LA DEMOCRATICITA’ DEL VIRUS. No, il virus non è democratico, se non hai accesso ad acqua e sapone per lavarti le mani con la frequenza necessaria.
Non è democratico neanche se vivi in carcere, in un centro per l’immigrazione , in un campo profughi, in una casa di cura per anziani. Tutti assieme, tutti vicini, tutti contagiati.
Non è democratico neanche se ti chiedono di stare a casa ma una casa tu non ce l’hai oppure la casa non è abbastanza grande per starci tutti assieme per così tanto tempo.
Oppure ancora, non è democratico se ti chiedono di stare a casa ma la casa non è un luogo sicuro perché c’è un partner violento , un genitore violento o una relazione tossica che ti ammala dentro.
E non lo è se non ti è consentito neanche fare una passeggiata, e la passeggiata per te è terapeutica, se sei affetto da Alzheimer o ti serve per zittire le troppe voci che ti porti dentro.
Non è democratico se la scuola si trasferisce online ma non ci sono abbastanza computer o smartphone per i tuoi bambini e la connessione internet non regge perché da te l’adsl non è ancora arrivata, figuriamoci la fibra.
E non è democratico se i tuoi tratti somatici dicono che sei o hai origini asiatiche e allora sei l’untore, del resto li abbiamo visti tutti i cinesi mangiare topi vivi (cit. Zaia, governatore del Veneto che poi si è scusato scrivendo all’ambasciata cinese in Italia).
Non è democratico se ti contagia ma nel tuo paese non c’è l’assistenza sanitaria universale e allora quasi quasi stai a casa sperando che ti passi affidandoti alla telemedicina o al dottor Google o curandoti con l’aglio.
Cosa dire della sua democraticità se vivi in Yemen, Syria, Afganistan, Iraq, Sud Sudan, Ucraina e la guerra ha distrutto anche gli ospedali, e le bombe non cessano di cadere sulla tua testa in attesa di un cessate il fuoco globale.
Infine, non è democratico se per proteggerti chiudono la tua attività lavorativa ma tanto tu potrai ricevere un sostegno economico. Oppure se a lavorare ci devi andare, ma hai paura dei tuoi stessi colleghi e di ogni oggetto su cui il virus potrebbe aspettare un tuo gesto incauto.
IL CONTAGIO ALLE DEMOCRAZIE. Se il virus non è democratico, potrebbe comunque contagiare le democrazie e sicuramente essere da scusante per dittature già in essere.
Quello che è successo in Ungheria nei giorni scorsi ne è il primo esempio: Orban ha ottenuto i pieni poteri proclamando uno stato di emergenza senza una scadenza. Parlamento svuotato delle sue funzioni sine die, carcere per chi diffonde informazioni fasulle… e il passo è breve per dire che un giornale scomodo diffonde informazioni false.
Oppure ancora possiamo fare l’esempio dell’Egitto, dove chi si trova detenuto per misure preventive ci rimarrà finchè il sistema giudiziario non rientrerà in funzione. E questo è anche il caso di Patrick George Zaki, attivista per i diritti umani e ricercatore universitario in Italia in detenzione preventiva dal 7 febbraio scorso.
Mentre tornando a casa nostra, ci sono preoccupazioni per lo stato di diritto quando i comportamenti restrittivi delle libertà dei cittadini non hanno basi legali, oppure quando le Autorità preposte al controllo e rappresentanti degli enti locali hanno preteso di sostituirsi agli organi dello Stato, adottando comportamenti o disponendo provvedimenti non interpretativi ma molto più restrittivi di quelli consigliati dal Ministero dell’Interno.
RETORICA DI GUERRA E TEMPI DEMOCRATICI. Infine, non si può tralasciare l’uso del linguaggio bellico in tempi di malattia, non dimenticando mai che non siamo soldati che ubbidiscono ciecamente ad ordini dall’alto, ma siamo cittadini responsabili e (possibilmente) solidali in un paese democratico.
Perciò, attenzione ai politici che chiedono i pieni poteri e ai loro amici politici che la ritengono una scelta democratica.
Le buone soluzioni richiedono tempo, come lo richiede una pandemia per passare ed una democrazia per agire nell’interesse di tutti, nessuno escluso.
Immagine di Mauro Biani “Ungheria, presidi sanitari”, 2020.