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Dal Premio Nonviolenza il rilancio per un’agenda di Pace e Disarmo

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Set 28, 2021

Nello stesso giorno è stato consegnato alla Redazione di Blob (la storica trasmissione televisiva di RaiTre) il Premio Cultura di Pace Città di Sansepolcro.

La Rete Italiana Pace e Disarmo (rappresentata dai coordinatori delle due reti fondatrici) ha coì potuto festeggiare in grande stile il proprio primo anno di attività a seguito della convergenza avvenuta nel Settembre 2020, uno tra i motivi che hanno spinto le Associazioni di Sansepolcro alla decisione di assegnazione. Le motivazioni hanno poi ovviamente anche riguardato i contenuti dalle attività e delle campagne di Rete Italiana Pace e Disarmo, con l’approccio specifico che ha da sempre contraddistinto il lavoro delle due principali realtà collettive del pacifismo italiano, ora unite in un’unica realtà: “Sergio Bassoli e Francesco Vignarca vincono il Premio Nazionale Nonviolenza Ed. 2020 per aver saputo, attraverso il loro impegno, promuovere la pace, la nonviolenza e il pensiero di Aldo Capitini e di far conoscere e riconoscere il motivo principale del conflitto armato, come il commercio delle armi, le spese militari e i guadagni connessi alle transazioni di armamenti verso Paesi in conflitto. La distrazione di fondi per un’economia di pace, crea inevitabilmente un’economia funzionale alla guerra e contro l’Uomo. Il loro lavoro ha contribuito e contribuisce allo svelamento di meccanismi perversi che rendono la guerra elemento costitutivo di una società disarmonica e violenta“.

Ma la giornata di Sansepolcro (con la splendida organizzazione ed accoglienza del Comune toscano e di tutte le Associazioni del territorio) è stata anche l’occasione per tracciare le linee di azione per il futuro, con la necessità sempre più evidente di un’Agenda politica basata sulla Pace e sul Disarmo.

Come riportato da TeverePost Sergio Bassoli ha descritto la riflessione alla base della Rete pace e disarmo, che lega insieme circa 70 organizzazioni: “L’idea del pacifismo che scende in piazza dopo che è scoppiata una guerra è importante ma non è sufficiente. Occorre fare un passo in avanti, costruire le condizioni per una società che rispetta i diritti umani, che opera per la pace e la convivenza nei confini nazionali e oltre i confini nazionali, nel rispetto del potenziamento di quello che è stato il grande sogno della costruzione del sistema delle Nazioni Unite. La pace non è l’assenza di guerra – ha aggiunto – ma è una società giusta, che rispetta l’altro, che agisce in modo nonviolento, che applica, per esempio, la nostra Costituzione. La Rete vuole essere quella parte che porta la nostra società e le nostre istituzioni a rispettare la Costituzione e ad essere attori di pace”.

Per questo occorre un costante lavoro di mediazione e confronto che in questo periodo si traduce tra l’altro nella formulazione di una serie di proposte legate al PNRR. Tra cui quella di un canale televisivo del servizio pubblico dedicato a diffondere messaggi di pace: “Noi non abbiamo una società che cresce preparata alla pace, perché dove li troviamo dei messaggi di pace e di nonviolenza?”, si è chiesto Bassoli. “Non c’è una cultura di questo tipo diffusa nelle nostre istituzioni e nelle nostre comunità, e questa di Sansepolcro è una bellissima eccezione, perché è una comunità intera che ci accoglie, un messaggio bellissimo che ci riportiamo ciascuno a casa nostra”.

Francesco Vignarca ha ricordato alcuni dati “che servono a trasformare quella che è un’ispirazione, una scintilla, in una scelta di cambio di sistema”. Ha citato quindi le 13.000 testate nucleari tuttora esistenti, spiegando che “vogliamo disarmare non perché siamo buoni, ma perché abbiamo visto che senza disarmo la gente muore e i conflitti degenerano”. Per agire in questo senso servono “competenza e studio”, che si traducono in un’attenta analisi degli scenari. Un esempio legato all’attualità: “Sembra che l’Afghanistan fino al 14 agosto fosse la Svizzera e il 15 fosse diventato il Paese peggiore del mondo invece negli ultimi tre anni è stato all’ultimo posto del Global Peace Index, gli ultimi tre anni sono stati quelli col maggior numero di vittime civili e in particolare nei bombardamenti della coalizione ci sono stati oltre 3.000 morti all’anno, di cui il 40% sotto i 14 anni. Se non riusciamo a cogliere le vere dinamiche non possiamo capire la situazione, e così sembra che i Talebani siano arrivati di colpo, quando già nel 2017 avevano più territorio che nel 2003 quando siamo andati a portare la democrazia. Le guerre infinite dal 2001 in poi hanno portato a un aumento della spesa militare mondiale del 90%. Evidentemente c’è qualcuno che vuole il conflitto, ad esempio le grandi aziende di produzione militare, che nei 20 anni di guerre cosiddette contro il terrorismo hanno visto crescere il loro ritorno azionario dell’872% e il loro fatturato del 30-35%”.

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