Afferrare un’ombra Vita di Jim Thorpe Minimim Fax di: Tommaso Giagni. Questo mese ospitiamo la recensione di Marco Bennici che ci parla di questo libro che racconta l’esistenza di un nativo americano dalla biografia avvincente e straordinaria. Marco Bennici, livornese, è collaboratore de Gli Stati Generali, per cui scrive articoli su musica, eventi e recensioni di letteratura. Nel 2021 è uscito il suo primo libro ‘I diari della mascherina’ (Ed. Porto Seguro), un memoir dedicato alla vita ai tempi del covid.
Per tutta la durata del libro si ha la netta la sensazione che l’autore sia riuscito in una delle sfide più difficili per uno scrittore: quella di restare sempre un passo indietro, senza voler farsi notare, e mettendo sotto la luce del riflettore solo l’oggetto, in questo caso il soggetto, della sua scrittura. Tommaso Giagni riesce perfettamente in questo, consentendo al lettore di entrare dentro la vita di Jim Thorpe senza troppe intermediazioni. Alla fine del libro sembra di avere visto un film, perché la scrittura di Giagni scorre per immagini, rendendo fortemente presente il campione dei campioni ad ogni passaggio.
Jim Thorpe è una figura sconosciuta a molti in Italia e in Europa, è stata comunque una figura di prima piano in molti campi, a cominciare dallo sport. E’ stato un appartenente alla nazione indiana Sauk e Fox e ancora oggi è ricordato come uno dei più grandi atleti di tutti i tempi. Un nativo, indigeno, americano. Si impose in pochissimo tempo all’attenzione dei preparatori atletici della scuola indiana di Carlisle che frequentava e dal football si spostò nel campo dell’atletica leggera, vincendo due medaglie d’oro alle Olimpiadi del 1912, nel pentathlon e nel decathlon. Fu accusato subito dopo di professionismo per alcuni rimborsi riscossi due anni prima, così le medaglie d’oro gli furono revocate. Erano i tempi in cui alle Olimpiadi si poteva gareggiare solo per passione. Ne dovevano restare fuori tutti quegli atleti che con lo sport si guadagnavano da vivere.
Lo smacco delle Olimpiadi di Stoccolma non frenò Thorpe che continuò a giocare ai massimi livelli nel football e nel baseball. La sua carriera sportiva si concluse nell’anno più nero della storia americana, nel 1929. Thorpe, dopo il suo addio allo sporti, si dedicò anche al cinema, facendo la comparsa in molti film, figurando anche come capo indiano. Nel 1951, quando ormai era ridotto in miseria, fu girato un film su di lui, con protagonista Burt Lancaster. Thorpe morì due anni dopo.
Per ricostruire l’intera storia di Jim Thorpe c’è una copiosa documentazione che Giagni ha dovuto consultare. Ne riporta attentamente tutti i riferimenti in fondo al libro, a testimonianza del meticoloso lavoro di ricostruzione che è stato fatto. Perché un buon progetto letterario passa prima di tutto dalle letture fatte e dalla capacità di documentazione dell’autore.
Lo storia di Jim Thorpe è quella di una minoranza che non si arrende alla propria condizione di subalternità. Le stime arrivano a ipotizzare che nei 400 anni successivi all’arrivo di Colombo siano stati uccisi dai 50 milioni ai 100 milioni di nativi americani. La motivazione principale per il loro sterminio è la stessa di ogni altro tipo di sterminio, la loro inferiorità. Tommaso Giagni, con il suo libro, riesce a restituire piena dignità alla vita di un uomo che contro questi meccanismi è riuscito a ribellarsi, mettendoci anima e corpo, è sicuramente il caso di dirlo, e dimostrando la sua superiorità in numerosi campi. Il Comitato Olimpico dovrà restituire a figli di Thorpe i suoi due ori, lo farà nel 1983, dopo avere rivisto le regole sul dilettantismo nei giochi olimpici.
Quella di Thorpe è la storia di una minoranza gloriosa, come tutte le minoranze lo sono e lo possono essere. Adesso, con il libro di Tommaso Giagni, questa regola è stata ancora di più messa per iscritto.
Buona lettura!