Quando l’ho preso, avevo un po’ di timore. Quando stai per leggere una storia che parla del tuo poeta preferito, del tuo modello e punto di orientamento di una vita intera, hai paura che qualcosa possa risultare diverso, incongruente con il ritratto che ti sei fatto. D’altronde, per lo stesso motivo, Fabrizio De André non ha mai voluto incontrare il suo mentore, George Brassens. In più: a guidarmi in questo viaggio sarebbe stata la voce di Dori Ghezzi, altro riferimento imprescindibile, che ho conosciuto e apprezzato sempre più in questi venti anni che ci separano dall’11 Gennaio del’99, data della scomparsa di Faber. Insomma, mi confrontavo con due miti e non ero tranquillo.
Poi ho iniziato e ho scoperto un libro molto più profondo, coinvolgente, completo di una biografia. Una storia vera.
Innanzitutto è scritto a sei mani e questo continua modulazione di sguardo e punto di vista rende il testo simile a una piccola orchestra, dove ognuno, a turno, fa un pezzo da solista, poi lascia il primo piano a chi era rimasto dietro e si creano una melodia e una sintonia avvolgenti e stimolanti.
Le parti affidate a Dori, poi, rilevano una penna sicura, un linguaggio trascinante che dimostrano la padronanza piena di un’arte non sempre connaturata a chi vive nel mondo dei suoni e dei quaderni pentagrammati.
Su Giordano Meacci ero abbastanza sicuro: lo ascolto spesso su Radio Tre e ‘Il Cinghiale che ha ucciso Liberty Valance’, suo romanzo del 2016 per Minimum Fax è un capolavoro assoluto.
Di Francesca Serafini, in realtà, non avevo letto niente, ma mi era bastato incontrarla alla presentazione di Arezzo, dove ascoltai e conobbi di persona tutti e tre – con rischio di mio svenimento concreto nella foto abbracciato a Dori Ghezzi – per sentirne la qualità umana e comunicativa.
Insomma, un bellissimo lavoro, adatto, forse ancora di più, a chi De André lo conosce poco o per niente. Gli appassionati, come me, lo aprezzeranno perché potranno ritrovare alcuni aspetti che già conoscono e scoprire altre facce di un artista poliedrico, versatile, immenso come De André. Gli altri scopriranno una storia d’amore e di solitudine che riescono a convivere senza attrito; un percorso di esistenza che mescola libertà di pensiero e lavoro quotidiano nella terra; dedizione alla musica e consapevolezza delle prospettive ampie che si sviluppano rinunciando a quella parte della vita; una riflessione interessante e originale dell’idea stessa di ‘famiglia’ che è più comunità che parentela.
Ma, soprattutto, un racconto che parla di futuro. Sì, questo è l’elemento che fa di questo libro un gioiello. Non c’è retorica, compianto, malinconia, ma una nostalgia che spinge a cercare echi, tracce, frammenti e a trovarli nelle pieghe intuibili del domani. Una compresenza tra viventi e non, in un’ ottica di ribaltamento delle consuete categorie temporali di passato, presente, futuro.
‘SOLO PASSAGGI, PASAGGI DI TEMPO.’
Io ve lo consiglio. Un bel modo per salutare un anno e iniziarne un altro.
Noi l’11 Gennaio del 2019, il ventennale dealla morte di Faber, presenteremo il nostro spettacolo ‘La Cattiva Strada’ – omaggio a Fabrizio De André, alla Goldonetta, la mattina a 400 studenti delle scuole medie e la sera al pubblico.
Il modo migliore per stare in linea con questo libro.
Probabilmente, a Primavera, dovremmo riuscire a organizzare un evento alla presenza di Dori Ghezzi a Livorno, portandola alle scuole medie Micali, dove da due anni usiamo le canzoni di Faber in classe.
State in ascolto.
Buon anno di pace.