Nessuno che avesse un minimo di onestà intellettuale poteva dubitare che c’erano solo due strade per concludere il conflitto armato in Ucraina: una mediazione con l’avversario o l’escalation fino alla guerra nucleare tra due superpotenze atomiche, che avrebbe provocato almeno 95 milioni di morti in 45 minuti, secondo la simulazione dell’Università di Princeton.
Inascoltati, con Rete Italiana Pace e Disarmo, sosteniamo da prima che l’esercito russo invadesse il territorio ucraino – dopo otto anni di guerra civile nel Donbass e il tradimento degli accordi di Minsk – che l’Europa avrebbe dovuto esercitare un ruolo di “neutralità attiva”, sottraendosi all’abbraccio mortale della Nato, per poter svolgere un’autorevole azione di mediazione in quanto soggetto Terzo; sostenere i movimenti pacifisti in Ucraina e Russia e dare rifugio agli obiettori di coscienza di entrambi i fronti; organizzare una Conferenza internazionale di pace e promuovere l’ingresso sia dell’Ucraina che della Russia nell’Unione Europea. Era, peraltro, il vecchio sogno del presidente Gorbaciov, per un’Europa unita e pacifica dall’Atlantico agli Urali.
“Il maggior numero delle parti in conflitto” – sosteneva Johan Galtung, fondatore dei Peace studies e mediatore ONU – “ha qualche posizione valida: il lavoro sul conflitto consiste nel costruire una posizione accettabile e sostenibile a partire da quel <<qualcosa di valido>>, per quanto minuscolo possa essere”. Invece l’Unione Europea – e con essa l’Italia, ripudiando per l’ennesima volta la sua Costituzione, anziché la guerra – si è lanciata, a rimorchio degli USA, in una nuova “guerra di civiltà” (dopo quella anti-islamica) contro la Russia, mandando armamenti per 62 miliardi di euro…“fino alla vittoria”. Oggi che “il nuovo sceriffo” della Casa Bianca dà il contro-ordine e avvia negoziati diretti con il capo del Cremlino – a dispetto della reductio ad hitlerum che ne aveva fatto la vulgata bellicista – che sembrano accogliere le sue richieste iniziali, a cominciare dalla neutralità militare dell’Ucraina, aggravate dall’espansione militare russa sul terreno in questi tre anni di guerra, i governi europei ed i cantori dell’escalation, messi ai margini, rimangono increduli e frastornati.
Per fare questo – per la corsa agli armamenti, non per gli investimenti sociali – von der Leyen sospende i vincoli di spesa previsti dal patto di stabilità, esattamente come avvenuto durante la crisi della pandemia di covid. Ma per il covid quegli investimenti straordinari servivano ad uscire dalla pandemia e salvare vite, le spese militari servono per entrare nella pandemia della guerra permanente che falcia le vite. Durante il periodo del covid avevo raccolto i miei articoli del tempo in un libretto intitolato Disarmare il virus della guerra e sottotitolato “annotazioni per una fuoriuscita nonviolenta dall’epoca delle pandemie”. Ecco, sta avvenendo esattamente il contrario: allora era stato usato il paradigma bellico per affrontare una pandemia virale, adesso si usa il paradigma pandemico per entrare nell’epoca della guerra globale. Dalla guerra al virus al virus della guerra.