Quello che ha destato più scalpore però è accaduto nella mia città, Ferrara, dove un ragazzo di prima media ha rivolto a un compagno ebreo un insulto antisemita.
Lo chiamo insulto e non bullismo per riguardo alle parole: il bullismo non è un singolo atto di prevaricazione ma una sequenza di atti, dunque una relazione che si sviluppa nel tempo all’insegna dell’abuso di potere; per quello che si sa, l’insulto tra i ragazzi è stato espresso una volta soltanto e di per sé non costituisce bullismo. Ciò non significa che sia meno grave.
Una marea di sdegno si è sollevata intorno a questo episodio e ha toccato tutti, di ogni parte politica e nelle diverse posizioni sociali. È giusto, un pensiero antisemita in ragazzini di 11-12 anni fa bene a spaventarci tutti. Aggiungo un però.
L’esclusione del diverso è alla base della grandissima parte del bullismo scolastico, che è intriso di razzismo, omofobia, discriminazione dei disabili, o anche soltanto di chi si mostra o si comporta in modo differente dalla maggioranza per abbigliamento, linguaggio, gusti musicali, disponibilità economiche e via discorrendo. Se “ti rimettiamo nei forni” lo avessero detto non ad un ragazzo ebreo ma a qualcuno che è, o viene ritenuto, omosessuale, il coro degli scandalizzati sarebbe stato ugualmente numeroso? Un po’ più ridotto, ci scommetterei.
E se la frase fosse stata invece “ti rimandiamo in carcere in Libia”, rivolta a un compagno arrivato per mare, in quanti si sarebbero offesi? Il coro si sfoltisce ancora, e parecchio.
È vero, i campi di sterminio hanno un posto speciale nel nostro campionario dell’orrore, sono violenza estrema e di massa programmata ed eseguita scientificamente, senza quasi possibilità di salvezza. Che un preadolescente li pensi possibili ci fa più male, come scoprire che per lui Auschwitz non è ugualmente pregnante. Questo ci dà giustamente da pensare. Ma neppure altrove è ammesso torturare, affamare, violentare, escludere. Fin dove arriva la disponibilità collettiva a risentirsi per l’insulto alla dignità umana? La dieta a cracker e tonno per la bambina con genitori meno abbienti fa storcere il naso alla stessa massa di brava gente?
E dunque, ben venga lo scandalo intorno agli atti di discriminazione verso i fanciulli ebrei, purché si impieghi la stessa energia contro ogni discriminazione e ci si lavori sopra sul piano educativo sapendo che all’origine di ogni rifiuto verso le persone c’è il medesimo atteggiamento, ugualmente esecrabile, che porta a considerare ammissibile un atto di violenza verso chi non corrisponde ai canoni correnti.
Tra tutti i commenti riportati in questi giorni dai media nazionali e locali mi piace riprendere le parole di Tiziano Tagliani, sindaco di Ferrara, che rimpiangeremo.
“Oggi ho parlato con la dirigente scolastica dell’Istituto ferrarese dove alcuni bambini di prima media hanno offeso un compagno di religione ebraico con epiteti razzisti, espressioni che credo non nascano dal loro cuore ma da ciò che sentono e assorbono da quella parte di società sempre più intollerante. L’episodio risale ad oltre una settimana fa. La scuola – senza minimizzare o sottovalutare – si è subito attivata per aiutare i ragazzi a comprendere la gravità dell’accaduto e proprio per questo non ha voluto esaltare il fatto, per tutelare i ragazzi che hanno bisogno di serenità e tempo per comprendere come il rispetto, la tolleranza e la dignità delle persone debba essere rispettata e perseguita. Sicuramente l’eco mediatico che si è creato non aiuta la presa di coscienza vera su cui i ragazzi devono lavorare, ma corre il rischio di creare un danno importante alle loro relazioni. Devo complimentarmi per quanto la scuola ha fatto e sta facendo. Dobbiamo essere orgogliosi dei nostri enti educativi che, con tenacia, sostengono la legalità e la democrazia a tutti i livelli, partendo in particolare da un lavoro di educazione dei giovani affinché sia rispettato l’articolo 3 della nostra Costituzione: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. L’educazione di cui oggi abbiamo maggior bisogno è allora proprio quella della libertà, della responsabilità, dell’intelligenza critica; l’unica in grado di spezzare le catene del conformismo, della rassegnazione e quindi dell’ingiustizia, rendendoci tutti capaci di operare coraggiosamente i cambiamenti necessari affinché i diritti e la dignità di tutti gli uomini siano rispettati e promossi”. (da Estense.com, 16 aprile 2019)