• 3 Luglio 2024 9:38

Consiglio di lettura n. 50 – Un antidoto contro la solitudine di David Foster Walace

DiEnrico Pompeo

Feb 28, 2022

Febbraio 2022. Giorni tristi, laceranti. Siamo tutti preoccupati. C’è un attacco militare in corso, la Russia sta attaccando l’Ucraina. Partecipiamo a manifestazioni, si organizzano veglie, fiaccolate, continuiamo a far valere i principi e le pratiche nonviolente. Eppure, la sera, a casa, prima di addormentarsi, l’angoscia e la paura salgono e la tristezza aumenta.

Che fare? Cercare di opporre alla (non) cultura della guerra un pensiero e una pratica del tutto opposte.

Se la violenza è, per sua natura, chiusa, respingente, figlia della diffidenza; allora noi dobbiamo sviluppare l’empatia, l’ascolto, l’apertura verso l’altro. Per me i libri riescono in questo. A non farci sentire soli

Di questo avviso era anche David Foster Wallace, autore di romanzi, racconti, saggi, reportage giornalistici, una delle menti più brillanti, originali e profonde degli ultimi trent’anni.

In questo libro, che raccoglie interviste e conversazioni tra lo scrittore e giornalisti, critici, c’è proprio, esplicitata, la peculiare forza che rappresenta la narrativa, cioè quella di essere un antidoto contro la solitudine.

“Ci sono parecchi libri che dopo averli letti mi hanno lasciato per sempre diverso da com’ero prima e penso che tutta la buona letteratura in qualche modo affronti il problema della solitudine e agisca come suo lenitivo. Siamo tutti tremendamente soli. Ma c’è qualcosa, nei romanzi e nei racconti, che ti permette di entrare in intimità con il mondo e con un’altra mente e con certi personaggi in un modo in cui non puoi proprio farlo nel mondo reale. L’effetto che vorrei che avesse quello che scrivo è far sentire le persone meno sole.” (pag. 45)

“Mi sembra che la grossa distinzione fra grande arte e arte mediocre stia nello scopo da cui è mosso il cuore di quell’arte, nei fini che si è proposta la coscienza che sta dietro al testo. Ha qualcosa a che fare con l’amore. Con la disciplina che ti permette di far parlare la parte di te che ama invece di quella che vuole soltanto essere amata.” (pag. 103)

Già soltanto da questi due brevi paragrafi si capisce quanto l’attività della scrittura, della lettura, siano, in Wallace, garanzia di un’esperienza capace di segnare in modo profondo un’esistenza, ma solo se sono mosse da autenticità e integrità del gesto e dell’intenzione che ne è motore.

La vera letteratura può aiutare a sentirci meno soli, non più incompresi e distanti. Come un po’ci sentiamo in questi ultimi giorni di Febbraio.

Leggere questo libro è una medicina. Per dirla con Wallace “è una caloria motivazionale”, valida sempre, anche in periodi meno tragici di questo.

Lo scrittore tocca moltissimi temi e argomenti che sono centrali nel nostro tempo: il rapporto tra realtà e rappresentazione; le caratteristiche similari, ma anche gli elementi specifici di ogni linguaggio, dalla letteratura al cinema, alla televisione; la trasformazione dell’ironia che da strumento di svelamento dell’ipocrisia dilagante nella società è diventata, oggi, un mezzo per non intervenire mai nel concreto e quindi favorire il mantenimento di un sistema dove l’integrità, l’onestà vengono derise, in nome di uno scetticismo disincantato, che rimane critica fine a se stessa e basta.

E poi il tema delle dipendenze, che si innervano nel paradigma dell’esaltazione della felicità costante e inscalfibile, del tutto illusoria e impossibile da costruire, ma il cui miraggio, proprio perché tale, provoca delusione, dolore, che poi, viene mitigato da prodotti, reali o culturali, che ne sono una copia sbiadita, ma apparentemente in grado di colmare il vuoto, il senso di inadeguatezza.

Con un linguaggio che cattura, tra citazioni, parodie, riflessioni quasi filosofiche, battute fulminanti, la lettura prosegue spedita, pur in un contesto molto denso di significato e prospettiva.

Grazie a questo libro sto riuscendo a non farmi schiacciare dal terrore di un conflitto ormai già scoppiato e dall’incubo di un suo possibile allargamento.

Per questo lo consiglio.

Con la speranza che possa fare anche a voi lo stesso effetto.

Di Enrico Pompeo

Enrico Pompeo è nato a Livorno nel 1972. Docente di Lettere, è autore dei romanzi: ‘Una curva improbabile’ (Edizioni Edicom 2001); ‘Il Drago, il Custode, lo Straniero’ (Ed. Creativa 2016. Premio Speciale della Giuria ‘Alda Merini’ 2017), ‘Nessuno ha dato la buonanotte’ (MDS editore, novembre 2021.Prima ristampa Aprile 2022) e di un libro di racconti ‘Scritti (S)Connessi’ (Ed. Creativa 2018. 3° Classificato in ‘EquiLibri’ 2018). È drammaturgo e regista dello spettacolo ‘La Cattiva Strada’, patrocinato dalla Fondazione De André. Scrive recensioni per le riviste ‘Azione Nonviolenta’ e ‘Offline’. Organizza laboratori di arte e comunicazione presso l’Agriturismo Montevaso.

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