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Come Antigone, occorre recuperare la coscienza oltre che i morti

DiPasquale Pugliese

Lug 2, 2016

Se la rabbia si scaglia contro le poche spese umanitarie per il recupero delle vittime dei naufragi, anziché contro le enormi spese militari che generano le guerre dalle quali fuggono, c’è un problema di intelligenza. Ossia di capacità di comprendere le cose e di collegarle.

Nel passaggio dalla preistoria alla storia, la sepoltura dei morti è uno spartiacque tra la barbarie e la civiltà, tra la bestialità e l’umanità. Sarebbero anche sufficienti le reminiscenze scolastiche per focalizzare la centralità di questo passaggio nella struttura intima della civiltà occidentale, da Sofocle a Ugo Foscolo, seppur non si è letto Aldo Capitini. Il dare sepoltura ai defunti è un passaggio talmente cruciale nell’umanizzazione che su di esso il drammaturgo greco fonda anche un altro elemento costitutivo della civiltà: l’obiezione di coscienza, ossia la disobbedienza alle leggi dello stato in nome delle leggi degli dei, cioè della coscienza. E’ Antigone la donna che esercita la prima obiezione di coscienza che la storia ricordi contro le leggi scritte della città, cioè contro la volontà dello zio Creonte, re di Tebe, il cui editto impediva la sepoltura dentro le mura della città del fratello Polinice che si era macchiato di tradimento. Antigone recupera la salma di Polinice fuori dalle mura e le dà degna sepoltura all’interno della città. Pagando, a sua volta, con la morte il fio della disobbedienza.

Eppure il recupero delle vittime del più grave naufragio del Mediterraneo – avvenuto il 18 aprile del 2015 quando un barcone con sette/ottocento persone a bordo si inabissò nel Canale di Sicilia – che si insererisce in quel solco di civiltà e umanità, ha subito pesanti attacchi da molti che hanno chiesto, con insofferenza, quanto sia costata questa “inutile” operazione. Epicentro della protesta, in questo caso, gli ascoltatori di trasmissioni radiofoniche come Prima pagina ed il suo supplemento Tutta la Città ne parla. Lo ha raccontato bene anche Marco Dotti su Vita.it: i toni sono stati duri e scandalizzati, pieni di odio. Analoghi, mi pare, alle strida di coloro che dicono, ad ogni piè sospinto, che gli immigranti devono rispettare la…nostra cultura e la nostra civiltà. I costi complessivi, a carico della Presidenza del consiglio dei ministri sono stati indicati in 9,5 milioni di euro.

Anche la guerra (e la sua preparazione) è uno spartiacque tra la barbarie e la civiltà, tra la bestialità e l’umanità. Negli stessi giorni in cui avveniva il recupero delle salme inabissate, il nuovo Osservatorio italiano sulle spese militari – il MIL€X curato Francesco Vignarca, coordinatore di Rete Italiana Disarmo, ed Enrico Piovesana, collaboratore de Il fatto quotidiano, insieme al Movimento Nonviolento – ha reso noto che ogni ora (ogni ora!) il nostro Paese spende qualcosa come 2,5 milioni di euro in armamenti per comprare bombe, missili, cacciabombardieri, navi da guerra e carri armati. Che moltiplicati per le ore di un giorno e per i giorni dell’anno fanno 22 miliardi di euro annui di spesa pubblica militare dal bilancio dello Stato!

Nonostante le guerre – anche quelle in cui è stato coinvolto il nostro Paese, dall’Iraq all’Afghanistan, dalla Somalia alla Libia – e il correlato commercio delle armi (che vede in Italia triplicati i profitti privati), siano all’origine della fuga precipitosa dei profughi dal terrore, e quindi anche dei loro naufragi, non leggiamo o sentiamo commenti altrettanto indignati su questa follia permanente. Nonostante il recupero delle povere salme sia costato l’equivalente di appena 4 ore di spese miliari italiane, la rabbia si è rivolta contro il costo dell’operazione umanitaria, non contro i costi, enormemente superiori, della continua preparazione di guerre che generano le crisi umanitarie.

Temo che, oltre all’umanità, stiamo perdendo anche l’intelligenza, ossia la capacità di comprendere le cose e di collegarle, trovandone i nessi. La precarietà sociale, la pedagogia razzista e l’analfabetismo funzionale stanno portando con se un fenomeno di progressiva de-civilizzazione, ossia di imbarbarimento collettivo. Prima che sia troppo tardi, credo che bisognerebbe ripartire da Antigone, cioè dai fondamenti della civiltà, per recuperare la coscienza oltre che i morti

Di Pasquale Pugliese

Pasquale Pugliese, nato a Tropea, vive e lavora a Reggio Emilia. Di formazione filosofica, si occupa di educazione, formazione e politiche giovanili. Impegnato per il disarmo, militare e culturale, è stato segretario nazionale del Movimento Nonviolento fino al 2019. Cura diversi blog ed è autore di “Introduzione alla filosofia della nonviolenza di Aldo Capitini” e "Disarmare il virus della violenza" (entrambi per le edizioni goWare, ordinabili in libreria oppure acquistabili sulle piattaforme on line).

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