I giornali locali del primo giorno di agosto riportano la notizia che, nell’ambito del progetto “Scuole sicure” finanziato dal Ministero dell’Interno, cinque scuole di Ferrara verranno dotate di telecamere per contrastare lo spaccio di sostanze stupefacenti.
Sono stati destinati 51.557 euro per l’installazione di tali videocamere di ultima generazione. Sul sito del Ministero si legge che il progetto nazionale prevede fondi “per iniziative di prevenzione e contrasto dello spaccio di droga nei pressi degli istituti scolastici. Ne potranno usufruire 100 comuni per installare sistemi di videosorveglianza o per lanciare campagne informative”. Il Ministro Salvini ha dichiarato che lo scopo è quello di: “Spazzare via gli spacciatori, uno ad uno”.
Ho dei forti dubbi sui risultati che si potranno raggiungere con la posa delle telecamere: se l’obiettivo è quello di allontanare gli spacciatori dai cancelli della scuola questo, molto probabilmente, potrebbe essere raggiunto; ma se invece l’obiettivo è quello di contrastare la diffusione della droga e di “spazzare via gli spacciatori, uno ad uno” credo che lo strumento individuato non sia quello più efficace.
Le spiegazioni le offro chiedendo al lettore di impegnarsi ad immaginare…
Immagina di essere una persona che vende “fumo”… no, cosa hai capito? Non un politico “cioccapiatti” ma uno spacciatore.
Se non potessi più vendere fumo agli studenti vicino alla scuola perché ci sono le telecamere, cosa faresti? Come dici? Ti sposteresti appena un po’ più in là per non essere ripreso? Esatto, ho pensato la stessa cosa.
Ora immagina di essere uno studente “fatto”… ma non nel senso di uno studente che frequenta la scuola da molti anni ma uno studente che assume sostanze stupefacenti.
Se non potessi più comprare fumo vicino alla scuola perché ci sono le telecamere, cosa faresti? Cosa hai detto? Cercheresti lo spacciatore un po’ più in là dove non si può essere ripresi? Esatto, anche io ho pensato la stessa cosa.
Immagina infine di essere un politico che vende “fumo”… no, hai capito male anche stavolta, intendo proprio un politico “cioccapiatti”, non uno spacciatore.
Perché faresti installare telecamere davanti alle scuole dicendo a tutti che serviranno per proteggere gli studenti dalla droga?
Come dici? Perché “a volte il fumo è molto meglio dell’arrosto”[1]? Pensi anche tu che non risolva il problema ma lo sposti soltanto di poche decine di metri? Credi che serva soprattutto per dimostrare che l’amministrazione adotta strumenti di controllo ma che, in realtà, sia un metodo poco utile per contrastare la diffusione della droga? Esatto, ho pensato la stessa cosa pure io.
Io penso che il problema sia molto più complesso e che debba essere affrontato seriamente in chiave educativa sia in famiglia che soprattutto investendo sulla scuola in quanto luogo di formazione e di relazioni; in altre parole credo ci sia un bisogno impellente di formare i docenti non solo sulla didattica delle discipline ma anche e soprattutto sulla cura delle relazioni con gli studenti, le studentesse e le loro famiglie. Penso che non ci possa essere una buona scuola senza buoni insegnanti e son convinto che i buoni insegnanti siano quelli, preparati nella loro disciplina, che sanno comunicare e che dimostrano disponibilità all’ascolto e al dialogo. Solo in presenza di rapporti sinceri e di fiducia, adottando strategie educative efficaci e progettando itinerari mirati, si può sperare che la scuola riesca a dare il proprio contributo per arginare un fenomeno tanto preoccupante come quello della diffusione delle sostanze stupefacenti.
Purtroppo non ho molta fiducia in certi politici che parlano di scuola solo perché l’hanno frequentata da giovani e non mi aspetto molto da un governo che preferisce investire in repressione che in educazione.
Viviamo in tempi paradossali e c’è da immaginare che, prima o poi, alcuni governanti arriveranno a propagandare che andare a scuola non fa bene alla salute, è pericoloso, è rischioso, è costoso (per l’amministrazione) e che sarebbe molto meglio se i bambini, le bambine, i ragazzi e le ragazze rimanessero a casa loro a seguire le lezioni attraverso un televisore.
Sarebbe la degna conclusione di anni di distruzione dell’istruzione pubblica: da un luogo collettivo ad uno privato, da un contesto inclusivo ad uno separato, da “insieme si apprende meglio” a “meglio soli che male accompagnati”, dalle telecamere a scuola alla telescuola in camera.
So bene che questa mia ipotesi è paradossale ma, di questi tempi vedo così tanti paradossi accolti come fossero la normalità che ormai non mi stupirei di fronte a tanta ostinata ignoranza.
Ad esempio, nonostante il ministro Salvini ritenga che chi è contrario alle telecamere “è perché si droga o perché si fa”, vorrei comunicare pubblicamente che non mi drogo ma, da maestro elementare anche se non mi faccio, ho la faccia tosta di dire che la soluzione delle telecamere (fuori dalla scuola, dentro la scuola e, chissà magari in futuro, anche a casa dei docenti meno obbedienti e poco eLEGAnti) mi sembra uno specchietto per le allodole poco efficace; sempre con la stessa faccia tosta, ho l’insubordinazione di scrivere che la frase del ministro, che accusa chi non la pensa come lui di essere un drogato, è talmente paradossale da essere considerata offensiva e minacciosa quindi molto pericolosa.
Ma, si sa, ormai al giorno d’oggi, come anticipava George Orwell: “La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza” e credo che gli unici modi di resistere a questo mondo alla rovescia siano quello di restare umani praticando quotidianamente, nel proprio piccolo, un altro mondo possibile e quello di far parte di reti formate da persone che, sapendo immaginare un futuro diverso, si adoperano concretamente per farlo diventare un presente vivibile.
[1] La frase è del sempre grandissimo Freak Antoni.