Pubblichiamo volentieri la recensione arrivata in Redazione di Giorgio Giannini al libro I campi di Tullio. La storia di un Internato Militare Italiano, pubblicato nel 2020 da Edizioni Era Nuova, Perugia, e dal Circolo culturale Primomaggio di Bastia Umbra (PG), curato da Luigino Ciotti (figlio di Tullio) e da Dino Renato Nardelli. Il libro narra la storia di Tullio Ciotti, nato a Bettona (PG) il 4 aprile 1924, bracciante agricolo, che il 9 giugno 1943 è chiamato alle armi per andare in guerra (dichiarata da Mussolini il 10 giugno 1940). Ė poi assegnato al 112° Reggimento di Fanteria motorizzata, della Divisione Piacenza, di stanza nella “cittadella militare” della Cecchignola a Roma.
La sera dell’8 settembre 1943, poco dopo la proclamazione alla Radio dell’armistizio con gli Alleati, Tullio è catturato dai tedeschi mentre è in servizio al caposaldo di Osteria di Malpasso, sulla via Pontina, ed è portato al centro di raccolta per i prigionieri, allestito dai tedeschi ad Ostia, dove ci sono oltre 900 nostri soldati catturati, che nei tre giorni di permanenza nel centro ricevono come cibo solo un pomodoro in scatola. Quindi sono fatti salire su un treno formato da carri bestiame, senza cibo e con poca acqua. Tullio è insieme ad altri 35 militari in un vagone, che è aperto solo due volte per espletare i bisogni corporali. Dopo un viaggio allucinante durato cinque giorni e sei notti, ed in condizioni igieniche pessime, arriva nel campo di concentramento di Kurtwitz (nome tedesco della cittadina polacca di Kondratowice), vicino a Strhelen (Strzelin in polacco), in Slesia (una regione industrializzata tedesca, assegnata alla Polonia dopo la Grande Guerra), dove è costretto a lavorare in una fabbrica di zucchero.
Tullio scopre che tutti i militari italiani catturati dai tedeschi non sono “prigionieri di guerra” e quindi non sono trattati secondo la Convenzione internazionale di Ginevra del 1929, ma sono considerati “internati militari”, uno status giuridico inventato dai nazisti proprio per i nostri soldati catturati, per obbligarli a lavorare anche nella produzione bellica. Inoltre sono disprezzati dai nazisti, che li considerano ”traditori”, dato che il nostro Paese ha fatto l’armistizio con gli angloamericani.
Per tutti gli internati la vita nel campo di concentramento, che è un “sottocampo” del campo principale (Stammlager VIII B) di Lamsdorf, è fatta di stenti. Ed anche per Tullio, che in particolare il 24 dicembre 1943 è operato all’ospedale militare tedesco di Strehlen per un accesso ad un orecchio, che lo mette in pericolo di vita. Si salva grazie ad un commilitone che gli cura la ferita più volte al giorno.
Nel gennaio 1944 Tullio è trasferito nel Stammlager VIII C di Sagan, dove il 9 aprile 1944, giorno di Pasqua, è picchiato ripetutamente, con il calcio del fucile, da una guardia SS del Lager, per aver cercato di prendere delle bucce di patate da un bidone della spazzatura, per placare la grande fame.
Nel settembre 1944 è trasferito nel Stammlager VIII A di Gorlitz, dove è costretto a lavorare in una fabbrica di carri armati e di autoblindo, in aperta violazione della Convenzione di Ginevra del 1929, che vieta di impiegare i prigionieri nella produzione di materiale bellico.
Nel febbraio 1945, in seguito all’offensiva sovietica, gli internati nel lager di Gorlitz vengono trasferiti in altri campi ubicati all’interno della Germania, con marce forzate (nelle quali molti perdono la vita). Partono per primi i prigionieri americani ed inglesi. Quelli italiani sono ancora nel campo quando il 7 maggio 1945 arrivano i soldati russi, che li liberano. Il giorno dopo i nazisti firmano la resa con gli Alleati ed il 9 maggio con i russi.
Tullio, come molti altri ex internati, decide di tornare a casa, senza attendere il rimpatrio ufficiale. Parte insieme con un gruppo di circa 25 persone, guidate da un Tenente che conosce le lingue ed ha delle carte topografiche per orientarsi nel viaggio, a piedi, attraverso la Polonia, Germania, la Cecoslovacchia, fino a Innsbruck, in Austria, dove arrivano solo in 12 (la metà di quelli partiti). Quì è preso in consegna dai soldati americani che lo portano, dopo alcuni giorni, prima a Bolzano e poi a Modena, da dove prende il treno fino a Fossato di Vico e poi a piedi arriva a Foligno (PG). Da qui riprende il treno ed arriva la mattina del 9 giugno 1945 a Santa Maria degli Angeli (Assisi), da dove si incammina verso Bettona. Durante la strada incontra vari conoscenti. Nei pressi del paese lo vede la madre, mentre sta falciando il grano, che gli corre incontro e lo abbraccia appassionatamente. Finalmente è a casa, dopo un lungo e travagliato viaggio durato un mese. Pesa appena 35 kg.
La storia di Tullio Ciotti, è la “storia semplice” di uno dei 650.000 soldati italiani catturati dai nazisti, non solo in Italia ma in tutti i teatri di guerra (soprattutto nei Balcani), e che sono stati deportati, in carri bestiame (come è accaduto per gli ebrei) nei “campi di concentramento” allestiti in Polonia ed in Germania ed obbligati a lavorare, soprattutto nelle industrie belliche, perché considerati Internati militari e non prigionieri di guerra, e quindi non tutelati dalla Convenzione di Ginevra del 1929.
La vita degli Internati militari italiani (IMI) è stata molto dura non solo perché erano impiegati in lavori pesanti e per molte ore, ma soprattutto perché erano sottoalimentati ed inoltre le condizioni igieniche dei Lager erano precarie, per cui molti (circa 50.0000) sono morti per gli stenti e per le malattie. Inoltre erano severamente puniti per ogni minima infrazione disciplinare e con la pena di morte, spesso mediante l’impiccagione (pena umiliante per un militare), in caso di sabotaggio della produzione bellica o di tentativo di fuga.
Gli IMI potevano ritornare in Italia a patto di arruolarsi nelle Forze Armate della Repubblica Sociale Italiana (costituita da Mussolini il 23 settembre 1943), ma pochi migliaia lo hanno fatto e poi numerosi di costoro hanno disertato e sono andati a combattere insieme con i partigiani.
Tullio Ciotti, dopo la guerra ha continuato a fare per alcuni anni il bracciante agricolo e poi il manovale, il metalmeccanico ed anche il minatore in una miniera di carbone vicino a Liegi, in Belgio (dove è nato il figlio Luigino), dal 1951 al 1956.
Ha ricevuto varie onorificenze: nel 1977 la Croce al merito di Guerra, nel 1984 il Diploma di Onore come combattente per la Libertà d’Italia 1943-1945; nel 1995 l’Attestato di Benemerenza da parte della regione Umbra in occasione del 50° anniversario della Liberazione.
Nel 2009 ha raccontato in una ripresa video al figlio Luigino la sua storia di internato militare, che si può vedere su youtube. Ė deceduto il 13 dicembre 2011.
Il 27 gennaio 2021, durante la cerimonia per il Giorno della Memoria, il figlio Luigino e la figlia Patrizia hanno ricevuto dal Prefetto, a Perugia, la Medaglia d’Onore, assegnata dal Presidente della Repubblica ai cittadini deportati o internati nel Lager nazisti, ai quali è stato negato lo status di prigioniero di guerra.
Purtroppo della Resistenza non armata e nonviolenta degli IMI si sa molto poco nell’opinione pubblica, benché la Legge 20 luglio n. 211 del 2000, che ha istituito il Giorno della Memoria, che ricorre il 27 gennaio (giorno della “liberazione” degli internati nel Lager di Auschwitz), prevede di ricordare, oltre alla Shoah, alle Leggi razziali del 1938, che hanno portato alla persecuzione degli ebrei italiani, anche i deportati politici (antifascisti) ed i prigionieri di guerra (cioè gli IMI), di cui però molto poco si parla in occasione della ricorrenza del 27 gennaio. Ci auguriamo che in futuro, in quel giorno, si ricordi, soprattutto nelle scuole (come prevede la Legge 211 del 2000) anche il sacrificio dei deportati politici e degli IMI.
Il ricavato della vendita del libro (10 euro più 2 euro per le spese postali) è destinato a finanziare sia alcune iniziative di ONG dell’Umbria sia la Rete di associazioni “Colombia vive!” (di cui è presidente Luigino Ciotti) che sostiene la lotta nonviolenta contro la repressione dei gruppi paramilitari in Colombia.
Il libro si può richiedere al Circolo culturale Primomaggio di Bastia Umbra (PG) alla seguente mail: circoloculturaleprimomaggio@gmail.com, che poi fornirà le indicazioni per l’acquisto del libro.