Era avvenuta da poche settimane la rivoluzione in Ucraina – o il colpo di stato, a seconda della prospettiva – in seguito alla quale ci fu l’annessione della Crimea alla Russia e l’inizio del conflitto armato nel Donbass tra milizie filorusse e filogovernative, quando si svolse a Verona l’Arena di Pace e Disarmo del 25 aprile 2014 dalla quale fu lanciata la Campagna per la difesa civile non armata e nonviolenta, che prenderà il nome “Un’altra difesa è possibile”. Una campagna non ancora conclusa che, già dieci anni fa, proponeva attraverso una legge di iniziativa popolare (e successive proposte di iniziativa parlamentare), tra le altre cose, la costituzione dei Corpi civili di pace come forza non armata capace di intervenire nei conflitti con gli strumenti della nonviolenza, invece di inviarvi armi ed armati. Scrivevo allora che era necessario “far diventare l’Arena di pace e disarmo il punto di partenza di una nuova grande mobilitazione europea per il disarmo e la pace per superare le politiche di potenza che hanno dominato i secoli degli imperialismi e delle guerre mondiali attraverso l’esercizio del potere dei popoli, l’unico capace di imporre politiche di pace” (7 marzo 2014).
L’Arena di pace 2024 è stata preparata nelle settimane precedenti dai Tavoli di lavoro, tra i quali quello su Pace e Disarmo partecipato dai movimenti per la nonviolenza, che ha elaborato un denso documento che indica le strade “per uscire dal sistema di guerra”. Si va dal ridurre progressivamente e rapidamente le spese militari e destinare le risorse liberate a politiche culturali e sociali alla sottoscrizione del Trattato per la proibizione delle armi nucleari, allontanando dal territorio italiano tutte le testate presenti; dalla costituzione della Difesa civile non armata e nonviolenta, con il relativo “Dipartimento” come primo nucleo di un futuro “Ministero della Pace” all’istituzione dei Corpi civili di pace, a partire dal nostro Paese; dal vietare senza eccezioni l’esportazione di armi e la cooperazione militare con paesi in guerra, difendendo la Legge 185/90 oggi sotto attacco, al fare della scuola una istituzione educativa che formi alla pace attraverso la nonviolenza, contrastandone i processi di militarizzazione con l’ingresso delle forze armate, e liberando anche l’Università dai condizionamenti del complesso militare-industriale.
Insomma un rinnovato impegno programmatico dei “costruttori di pace”, tanto più necessario quanto più, come ha detto in conclusione papa Francesco, “la pace è nelle mani dei popoli che devono averne coscienza ed organizzarsi”. Rispondendo così anche all’appello registrato da Edgar Morin, le cui condizioni di salute a quasi 103 anni non hanno consentito di essere presente fisicamente, ma che non ha voluto far mancare la propria voce all’Arena di Verona: di fronte “a tanti pericoli, tante guerre, tanta difficoltà a trattare i problemi fondamentali dell’umanità, c’è bisogno di una coscienza fortissima della necessità di lavorare insieme per fare un movimento ardente e forte per la pace”. Vista la sordità dei governi, dieci anni dopo è più urgente che mai.