggi, nel 2014, le stime parlano di di 34.000 siti inquinati da bonificare, ma alcune regioni non hanno neppure ancora completato la mappatura dei siti a rischio, mentre il picco delle patologie legate ad esposizione ad Eternit è ancora da raggiungere.

Ovvio quindi che le vittime ed i loro familiari, di fronte a difficoltà politiche, scientifiche, mediche, si rivolgano alla giustizia penale, che rappresenta l’ultima speranza più che l’ultimo strumento di tutela.

Il fatto è che il diritto penale moderno prevede un sistema di garanzie, fra le quali il principio di tassatività (nessun reato senza legge che lo preveda), il principio di responsabilità penale personale, ed il principio dell'”al di là di ogni ragionevole dubbio” nell’accertamento della responsabilità e quindi anche del nesso causale: questi principi, è bene dirlo con chiarezza, costituiscono una tutela per tutti noi rispetto a possibili abusi del potere statuale.

Che fare quindi?

E’ ormai voce abbastanza ricorrente che  il processo di Torino sia nato menomato sin dall’inizio,quando l’accusa  ha adottato una impostazione accusatoria molto “creativa”, criticata pesantemente fin dalla sentenza di primo grado; certo è che la scelta di non contestare gli omicidi ma il reato cd. disastro innominato portava con sé il rischio – poi avveratosi drammaticamente in Cassazione – di illudere ulteriormente chi cercava giustizia per sé e i propri cari (si contano migliaia di parti civili in quel processo).

In uno Stato di diritto, la soluzione non sta però nella delega alla magistratura: infatti, “(..) vi è un punto che il giudice non può oltrepassare; egli deve rifiutare – per perseguire intenti di giustizia materiale – la tentazione di tradire il testo normativo, interpretando in modo distorto la legge. Perché questo significherebbe calpestare – oltre al diritto – anche la Costituzione e la garanzia che l’imputato si vede riconoscere dalla nostra Carta fondamentale”.

Scartata l’ipotesi di stiracchiare l’articolo 434 del Codice Penale, (che il fascistissimo Codice Rocco aveva previsto pensando al crollo di una costruzione o di una parte di essa ovvero un altro disastro a patto, però, che ne derivi pericolo per la pubblica incolumità) sarebbe il momento per i legislatore di assumersi le proprie responsabilità introducendo una normativa specifica sui reati ambientali, tenuto presente che il giro d’affari dell’illegalità ambientale e dei crimini a danno dell’ambiente e degli animali nel 2012 era di 16,7 miliardi di €.

Come spesso accade, c’è un disegno di legge che però il Parlamento non ha trovato il tempo di approvare in via definitiva: da febbraio 2014 le Commissioni Ambiente e Giustizia del Senato hanno in giacenza il disegno di legge 1345, ma dobbiamo amaramente constatare che la politica non abbia ancora avuto il tempo di occuparsene.

Quel disegno di legge, certamente perfettibile, prevede 4 delitti ambientali,e cioè l’inquinamento ambientale, il disastro ambientale, il traffico di materiale radioattivo, e l’impedimento del controlli, insieme a diverse aggravanti (ivi quella “ecomafiosa”) e pene accessorie, che potrebbero far fare alla lotta agli ecoreati un bel salto di qualità.

L’Italia si fregia del titolo “Belpaese”: per quanto ancora sarà lasciato impunito chi deturpa per sempre le bellezze italiane?

 

Di Nicola Canestrini

Avv. Nicola Canestrini Laureato summa cum laude con una tesi di laurea sul nesso tra diritto e democrazia, difende diritti dentro e fuori dalle aule. Figlio di Sandro Canestrini, storico avvocato difensore degli obiettori di Coscienza al servizio militare e amico del Movimento Nonviolento, è titolare dello studio canestriniLex :: avvocati www.canestrinilex.com. IMPORTANTE: quanto pubblicato in questa rubrica va riportato al solo pensiero personalissimo dell'autore.

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